Dal cervello delle lumache alla Memoria umana, al premio Nobel. Mister Papillon compie 90 anni

Personaggi e Storie

di Michael Soncin

I vetri rotti del negozio dei genitori. Il trauma della Notte dei Cristalli vissuta da bambino, a Vienna. La fuga in America. L’arte, la biologia, le neuroscienze. Come può  una società istruita e colta, capace di toccare le vette della filosofia e della musica, affondare nella barbarie? Da qui parte la ricerca di Eric Kandel sul cervello, sulle basi fisiologiche della memoria e del comportamento umano nella società occidentale (e nell’arte) contemporanea. Fino al Premio Nobel per la Medicina ricevuto nel Duemila

«Più vasto del cielo…Più profondo del mare»: Emily Dickinson definiva così, in una sua poesia, il cervello, e forse è proprio quest’immensità una tra le tante ragioni che ha spinto Eric Kandel a percorrere il nostro aggrovigliato labirinto cerebrale, districando da quella matassa il filo d’Arianna che l’avrebbe portato a vincere nel 2000 il premio Nobel per la Fisiologia o Medicina, considerato da tutti il riconoscimento più prestigioso e ambito nel mondo della scienza.
Ma la motivazione profonda e intima dell’interesse per le neuroscienze ha radici ben più remote, che vanno cercate nella sua infanzia, quando era un bambino di nove anni profondamente segnato dalle atrocità avvenute durante il periodo del nazismo.

CON LA NOTTE DEI CRISTALLI NEGLI OCCHI
I genitori si erano trasferiti dall’Europa dell’Est in Austria all’inizio del Primo conflitto mondiale, quando Eric Richard Kandel nacque, a Vienna, il 7 novembre del 1929. Madre e padre erano proprietari di un negozio di giocattoli e vivevano con Eric e suo fratello maggiore Lewis in una piccola abitazione nei pressi della celebre Bergsasse 13, sede dello studio e abitazione di Sigmund Freud.
“È il 7 novembre 1938, il giorno del mio nono compleanno. […] Due giorni dopo, nelle prime ore della sera, un violento bussare alla porta di casa ci fa trasalire. Ricordo quei colpi ancora oggi. […] ricevere dai nazisti l’ordine di andare in un appartamento di sconosciuti, ritrovarci derubati dei nostri averi, la scomparsa e la riapparizione di mio padre – sono i ricordi più potenti della fase iniziale della mia vita. In seguito avrei appreso che quegli eventi erano in concomitanza con la Notte dei Cristalli, quella notte sciagurata che ha mandato in frantumi non solo le finestre delle nostre sinagoghe e del negozio dei miei genitori, ma anche le vite di innumerevoli ebrei in tutta l’area di lingua tedesca”. Così scrive Kandel nel suo libro Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente (Codice editore, pp. 479, euro 27,00, e-book euro 9,99), in cui ripercorre la sua vita.

