di Redazione
L’Emancipazione e la Prima guerra mondiale; l’ebraismo italiano più autentico e la Brigata ebraica; le Leggi razziali, il comunismo, la scelta partigiana e la ricostruzione del secondo dopoguerra; e poi il femminismo… Quanta storia, quanti ricordi e lotte si dipanano nella vita di Wanda Lattes, la decana del giornalismo fiorentino ed ebraico, mancata la sera del 2 giugno nella sua casa del quartiere di Campo di Marte, a 96 anni. Una vita lunga e avventurosa, la sua, iniziata a Firenze il 24 maggio del 1922.
La famiglia di antiquari, con negozio a Ponte Vecchio; il padre che, come soldato nella Prima guerra mondiale, rappresenta gli ebrei italiani che dopo l’Emancipazione entrano a pieno titolo nel Regno. Ma poi arriva il “tradimento della Patria” con l’emanazione delle Leggi razziali del 1938. Wanda era allora una studentessa del ginnasio Jacopo Sannazaro a Napoli, dove i Lattes vivevano in quel periodo. “Non sapevo nulla di leggi razziali né di diversità fra ebrei e ariani”, raccontò al Corriere Fiorentino, giornale di cui è tra i fondatori.
Dovendo lasciare la scuola pubblica, Wanda tornò a Firenze con la famiglia, dove vivevano i parenti e soprattutto c’era la scuola ebraica. Con i giovani fiorentini, ebrei e no, si avvicinò alla politica e quando venne l’ora delle scelte, la sua fu quella di diventare staffetta partigiana per Giustizia e Libertà, entrando nella Resistenza. Poco prima della fine della guerra, conobbe un giovane ebreo di origini polacche, arruolato come ufficiale nella Brigata ebraica “palestinese” dell’Esercito britannico, Alberto Nirenstein. Si sposarono nel marzo 1945 ed ebbero tre figlie, Fiamma, Simona e Susanna. La storia di questa famiglia così unita e forte è stata raccontata da un libro scritto insieme, Come le cinque dita di una mano.
Dopo la guerra, nel 1949, Wanda Lattes inizia la sua carriera di giornalista, prima al Nuovo Corriere diretto da Romano Bilenchi, poi al Giornale del Mattino e negli anni Sessanta alla Nazione. Arte, cultura, costume sono i suoi principali campi di interesse. Per molti anni è stata corrispondente del Corriere della Sera e, nel 2008, è stata tra i fondatori del Corriere Fiorentino, giornale per il quale ha continuato a scrivere fino agli ultimi mesi.
La sua scomparsa ha suscitato un profondo cordoglio nella sua città tanto amata, Firenze. Il sindaco Dario Nardella ha voluto onorarla con queste parole: «a Firenze mancheranno il suo rigore e la sua voce libera: ricordo in particolare la gioventù da partigiana». E il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi: «Una testimone della storia drammatica del Novecento, che ha conosciuto, nella sua famiglia, la persecuzione nazifascista contro gli ebrei ed è stata giovanissima protagonista della Resistenza. Le tracce di questa sua storia sono sempre state presenti nella sua lunga, prestigiosa attività e ne hanno fatto una voce tra le più autorevoli nel giornalismo toscano e nazionale».