Brigata ebraica: un’esposizione permanente per ricordare la storia dei 5000 ebrei liberatori

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik

Un museo per la Brigata Ebraica

La Brigata Ebraica, il corpo di combattenti dell’esercito inglese composto da 5000 ebrei provenienti dalla Palestina Mandataria, che nel 1945 contribuì alla liberazione dal nazifascismo dell’Italia, avrà a Milano il suo Museo, nella sinagoga Beth Shlomo di corso Lodi, per iniziativa di Adi, Associazione Amici di Israele. Sarà così ricordata la storia di una formazione che ebbe il merito di sfondare la linea Gotica, nell’Italia centrale, si distinse in mitici combattimenti in Romagna, nella battaglia sul fiume Senio, anche all’arma bianca, e lasciò sul suolo italiano numerosi martiri che oggi riposano nel cimitero di guerra alleato di Piangipane presso Ravenna.

 
La Brigata ebraica, il suo impegno e l’eroismo dei suoi membri diventeranno oggetto di una mostra permanente e di un vero e proprio Museo che, da fine maggio, aprirà i battenti presso la Sinagoga Beth Shlomo.  L’esposizione comprende una decina di pannelli esplicativi, oggetti e rarità, dalle foto alle uniformi alle bandiere e a altri cimeli, appartenenti a quei valorosi combattenti ebrei militanti nell’esercito inglese che lottarono contro le truppe nazifasciste liberando diverse città italiane  e dando un contributo militare e umano indispensabile. Ideata da Adi, Associazione Amici di Israele, l’iniziativa raccoglie una serie di reperti inediti pervenuti dal Central Zionist Archive di Gerusalemme e dalle famiglie dei sopravvissuti.
Direttore del progetto sarà Davide Romano, mentre suoi curatori sono tre esperti di storia come Stefano Scaletta, ricercatore all’Università del Piemonte Orientale di Vercelli, Cristina Bettin, ricercatrice della Ben Gurion University of the Negev e Samuele Rocca dell’Università di Ariel. Soddisfatti Davide Romano e il presidente dell’Adi, Eyal Mizrahi che durante l’incontro con la stampa del 18 aprile al Beth Shlomo, hanno sottolineato la centralità di questa sede che “ospiterà oltre alla sinagoga il primo Museo della Brigata mai realizzato in Italia e forse nel mondo”.  Lo storico Scaletta  ha raccontato di aver intervistato un gran numero di persone mentre si trovava a Tel Aviv, come tre membri della Brigata, Gideon Gilboa, Asher Dishon e Piero Cividalli; quest’ultimo, di famiglia fiorentina, decise, spinto dalla minaccia delle Leggi Razziali, di andare nella Palestina Britannica a soli 19 anni, diventando poi uno degli eroi della Brigata Ebraica.
Ma qual è stata l’importante e tormentata storia di questo corpo militare?     
Operativi  in Italia solo nel 1945 i volontari della Brigata combatterono strenuamente negli ultimi mesi del Conflitto, inseriti nei corpi militari inglesi, grazie al compromesso del Primo Presidente di Israele Chaim Weitzman che riuscì a mediare col Governo di Sua Maestà, per inviare quelle truppe in Europa e nella Penisola, nonostante essa venisse considerata meta politicamente meno importante rispetto all’Urss o alla Francia. Weitzmann si dimostrò molto abile in questa missione tanto ardua quanto indispensabile, e grazie ai suoi sforzi nacque la “Jewish Infantry Brigade” che diventerà la Brigata. Infatti non fu affatto facile negoziare con gli inglesi, dato che tenevano sotto il loro dominio la Palestina Mandataria e osteggiarono duramente sia quanti volevano fuggire dai massacri nazisti né vollero che i membri della Brigata fossero particolarmente attivi o conosciuti alle masse.Solo nel novembre  1944,  i 5.200 membri dell’armata comandata dall’ebreo canadese Ernst Frank Benjamin riuscirono a sbarcare al porto di Taranto e a cominciare la loro missione italiana. Lì furono costretti a recarsi a Fiuggi, assieme ad altri commilitoni