Rubino Romeo Salmoni se ne è andato. In una giornata calda e assolata di luglio ha lasciato la sua adorata Roma, il ghetto, la numerosa famiglia, i tanti amici. Aveva 91 anni e di tutti quanti loro, uno, uno soltanto, quello vissuto fra il 1944 e il 1945, lo ha segnato più di tutti gli altri. In quell’anno Romeo Salmoni (o Salmonì come lo chiamavano tutti), infatti, fu deportato e rinchiuso nel campo di Auschwitz-Birkenau. Ma fu anche uno dei pochi che riuscì a tornare vivo da quell’inferno; uno dei pochi che passata la selezione, resistette alla violenza fisica e morale dei nazisti, al gelo dell’inverno polacco, alla fame, alla fatica disumana del lavoro.
Nato a Roma il 22 gennaio 1920, quinto di sei fratelli, Salmoni sfuggì alla razzia nazista del 16 ottobre 1943; ad aprile fu catturato dalla polizia fascista e portato prima a via Tasso, poi nel carcere di Regina Coeli e poi ancora nel campo di Fossoli. Da qui, il 26 giugno 1944 fu deportato ad Auschwitz dove gli fu attribuito il numero di matricola A15810. Nei mesi successivi fu trasferito nel campo di concentramento di Sachsenhausen (Lieberose), e poi ancora in quello di Flossenburg (Nossen e Heidenau) dove venne liberato nel giugno del 1945. A Roma tornò il 9 settembre del 1945; ritrovò il padre Elia e la madre, Sarina Sonnino, e tre dei cinque fratelli, Marco, Settimio e Guglielmo. Gli altri due fratelli, Davide e Angelo, li aveva persi, invece, nei campi di Varsavia e Mauthausen.
Un uomo minuto, ma forte, nel fisico e nell’animo, che ha dedicato molti dei suoi anni ai giovani delle scuole, portando loro la sua testimonianza di sopravvissuto alla Shoah ma anche un messaggio di speranza: il male si può sconfiggere. Non per niente il suo libro di ricordi, pubblicato lo scorso gennaio dalla Provincia di Roma, si intitola “Ho sconfitto Hitler!”. “Ho fatto i miei conti – scrive: sono uscito vivo dal Campo di sterminio di Auschwitz, ho una bella famiglia, ho festeggiato le nozze d’oro, ho 12 splendidi nipoti, credo di aver sconfitto il disegno di Hitler!”.
La notizia della morte di Romeo Salmoni ha suscitato grande cordoglio nella “piazza” del ghetto, ma anche nelle istituzioni della Capitale. Il sindaco, Gianni Alemanno, il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, e il presidente della Regione Renata Polverini, hanno espresso parole di solidarietà e alla moglie Mirella e ai quattro figli.
”Con la sua forza d’animo, il suo ottimismo e la sua volontà è riuscito a ricostruire dal niente una vita – ha ricordato Alemanno. Ricordo la felicità dei suoi occhi durante i festeggiamenti delle nozze di diamante con Mirella e i sorrisi dei suoi familiari ai quali ha trasmesso, nonostante l’incubo dei campi di sterminio nazisti, l’amore per la vita e per la famiglia”
Zingaretti ha dichiarato a sua volta: “Con Salmonì scompare un uomo incredibile una persona coraggiosa che è stata testimone e portavoce dell’orrore della Shoah, insignito di recente dal presidente della Repubblica Napolitano. Grazie ai suoi racconti, alla sua ironia e al suo libro ‘Ho ucciso Hitler’ molti ragazzi delle scuole superiori di Roma e provincia hanno avuto la possibilità di conoscere quanto la sua voglia di sopravvivenza sia stata più forte di quella di distruzione”.
Non diverse le parole di Renata Polverini: ”Era un uomo straordinario che ha dedicato la sua esistenza e il suo impegno a tenere vivo il ricordo dello Shoah e a coltivare, soprattutto nei più giovani, il seme della pace, del rispetto e della tolleranza”.
Di Romeo Salmoni ci rimangono ora il ricordo e le testimonianze, quelle scritte e quelle filmate. Il libro, citato sopra, e il racconto della sua esperienza di deportato – nel toccante film “Memoria” di Ruggero Gabbai e nella video-intervista rilasciata nel 1998 per la Shoah Foundation di Los Angeles.