Lo scrittore e studioso israeliano Yuval Noah Harari

Il futuro tra automazione, nuova moralità e una «classe globale inutile». Le visioni di Yuval Noah Harari

Personaggi e Storie

di Marina Gersony
Come sarà il nostro futuro? A sentire Yuval Noah Harari a dir poco terrificante. Secondo le previsioni del saggista e professore universitario israeliano – noto soprattutto per aver pubblicato Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità (Bompiani, 2015) e Homo Deus. Breve storia del futuro (Bompiani, 2017) – in soli due decenni la realtà in cui vivremo sarà probabilmente spaventosa: ci aspetta un’era di algoritmi e di tecnologie avanzate che potrebbero vederci trasformati in “super-umani” con qualità divine.

Apocalittico o realista? Esagerato e semplicemente pragmatico? Qualunque siano le conclusioni che si possono trarre dalle analisi del professore, di certo il tema è di strettissima attualità e merita di essere affrontato.

Un articolo del New York Times uscito lo scorso marzo parte da un evento organizzato dallo stesso giornale in sinergia  con How To Academy, in cui Harari ha fatto le sue previsioni conversando con l’editorialista del Times, Thomas L. Friedman. «Noi umani, – ha avvertito il professore –, abbiamo creato un mondo così complicato che non siamo più in grado di dare un senso a ciò che sta accadendo». Ecco di seguito i punti salienti dell’intervista.

L’intelligenza artificiale e l’automazione creeranno una “classe globale inutile”

«Proprio come la Rivoluzione Industriale ha creato la classe operaia, l’automazione potrebbe creare una “classe globale inutile” –  ha detto Harari –, e la storia politica e sociale dei prossimi decenni ruoterà attorno alle speranze e alle paure di questa nuova classe. Le tecnologie dirompenti, che hanno contribuito a portare enormi progressi, potrebbero essere disastrose se sfuggono di mano».

«Ogni tecnologia ha un potenziale buono e uno cattivo – ha spiegato lo studioso –. La guerra nucleare è ovviamente terribile. Nessuno la vuole. La domanda da porsi è come prevenirla. Con la tecnologia dirompente il pericolo è decisamente maggiore, perché ha un potenziale incredibile. Ci sono molte forze che ci spingono sempre più velocemente a sviluppare queste tecnologie ed è molto difficile sapere in anticipo quali saranno le conseguenze in termini di comunità, di relazioni con le persone e di politica».

Le nuove tecnologie potrebbero cambiare la democrazia e perfino il nostro “senso di sé”

La combinazione di biotech e tecnologie dell’informazione potrebbe raggiungere un punto in cui crea sistemi e algoritmi che ci capiscono meglio di quanto comprendiamo noi stessi.

«Nel momento che hai un qualcuno di esterno che ti capisce meglio di quanto tu ti capisca, la democrazia liberale come la conosciamo da un secolo a questa parte, è condannata», prevede Harari.

«La democrazia liberale – continua lo storico – confida nei sentimenti degli esseri umani e questo ha funzionato fino al momento in cui nessuno ha potuto capire i tuoi sentimenti meglio di te stesso o di tua madre. Ma se c’è un algoritmo che ti capisce meglio di tua madre e di te stesso, allora la democrazia liberale diventerà simile a uno spettacolo di marionette. Cosa succede se il tuo cuore è gestito da un agente straniero (una spia, ndr), un doppio agente che serve qualcun altro, che sa come premere i tuoi pulsanti emotivi, farti arrabbiare, renderti audace o felice? Questo è il tipo di minaccia che sta iniziando a emergere oggi, per esempio nelle elezioni e nei referendum».

La tecnologia sarà un nuovo strumento per la discriminazione individuale

Nel 20esimo secolo la discriminazione fu usata contro interi gruppi basati su vari pregiudizi. Era tuttavia risolvibile perché tali pregiudizi non erano veri e le vittime potevano unirsi e agire politicamente. «Ma nei prossimi anni e decenni – ha ribadito Harari –, dovremo affrontare la discriminazione individuale e potrebbe essere basata su una buona valutazione su chi sei».