Questi ricordi segneranno indelebilmente la sua mente, andando a costituire una memoria emotivamente carica e limpida nel tempo, una sorta di flashback fotografico, da lui descritto come flashbulb memories. Sono quindi le tragedie della Shoah che lo porteranno a privilegiare la strada delle neuroscienze, in alternativa all’interesse per la componente umanistica del sapere; anche se, come si evince dalle sue opere, non metterà mai da parte il suo interesse per l’arte, la letteratura e la storia, che andranno a costituire in seguito un punto di fusione con la neurobiologia.
Kandel ricorda bene l’anno trascorso nella capitale austriaca, prigioniera nella morsa del totalitarismo di Hitler; sarà la complessità del genere umano, le sue virtù e debolezze, che lo spingeranno a farsi non poche domande circa le motivazioni e le origini del suo comportamento, guidato inizialmente da un concetto etico, vissuto sulla propria pelle, poi calatosi dentro un orizzonte scientifico. “Come può una società altamente istruita e colta, una società che ha vissuto un periodo storico con la musica di Haydn, Mozart e Beethoven, nella fase storica successiva affondare nella barbarie?”, si chiede lo stesso Kandel.
Eric e la sua famiglia rimasero in Austria fino al 1939 quando, in seguito all’emanazione della legislazione antiebraica, furono costretti a emigrare un’altra volta. I primi ad andarsene furono i nonni materni, la terra della salvezza fu l’America.
Una volta arrivato a Brooklyn con i genitori, Eric visse per un periodo nella casa dello zio che li accolse; nel frattempo i genitori cercarono una nuova occupazione per guadagnarsi da vivere, passando dai giochi per bambini a un negozio d’abbigliamento gestito assieme tutta la vita.
E forse, oltre all’indiscusso e alto profilo intellettuale di questa straordinaria personalità, saranno proprio i genitori a trasmettere a Eric quell’eleganza leggera e disinvolta che traspare dal suo iconico papillon, indossato in molteplici varianti ma – quasi – sempre rosso; fino a renderlo un suo tratto distintivo, simpaticamente e affettuosamente caricaturale, ma mai e poi mai banale.
Nella sua nuova vita, nei dintorni di New York, si farà convincere dal nonno Hersch Zimels, ebreo ortodosso, a frequentare la Yeshivah of Flatbush, dove apprenderà l’ebraico e studierà tutte le materie tradizionali legate all’ebraismo, diplomandosi nel 1944.

DA UNA LUMACA CALIFORNIANA AL NOBEL, PASSANDO PER HARVARD
L’atteggiamento verso il socialismo nazionale di tre scrittori tedeschi: Carl Zuckmayer, Hans Carossa ed Ernst Junger è il nome della sua tesi di laurea ad Harvard, da dove emerge esplicitamente il desiderio di comprendere il proprio passato di quando ancora viveva in Europa. La molla che fa scattare il desiderio di cambiare rotta, già inconsciamente maturo – e che andrà a costituire uno dei tanti passi verso Stoccolma -, avverrà grazie all’amicizia con Anna Kris, che lo inciterà a dedicarsi agli studi di psichiatria, iscrivendosi in seguito, durante gli anni ‘50, alla facoltà di medicina, presso la N.Y.U. Medical School. Anna è la figlia di Ernst Kris, storico dell’arte e psicanalista austriaco che collaborò con Freud, meglio conosciuto per gli studi sulla psicologia dell’Io.

Durante le sue ricerche sul cervello, per meglio comprendere le basi fisiologiche della memoria, Eric Kandel si servì di una lumaca marina, l’Aplysia: un modello animale alquanto singolare nel mondo della biologia, che si rivelerà una grande intuizione, attirando in futuro l’attenzione del Karolinska Institutet. I neuroni dell’Aplysia sono infatti simili a quelli della specie umana, impulsi nervosi compresi, ma essa ne conta solamente ventimila, al contrario dell’Homo sapiens sapiens, che ne possiede quasi cento miliardi. Come la maggioranza degli organismi modello, anche questo gasteropodo permette lo studio in scala e quindi in tempi relativamente accettabili la comprensione dei fenomeni biologici oggetto d’indagine.
«Incisa sopra l’ingresso del Tempio di Apollo a Delfi c’era la massima γνῶθι σαυτόν (gnōthi sautón) “Conosci te stesso”. Da quando Socrate e Platone specularono per la prima volta sulla natura della mente umana, importanti pensatori attraverso i secoli (da Aristotele a Cartesio, da Eschilo a Strindberg e Ingmar Bergman), hanno pensato che fosse saggio capire se stessi e il proprio comportamento – dichiara il 10 dicembre del 2000 in Svezia, durante la cerimonia di conferimento del premio Nobel -.
Ma nella loro ricerca di comprensione di sé, le generazioni passate sono state confinate intellettualmente, perché le loro domande sulla mente erano limitate ai quadri tradizionali della filosofia e della psicologia classica. Si chiedevano: i processi mentali sono diversi dai processi fisici? In che modo nuove esperienze vengono incorporate nella mente come memoria?».

