di Michael Soncin
Per celebrare i cent’anni dalla nascita dello scrittore e giornalista ebreo Guido Lopez (1924-2010), il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC ha organizzato una mostra aperta gratuitamente al pubblico, negli spazi del Memoriale della Shoah di Milano.
«Questa mostra ci restituisce un’illustrazione molto particolare di quella che è stata la figura di Guido Lopez e ci permette di capire i tanti rappresentanti importanti che ha avuto l’ebraismo milanese, soprattutto nel contribuire alla ricchezza del panorama culturale della nostra città. Lui era uno di questi. È stato in grado di capire come guardare alla città in modo differente», ha raccontato Roberto Jarach, presidente del Memoriale, l’11 aprile giorno dell’inaugurazione. «Ricordo almeno cinquant’anni fa, quando eravamo insieme al consiglio della comunità. Era sempre affascinante sentirlo parlare», ha aggiunto.
«Il nostro amico Guido è sempre stato presente nella nostra vita sociale, col suo fare scanzonato, col suo individualismo, fuori dal coro. Un uomo poliforme con un grande amore per Milano e la storia», commenta Giorgio Sacerdoti, presidente del CDEC.
A testimonianza dell’importanza di Guido Lopez nel panorama della comunità milanese ed ebraica, Simone Locatelli, presidente del Municipio 2 di Milano, ha ricordato la targa a lui dedicata, dove è presente anche l’amico Gillo Dorfles, altra figura geniale. Dorfles è stato un intellettuale poliedrico: pittore, scultore, ceramista, poeta e grande critico d’arte. Con questa targa, Milano ha voluto ricordare il quartiere in Piazzale Lavater dove i due amici vissero.
Un viaggio nella cultura non solo milanese ma del secondo Novecento
«Ci sono dei passaggi straordinari per chi si occupa della cultura del Novecento, perché “mettersi in mano a Guido”, parafrasando il titolo del suo libro più famoso Milano in mano, significa scoprire molte vie della cultura italiana del secondo Novecento, come con il poeta Eugenio Montale, con cui ebbe un curioso scambio epistolare. Montale recensì il romanzo di Lopez La prova del nove. Quello avrebbe potuto essere l’inizio di una carriera narrativa favolosa. Tolto questo, è da guardare con attenzione gli scambi di corrispondenza con Enzo Tortora, con Gianni Brera, oltre alle fotografie», ha spiegato Alberto Cavaglion, curatore della mostra.
Nel ricordare questa singolare figura, Cavaglion ha detto: «Guido era una persona schietta, sincera, ma rimane impresso il segno della sua allegria, del suo sorriso. Aveva ereditato dal padre questo senso della comicità. Il mestiere che avrebbe potuto fare benissimo era quello del mimo e dell’attore. Qui ci sono tante fotografie che lo documentano: le sue posture, le sue smorfie buffe, le sue caricature talvolta maliziose. È un viaggio non solo nella cultura di Milano, ma nella cultura del secondo Novecento, in quella letteraria, nel mondo editoriale e della pubblicità».
«Noi fratelli da nostro padre abbiamo ereditato una ricchezza gigantesca, di sapere, esperienze, vita vissuta, di libri, carte e fotografie. Un patrimonio che abbiamo cercato di conservare e restituire attraverso questa mostra», ha raccontato Fabio Lopez, figlio di Guido.