Come piuma scriverai… Professione Soferet, tra regole e fascino

Personaggi e Storie

di Michael Soncin

Arte amanuense e calligrafica, la scrittura del testo sacro è antichissima e segue regole precise. La pergamena e la piuma d’oca devono provenire da un animale kasher, per ogni lettera ci sono più di 20 diversi modi di scrivere… Un’arte complessa capace di accogliere (a volte) anche la modernità

«Per una corretta scrittura dei testi sacri dell’ebraismo ci sono all’incirca 4000 regole che devono essere seguite». Veramente? Accipicchia? Sono più delle mitzvot che sono 613! «È vero! Nessuno me lo aveva mai fatto notare prima d’ora!», risponde con una scoppiettante risata, mentre parla del suo mestiere di soferet. Avielah Barclay, canadese, membro della comunità ortodossa, residente a Londra ormai da più di quindici anni, trascorre le giornate letteralmente scandite dalla scrittura di Ketubot e, di tanto in tanto, di qualche Meghillàt Estèr.

Ma è consentito a una donna questo mestiere? I pareri sono controversi e non sempre univoci ma in Italia alcuni sofrim ortodossi usano cautela e sostengono che se per Ketubbot e Meghillat Ester la cosa potrebbe essere compatibile, il divieto per le donne sussiste invece per la scrittura di Mezuzot, Tefillin e Sefer Torà. Avielah racconta di aver appreso le tecniche della Sofrut (così viene definita la pratica delle arti scribali ebraiche) studiando sotto la guida di scribi ashkenaziti, i quali per tradizione sono soliti utilizzare le pergamene come supporto su cui scrivere. «Il tipo di pergamena tipicamente utilizzata viene chiamata in ebraico klaf, anche in questo frangente valgono i dettami della kasherut. Infatti, tutte le pergamene devono essere kasher, ovvero tratte da un animale, che se nell’ipotesi dovessimo mangiare, compaia nella lista di quelli permessi». In base alle differenti usanze, che riguardano i vari gruppi ebraici, si possono apprezzare delle varianti, che non fanno altro che arricchire un patrimonio artistico culturale, millenario.

«Io scrivo utilizzando le piume, che trasformo in una penna, come fanno molti scribi oggi ma, guardando alle origini, tradizionalmente abbiamo sempre usato le canne, perché è con quelle che abbiamo iniziato a scrivere. Molti sefarditi e mizrahi (di origine mediorientale) le usano ancora, invece gli ashkenaziti come me usano anche le piume». Chiaramente, anche la piuma deve provenire da un uccello kasher, solitamente di oca o tacchino.
C’è poi l’ingrediente che dà vita ai testi: l’inchiostro. «Esistono molte ricette per gli inchiostri: completamente naturali, alcuni sono letteralmente fatti di fuliggine e acqua, con un’aggiunta di gomma arabica che serve a conferire lucentezza; altri vengono ricavati dai semi d’uva e possono essere arricchiti addizionando del miele o dell’aceto di vino». La Soferet sottolinea che tutti i procedimenti pratici devono necessariamente essere anticipati dalla preghiera. Si recitano quindi le berachòt. A differenza del Rotolo di Ester (dove è permesso fare delle decorazioni, non comparendo il nome di Hashem), ad esempio nel comporre una mezuzah, bisogna dire la berachà, ogni volta che si incontra il nome di Hashem.

I dettagli non finiscono qui. «Anche il luogo di lavoro riveste una certa importanza. Deve essere tranquillo, con la sicurezza di non essere mai disturbati, per tenere la concentrazione al massimo. Soprattutto la stanza adibita alla scrittura dei testi sacri deve essere lontana da qualsiasi cosa abbia un cattivo odore, altrimenti non si potrebbe fare niente di tutto ciò. Parlando di odori è bene non avere animali intorno a te, perché sentendo l’odore della pelle della pergamena potrebbero… essere molto interessati. È un materiale ‘vivo’. Una volta ho dovuto riparare un Sefer Torà di una famiglia tutta mangiucchiata da un cane!».

Prima che potesse mettere mani sui rotoli della Torà, per ripararli, sono stati necessari anni di esercizio e conoscenza. Pensate che ciascuna lettera può avere più di 20 indicazioni, che specificano come scriverla e come no. Ovviamente, non si tratta unicamente di imparare le metodologie della calligrafia ebraica e i suoi stili. Nulla è scontato. Ogni procedimento richiede il massimo scrupolo e precisione, inclusi i materiali adoperati. Una disciplina incantevole che lei tramanda insegnando alle nuove generazioni, incuriosendo sempre più persone, grazie al suo corso in rete dal nome Impara da zero la scrittura ebraica, sulla famosa piattaforma digitale Domestika, (al momento quasi 1700 gli studenti iscritti). Un’arte le cui radici sono ancorate alla tradizione, lasciando al tempo stesso spazio all’evoluzione dei tempi. «Ci sono clienti che chiedono di utilizzare materiali vegetariani o addirittura vegani. È un fenomeno che si sta diffondendo sempre più».