di Michael Soncin
Franz Kafka 100 anni dopo: convegni, mostre, riletture.
Il manoscritto originale della Lettera al padre, i disegni, le pagine dei celebri Diari, le prime edizioni dei racconti. E poi opere d’arte contemporanea ispirate ai suoi personaggi e scritti. A cento anni dalla scomparsa, la Biblioteca Nazionale d’Israele a Gerusalemme dedica a Kafka una mostra e un imponente omaggio
Una straordinaria collezione di documenti riuniti assieme in occasione dei 100 anni dalla morte dello scrittore ebreo praghese (1883-1924): Franz Kafka. Metamorphosis of An Author è l’evento celebrativo dell’anno sul grande genio, che trova accoglienza nel nuovo prestigioso edificio della Biblioteca Nazionale di Israele – NLI a Gerusalemme.
Il legame di Kafka con la città, i temi della vita e delle sue opere, sono i punti attorno cui è strutturata la mostra, dove sono esposti pezzi unici, preziosissimi per il loro valore di memoria: dai disegni alle lettere, dalle carte alle fotografie, ai quadernetti in ebraico. La NLI è riuscita ad ottenere nel 2019 la collezione dei manoscritti originali di Kafka dopo un arduo processo legale, verrebbe da dire kafkiano. L’illustre Biblioteca è entrata a far parte della Bodleian Library dell’Università di Oxford e dell’Archivio Letterario Tedesco di Marbach come migliori istituzioni internazionali con le più importanti collezioni delle opere dell’autore.
Oltre agli oggetti personali, molti esposti per la prima volta, l’inaugurazione dell’esposizione, presso la Helen Diller Family Rotating Exhibitions Gallery, offre un’opportunità di conoscenza delle opere e della vita di Kafka. Nuove prospettive per comprendere meglio la complessità e le contraddizioni che lo hanno sempre sfidato, nel profondo, sia dal punto di vista intellettuale sia emotivamente parlando, fino a lacerarlo nell’animo, fattori che hanno però ispirato la sua scrittura. Importante è soprattutto il risalto che viene dato, finalmente, al crescente interesse dello scrittore ceco per la sua identità ebraica, ma anche al suo rapporto con la famiglia e gli amici.
LA MANCATA ANALISI DELLA SUA IDENTITÀ EBRAICA
Può sembrare strano ma le ricerche e le mostre passate hanno prestato scarsa attenzione nell’indagare il lato ebraico di Kafka. È pazzesco: intellettuali e simili si sono contorti nel cercare di decifrarlo, senza affrontare questo ingombrante particolare. Perché, potrebbe sembrare un’ovvietà ma, visti i fatti, essere ebrei, credenti o no, è un dato che caratterizza la propria esistenza, che lo si voglia o meno. Questo sia per il portato identitario culturale, sia per l’antisemitismo che ha attraversato le differenti epoche storiche. Nella mostra, una sezione fa luce, per la prima volta, sulla crescente attenzione che ebbe Kafka, a partire dal 1911, per la sua identità ebraica, che si riflette sia nella sua vita sia nelle sue opere. Parlando sempre del rapporto con il mondo ebraico, viene poi messo in risalto il suo interesse per lo yiddish, per il sionismo, i suoi studi ebraici e l’incontro con il chassidismo.
LA MAI LETTA LETTERA DEL PADRE
La vita familiare ha avuto una grande influenza sugli umori di Kafka e si direbbe anche nelle sue opere. Troviamo infatti delle tracce ne La metamorfosi. Il rapporto con il padre è stato talmente doloroso e travagliato da portarlo a scrivere una lunga missiva, che non venne mai letta perché mai spedita. Ora di quella lettera è esposta una versione dattiloscritta, con una sezione finale del testo manoscritto. Pubblicata decenni dopo la sua morte, La lettera al padre è diventato uno dei suoi scritti più noti.
A VOLTE È GIUSTO DISOBBEDIRE?
A quei tempi, per chi contraeva la tubercolosi, non c’era rimedio. Kafka si ammalò nell’estate 1917. Assetato d’inchiostro com’era, non fu certo la malattia, che lo aveva indebolito, a farlo smettere di scrivere. Sarà forse non etico, ma dobbiamo ringraziare Max Brod per avere disobbedito alla richiesta di Kafka di distruggere le sue opere. Dopo la morte dell’amico, infatti, Brod iniziò un lavoro di raccolta e di pubblicazione degli scritti. Che perdita sarebbe stata per il mondo della letteratura e delle arti, inclusa l’influenza che Kafka ha esercitato su lettori e autori? Immensa.
ANI MEDABER IVRIT!
