di Ilaria Ester Ramazzotti
Dall’infanzia in una famiglia agiata, all’emigrazione in Francia per proseguire gli studi dopo il 1938; poi in Svizzera per fuggire dal regime di Vichy. Un lavoro brillante e molte soddisfazioni. Oggi il Cavaliere della Repubblica insegna ai giovani la libertà
Ha da poco compiuto cento anni di una vita intensa, laboriosa e fruttifera. L’ingegner Aldo Liscia, di Torino e originario di Livorno, nonno di nipoti e bisnipoti, ha intessuto un particolare rapporto coi i giovani che incontra nelle scuole portando la sua testimonianza e insegnando il valore della libertà e della democrazia. Cavaliere della Repubblica per meriti scientifici, ha lavorato al Cnen e all’Enea, trasmette altresì ai ragazzi la preziosità dello studio.
«Ho sempre avuto un bel rapporto con i giovani, soprattutto nei miei incontri con gli studenti – esordisce a colloquio con Mosaico Bet Magazine-. Quando spiego di essere stato espulso dalla scuola nel 1938 suscito sempre particolare attenzione e interesse. Da ragazzo, ero sempre spensierato, con una buona famiglia, vivevo ad Antignano dove mio padre aveva fatto costruire una villa». (Villa Giulia, raccontata nel suo libro “Villa Giulia e i suoi figli”, Salomone Belforte editore).
Poi, con la promulgazione delle Leggi razziali, tutto è cambiato. «Ogni giorno, dal luglio del ’38, sul Telegrafo di Livorno c’era un articolo contro gli ebrei. Mio padre, che era sempre stato una persona molto riflessiva, tornava spesso a casa molto irritato. Una sera di settembre mi ha detto che non avrei più frequentato il liceo scientifico a Livorno! Allora gli ho risposto che sarei andato a Firenze, dove abitava la nonna, ma lui battendo la mano sul tavolo mi ha fatto leggere il giornale che titolava: ‘Gli ebrei fuori dalla scuola fascista’». Un duro colpo, per un ragazzo già pronto a frequentare il quinto anno, ben inserito nel gruppo degli amici di scuola, che in seguito sarebbe dovuto fuggire dalle persecuzioni e dagli arresti. «Abbiamo così deciso che sarei andato con mia madre a Nizza, dove lei ha aperto una pensione e io ho conseguito la maturità francese – prosegue l’ingegnere -. Ma quando anche in Francia si è insediato un regime nazi-fascista, con il conferimento dei pieni poteri a Philippe Pétain e la nascita della Repubblica di Vichy, sono riuscito a scappare in Svizzera, con l’aiuto di una borsa di studio ebraico-americana». È iniziato così un periodo di rifugio e di salvezza, grazie ai documenti procurati da un funzionario francese, ma anche un periodo di nuovi e appassionanti studi. A Ginevra «ho potuto iscrivermi all’università e laurearmi in ingegneria chimica». Anche la sua famiglia, fra fughe e nascondimenti, si è poi salvata dalla Shoah. Dopo la guerra, Aldo Liscia si è laureato anche al Politecnico di Torino.
«Ho sempre spiegato ai ragazzi che ciò che racconto dimostra che un regime democratico, anche se imperfetto e zoppicante, ma che assicura la tranquillità e la libertà, sarà sempre meglio di un regime totalitario, nazifascista – sottolinea -. Ricordo di quando non c’era nessuna libertà, nemmeno di ascolto. Negli ultimi anni del fascismo, in Italia, era permesso avere solo una radio a tre valvole, cioè tre canali italiani. Ma molti nascondevano un apparecchio a sette o otto valvole per poter sentire Radio Londra. Verso le nove di sera annunciava con delle battute, “ta, ta, ta, taa, qui Radio Londra”, e tutti ascoltavano le notizie della guerra, ansiosi di sapere come andava, sperando che il fascismo venisse battuto. Le battute iniziali non erano casuali, ma l’inizio della quinta sinfonia di Beethoven, cioè la fortuna che ti batte alla porta. Dico sempre ai ragazzi che la libertà è essenziale e di cercare di mantenere questo sistema democratico, che dà persino la liberà di criticare l’operato di un presidente della Repubblica».
Ma che futuro possono aspettarsi i giovani? «Non posso dirlo, di certo la situazione socio-economica e lavorativa non è brillante». Ma non solo. «Questa situazione porta oggi a dei rigurgiti di pensiero totalitario e di intolleranza». E che cosa possiamo dire delle nuove forme di razzismo? «Il razzismo porta a problemi di totalitarismo – approfondisce -. Siccome gli esseri umani sono tutti uguali, non è possibile che ci possa essere del razzismo: tutte le persone devono essere trattate nella stessa maniera. Non ci può essere chi abbia di più e chi di meno solo perché è di un paese o di una religione diversi: ciò non può influire sul valore di una persona». Da uomo di scienza, Aldo Liscia suggerisce inoltre che «la scienza permette di capire, e il capire permette di essere un uomo libero». E così anche lo studio della storia: «Porto spesso agli studenti degli esempi tratti dalla storia, come la cacciata degli ebrei dalla Spagna e dal Portogallo. Nel Cinquecento, gli unici paesi cattolici ad ospitarli erano stati la Polonia e i piccoli Stati disgregati che geograficamente chiamiamo Italia del Nord», fra cui il Gran Ducato di Toscana, dove la comunità di Livorno ha messo prospere radici. «Nelle scuole ho sempre spiegato che in fondo la cacciata degli ebrei ha danneggiato gli Stati che li hanno mandati via, perché gli ebrei portavano cultura, scienza, organizzazioni. Ho sempre insegnato il rispetto per chi è diverso – conclude -, e che solo col valore essenziale della libertà e della democrazia si garantisce il rispetto per il diverso».