e solamente dal marzo 1945 poterono organizzare e mettere a punto la loro azione militare. Entrando da Rimini, colpita da massicci bombardamenti, i militari tentarono prima di liberare la città di Imola e poi dirigersi verso Forlì dove sfidarono coraggiosamente i tedeschi della Wermacht e il 25 marzo entrarono a Faenza affiancati da altre compagnie ebraiche, sotto bandiera inglese, come i Rasc (Royal Ausiliary Service Corps). Furono combattimenti estremamente aspri e poco noti ancora oggi, che durarono quasi due mesi e in cui morirono 51 persone sepolte nei cimiteri Alleati, soprattutto a Piangipane ma anche in altri luoghi, da Milano a Ancona, da Padova a Bologna.
Ma non dimentichiamo che la Brigata ebraica ebbe un ruolo anche nella liberazione di Milano e che il primo camion alleato a entrare in città fu proprio di combattenti ebrei e aveva la stella di David sulla fiancata, come si vede in una delle fotografie dell’epoca, che saranno esposte nel Museo. «Milano non è stata una scelta casuale – dice Davide Romano, direttore del Museo – è la città in cui, dopo la guerra, arrivarono profughi da tutta Europa per andare in Palestina. Per questa ragione, nello scegliere il materiale – perlopiù inedito – i curatori hanno voluto sottolineare non solo l’aspetto militare ma anche quello umanitario della Brigata Ebraica».Nel Museo verrà raccontato questo e molto altro, il prezioso e unico contribuito di quegli ebrei che venivano dalla Palestina Mandataria, sia durante la guerra, agganciando e confondendo il nemico, sia dopo aiutando i correligionari sopravvissuti ai lager, fornendo loro cibo e vestiti e sostenendoli nella dolorosa ricerca di parenti scomparsi. Grazie a questo altruismo, a Milano, fu attivato il primo centro ebraico presso Palazzo Erba Odescalchi in via Unione 5, sostituendo la sede precedente del gruppo fascista “Antonio Sciesa”.
Oltre a questo non tutti sanno che i soldati della Brigata assieme all’esercito inglese aiutarono grandemente la riorganizzazione della comunità ebraica milanese, dando assistenza ai tanti ebrei sfollati di ritorno nel capoluogo lombardo e a chi era riuscito a scampare ai rastrellamenti fascisti e contribuirono a riaprire la scuola ebraica di via Eupili. Tanti i meriti non solo bellici ma anche umani di questi “ebrei combattenti” che grazie al loro generoso impegno contribuirono anche alle prime aliyot verso Israele attraverso, citando il grande Primo Levi, “un centro che si trasformò nel punto di convergenza dei profughi ebrei di tutta Europa”.Manca poco ai cortei per il 25 aprile e alle celebrazioni della Liberazione e di questi soldati in una storia che, come ha detto Stefano Scaletta, “unisce Italia e Israele” e che verrà raccontata nel tempio Beth Shlomo.
Prima dell’iniziativa milanese, a Inzago, dal 22 aprile al primo maggio foto e materiali della Brigata  verranno presentati al Municipio di Inzago per poi arrivare stabilmente nella sinagoga milanese.  A questo proposito Romano ha rilasciato un’importante dichiarazione. “Questo Museo – ha spiegato Romano – nasce con l’obiettivo di fare conoscere il valore di questi soldati ebrei e sionisti che prima lasciarono la costruzione di Israele per andare a combattere il nazifascismo come volontari all’interno dell’esercito britannico e poi a guerra finita, insegnarono l’ebraico ai bambini scampati alla Shoah e aiutarono le Comunità ebraiche a riorganizzarsi. Un bel capitolo che taluni vorrebbero cancellare o infangare, come vediamo a ogni corteo del 25 aprile ma noi crediamo che la verità storica vada affermata per rispetto dei protagonisti e perché cancellare il passato è un pericolo e noi ebrei lo sappiamo bene”.  Per  prenotare visite al museo o per donazioni di cimeli della Brigata Ebraica contattare la mail: info@brigataebraica.it