Ani medaber ivrit! Io parlo ebraico!. Kafka iniziò ad imparare l’ebraico nel 1917. Lo studiò da autodidatta, utilizzando un libro di testo, fino al 1922, quando poi prese a frequentare lezioni private senza quasi mai fermarsi fino al 1924, anno della sua morte. Come si può vedere, i quaderni esposti nella mostra a Gerusalemme testimoniano gli impressionanti progressi di Kafka con la lingua ebraica, partendo dagli elenchi di vocaboli agli esercizi pratici, per arrivare alla composizione di brevi testi.
I DISEGNI SCONOSCIUTI
Fino al 2019 la maggior parte dei disegni era sconosciuta al pubblico, ma dopo che la Biblioteca Nazionale di Israele era entrata finalmente in possesso della documentazione di Kafka, proveniente dall’archivio Max Brod, custodita nei caveaux delle banche svizzere, i suoi schizzi vennero rivelati. Una sorpresa grandissima. Durante gli studi accademici e oltre, lo scrittore si divertiva a scarabocchiare e a disegnare, a matita e inchiostro su piccoli fogli o ai margini degli appunti del quaderno. Oltre il 90 per cento di tutti i disegni noti sono ora conservati nelle collezioni della Biblioteca e sono esposti al pubblico per la prima volta. Disegni che non possiamo definire illustrazioni, ma certamente un modo utilizzato dallo scrittore per esprimere i propri pensieri, le proprie sensazioni.
DENTRO IL CERVELLO DI KAFKA
Le installazioni interattive sono molto popolari negli ultimi tempi. Quindi non poteva mancare una sezione apposita all’interno della mostra. Dentro uno spazio esperienziale immersivo, i visitatori potranno ascoltare, al buio, frammenti del Diario di Kafka del 1913. L’audio è trasmesso in ebraico ma anche, con auricolari, in tedesco, inglese e arabo.
UN BENE CULTURALE NAZIONALE
Dopo la scomparsa in Israele nel 2007 di Esther Hoffe, la segretaria di Max Brod, la Biblioteca Nazionale di Israele ha presentato un ricorso contro il testamento della stessa, in quanto nulla era stato fatto per depositare il contenuto dell’archivio di Brod presso la Biblioteca, come lo stesso Brod aveva richiesto nel suo testamento del 1961. La vicenda è stata intervallata da diversi casi giudiziari che si sono svolti tra Israele, Svizzera e Germania, con colpi di scena che meriterebbero un film, vista la grande copertura mediatica che ebbero. Sappiamo che la Biblioteca ha rivendicato l’importanza di quei documenti come patrimonio nazionale, contro le due figlie di Hoffe che invece ne rivendicavano la proprietà privata. Finalmente, nel 2016, grazie alla Corte Suprema israeliana, la Biblioteca Nazionale d’Israele è entrata in possesso dei documenti di Kafka: le casseforti delle banche israeliane ed europee sono state svuotate, come l’appartamento di Tel Aviv degli Hoffe. Un tesoro che non poteva restare sconosciuto.
LA TRADUZIONE IN EBRAICO DELLE OPERE
L’editore ebreo tedesco Shlomo (Salman) Schocken aveva acquisito nel 1934 i diritti universali di tutte le opere di Kafka. La sua casa editrice, la Schocken Verlag, li aveva gestiti fino al 1995, data della loro scadenza.
È grazie a Schocken se i libri di Kafka sono stati anche tradotti in ebraico a partire del 1945, quando venne pubblicato il romanzo America. Successivamente, nel 1951, uscì Il processo. Alla scadenza dei diritti d’autore, l’attività editoriale in ebraico si spostò sulla casa Am Oved che pubblicò le opere di Kafka anche con nuove traduzioni.
L’ISPIRAZIONE DEGLI ARTISTI ISRAELIANI
L’opera di Kafka ha lasciato una profonda influenza sugli artisti locali. La mostra presenta alcuni lavori ispirati al genio praghese. Da ricordare Ruth Kanner, del mondo della danza e del teatro, l’artista Roee Rosen con l’opera Kafka for Kids e il compianto Yosl Bergner, figlio del poeta yiddish Melech Ravitch che aveva tradotto, nel 1924, il racconto di Kafka Un medico di campagna.
L’ultima novità è rappresentata da otto illustratori israeliani, molti di loro da tenere d’occhio, vista la bellezza grafica dei loro lavori. Su invito della Biblioteca hanno creato nuove opere ispirate ai disegni di Kafka, secondo il loro punto di vista personale, attraverso uno stile visivo contemporaneo. Ogni illustrazione dimostra l’interiorizzazione del concetto “kafkiano”, compresi i sentimenti di impotenza e black humour che lo caratterizzano. I loro nomi: Sergey Isakov, Eitan Eloa, Nino Biniashvili, Anat Warshavsky, Addam Yekutieli, Merav Salomon, Roni Fahima e Michel Kichka. Chi vive in Israele o ci deve andare, non può non sentirsi in “obbligo” di rendere omaggio a questo grande genio della letteratura.