Bruno Segre, una vita per la pace e il dialogo interreligioso

Personaggi e Storie

di Redazione

Bruno Segre è stata una personalità centrale del dialogo ebraico-cristiano nonché figura eclettica dell’ebraismo italiano e convinto uomo di pace. Era figlio di Emanuele Segre (1889-1941), uno dei primi laureati dell’Università Bocconi di Milano, e di Kathleen Keegan (1895-1960), pianista e cantante angloirlandese. Scritta direttamente dalla sua penna, la sua vita intensa e profondamente vissuta è raccontata in uno degli ultimi libri che ha pubblicato: Che razza di ebreo sono io (Casagrande 2017). Nato in Svizzera a Lucerna nel 1930, Segre si è laureato all’Università Statale di Milano, dove è stato allievo della scuola filosofica di Antonio Banfi. Storico e filosofo, aveva insegnato nel Movimento comunità di Adriano Olivetti e, dal 1964 al 1969, nel Canton Ticino. Ha fatto altresì parte del consiglio del Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC) di Milano.

Dopo la sua dipartita nell’agosto del 2023, la Fondazione CDEC ha in una nota ricordato “con riconoscenza l’amico Bruno Segre, già membro del consiglio di amministrazione della Fondazione per oltre dieci anni. Il suo impegno costante per la pace, il suo lavoro continuo per una cultura di inclusione e di dialogo, la sua attenzione a una divulgazione di alto livello unita alla propensione a un confronto aperto e schietto, hanno ispirato il nostro lavoro nel passato e ci resteranno come modello per il futuro”.

Dal 1991 al 2007 Bruno Segre ha presieduto l’Associazione ‘Amici di Nevé Shalom/Wahat al-Salam’, a supporto del villaggio cooperativo abitato da arabi palestinesi ed ebrei israeliani, fondato nel 1972 da Bruno Hussar a ovest di Gerusalemme. Un’oasi di pace che vive tutt’oggi, nonostante le complessità e drammaticità degli avvenienti più recenti della storia del Paese. Di lui, su Domani, ha scritto Davide Assael: “Tante volte Bruno mi ha parlato dell’Israele degli anni ’60, descrivendolo come una sorta di foglio bianco su cui era possibile disegnare un mondo giusto, fondato sulla convivenza di popoli diversi e sulla giustizia sociale, coerenti con l’ideologia socialista delle origini incarnata dallo spirito dei kibbutzim. Non ho avuto la possibilità di confrontarmi con lui sugli ultimi eventi, ma già da tempo, nei nostri dialoghi, trapelava la delusione per l’Israele attuale, sempre meno solidale e avvitato in una spirale di conflitto sovente da lui stesso alimentata”.

Tra le opere di Segre ricordiamo La Shoah. Il genocidio degli ebrei in Europa (Il Saggiatore, 1998), Gli ebrei in Italia (Giuntina, 2001) e Adriano Olivetti. Un umanesimo dei tempi moderni (Imprimatur, 2015), Israele, la paura, la speranza. Dal progetto sionista al sionismo realizzato (Wingsbert House, 2014), Il funerale negato (Una città, 2020), un libro-intervista in cui descrive la sua volontà negata di seppellire in un cimitero ebraico Matilde Ottino, l’amata moglie e compagna di vita per un sessantennio, di famiglia non ebraica.

Dal 2001 al 2011 ha inoltre diretto il periodico di vita e cultura ebraica Keshet. Suoi contributi su vari aspetti e momenti della cultura e della storia degli ebrei sono apparsi in periodici quali Comunità, Confronti, Contemplate: The International Journal of Cultural Jewish Thought, Diario, Il Gallo, qdR – qualcosa di Riformista, QOL, Il Regno.

Ebreo laico non praticante, è anche stato una voce preziosa del dialogo ebraico-cristiano in Italia, con la sua partecipazione ai colloqui annuali presso il monastero di Camaldoli e alle iniziative del Segretariato attività ecumeniche (SAE). È inoltre stato più volte inviato alla trasmissione di Rai Radio 3 Uomini e profeti da parte della conduttrice Gabriella Caramore.

Su Terra Santa.net del 12 settembre ’23, Giuseppe Caffulli lo ricorda con queste parole: “Il suo impegno per l’associazione italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam lo ha assorbito per molti anni in una testimonianza di pace e dialogo. Lo ricordo raccontare delle sue visite laggiù, in terra d’Israele, in quell’Oasi di pace e di speranza. E della sua disponibilità a intraprendere anche viaggi estenuanti (ormai vegliardo) per raggiungere località lontane dove poter ragionare e discutere, incantando con il suo eloquio elegante. Ora che non c’è più, mancherà a molti. Mancherà la sua saggezza e la sua capacità di lettura della contemporaneità. Mancherà la sua ironia, quello sguardo lieve sulla vita che lo ha accompagnato, dopo un lungo viaggio, tra le braccia dell’unico Padre”.