ARTE E MENTE
Nella Vienna dei primi decenni del ventesimo secolo, le menti più eccelse nei campi dell’arte, della scienza e della letteratura siedono allo stesso tavolo, dando vita a una discussione accesa, accostando i vari campi del sapere, tra loro così diversi da provocare bagliori e luci che continuano a splendere fino ai giorni nostri. Quali sono i meccanismi attraverso cui la più complessa di tutte le macchine, biologiche e no, – il nostro cervello – ci consente di rendere attuabile quella facoltà così formidabile che è la creatività scientifica e artistica?
È quanto cerca di indagare Kandel nel libro L’età dell’inconscio – Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai giorni nostri (Raffaello Cortina Editore, pp. 622, euro 29,00), in cui ci porta in un viaggio meravigliosamente illustrato, coniando praticamente una nuova disciplina. Da Freud a Klimt, da Schnitzler a Schiele, fino a Kokoschka: sono queste alcune delle molte luci del Novecento che escono dal prisma della capitale austriaca che lo scienziato analizza in questo testo attraverso la lente della neurobiologia. Ma che cos’hanno in comune arte e scienza? Quali sono gli intrecci e i punti di fusione? E in che modo il cervello elabora e percepisce le immagini astratte, come ad esempio un quadro di Mondrian? Servendosi del riduzionismo come strumento essenziale che facilita l’indagine tra le due discipline, in un altro libro (Arte e neuroscienze – Le due culture a confronto, Raffaello Cortina Editore, pp. 243, euro 22,00), Kandel con rigore scientifico fa qualcosa d’insolito, immergendoci in due territori spesso altezzosamente separati da molti. Qui i due mondi sono uniti, e intrinsecamente ci svelano che l’interdisciplinarità è “l’apriti sesamo, sine qua non” in grado di produrre nuove conoscenze.

LA MENTE ALTERATA
Infine, nel suo ultimo libro (La mente alterata – Cosa dicono di noi le anomalie del cervello, Raffaello Cortina Editore, pp. 338, euro 27,00), Kandel affronta molti temi: dalla coscienza, grande mistero del cervello, fino all’identità di genere e alla differenziazione sessuale del cervello, inoltrandosi poi in patologie del sistema nervoso che affliggono la nostra società, come la malattia di Huntington e il Parkinson, senza trascurare la depressione, il “male oscuro” per eccellenza. Com’è che queste “disfunzioni” possono condurci a una maggiore comprensione di noi stessi?
Lo sforzo di Kandel è sempre lo stesso: capire la complessa, intricata e spesso crudele mente umana.

 

Chi è Eric Kandel

Eric Kandel nasce il 7 novembre del 1929 a Vienna da genitori ebrei provenienti dall’Europa orientale. Nel 1938 assiste alla Notte dei Cristalli, che lo segna profondamente, portandolo a volere indagare la mente umana. Scappato dalle persecuzioni naziste, nel 1939 si rifugia in America, dove grazie ai suoi studi sulla memoria e su come si conserva nei neuroni, vincerà un Nobel, assieme ai colleghi Paul Greengard e Arvid Carlsson.
Psichiatra e Neurologo, dal 1974 è professore di biofisica e biochimica alla Columbia University. Membro delle più importanti accademie scientifiche riceve la prima – di una lunga serie – laurea ad Honorem nel 1983 dal Jewish Theological Seminary a New York. Energico e instancabile novantenne, continua ancora oggi a viaggiare per il mondo; il 26 settembre scorso era a Perugia al congresso nazionale della Società Italiana di Neuroscienze SIN, dove ha tenuto una lectio magistralis dal titolo La biologia della memoria e la perdita di memoria legata all’età.