Se gli algoritmi impiegati da un’azienda cercano il tuo profilo Facebook o il tuo DNA, esaminando la scuola e il percorso professionale, potrebbero capire con precisione chi sei. «Non sarai in grado di fare nulla per questa discriminazione, prima di tutto perché sei soltanto tu –, ha spiegato Harari –. Non discriminano il tuo essere perché sei ebreo o gay, ma perché sei te stesso. E la cosa peggiore è che sarà vero. Sembra divertente, ma è terribile».

Il tempo sta “accelerando”

Ci sono voluti secoli, anche migliaia di anni, per raccogliere i frutti delle decisioni prese dai nostri antenati, ad esempio la coltivazione del grano che ha portato alla rivoluzione agricola. Oggi non è più così.

«Il tempo sta accelerando – ha affermato il professore –. Il lungo periodo potrebbe non essere più definito in secoli o millenni, bensì in termini di 20 anni. È la prima volta nella storia in cui non avremo idea di come sarà la società umana fra un paio di decenni».

«Siamo in una situazione senza precedenti nella storia, nel senso che nessuno sa come sarà il mondo tra 20 o 30 anni. Non solo i fondamenti della geopolitica, ma come sarebbe il mercato del lavoro, il tipo di competenze che le persone dovranno avere, quali saranno le strutture familiari e le relazioni di genere. Ciò significa che per la prima volta nella storia non abbiamo idea di cosa insegnare nelle scuole».

I leader mancano di una visione significativa del futuro

Di fatto i leader e i partiti politici sono ancora bloccati nel 20esimo secolo, nelle battaglie ideologiche che contrappongono la destra alla sinistra, il capitalismo contro il socialismo. Non hanno nemmeno idee realistiche su come si presenterà il mercato del lavoro in soli due decenni, «perché non possono vedere», ha sottolineato Harari.

Lo storico israeliano spiega che invece di formulare visioni significative per il futuro dell’umanità nel 2050, essi ri-confezionano le fantasie nostalgiche del passato: «E c’è una sorta di competizione di chi riesce a guardare più indietro. Trump vuole tornare agli anni ‘50; Putin vuole tornare fondamentalmente all’impero zarista e lo Stato Islamico all’Arabia del settimo secolo. In Israele battono tuti quanti: vogliono tornare indietro di 2.500 anni fino all’età della Bibbia, in questo senso vinciamo. Abbiamo una visione a lungo termine all’incontrario».

 «Non esiste una storia predeterminata»

In sintesi lo storico sostiene che negli anni ‘90 si pensava che la grande battaglia ideologica del XX secolo fosse stata vinta dalla democrazia liberale e dal capitalismo del libero mercato. «Questo appare tuttavia assai  ingenuo oggi – ha detto –. Il momento in cui ci troviamo ora è di estremo disinganno e di sconcerto, perché non abbiamo idea di dove andranno le cose da qui in poi. È molto importante essere consapevoli del lato negativo, degli scenari pericolosi delle nuove tecnologie. Le corporazioni, gli ingegneri, le persone nei laboratori si concentrano naturalmente sugli enormi benefici che queste tecnologie potrebbero portarci. Spetta agli storici, ai filosofi e ai sociologi pensare ai modi in cui le cose potrebbero andare storte».

In un mondo interconnesso, bisogna ridefinire la moralità 

 «Per agire bene non basta avere dei buoni valori – ha osservato lo storico –. Bisogna capire le catene di cause ed effetti. Rubare, per esempio, è diventato complicato nel mondo odierno. Nei tempi biblici se stavi rubando eri consapevole delle tue azioni e delle conseguenze sulla vittima. Oggi il furto potrebbe comportare investimenti – anche involontari – in una società molto redditizia ma non etica; una società che danneggia l’ambiente e impiega un esercito di avvocati e lobbisti per proteggersi da azioni legali e regolamenti. Sono colpevole di aver rubato un fiume? Anche se ne sono a conoscenza, non so come la società guadagna i suoi soldi. Mi ci vorranno mesi e persino anni per scoprire cosa stanno facendo con i miei soldi. E durante quel periodo sarò colpevole di così tanti crimini di cui in realtà non so nulla».

«ll problema – ha concluso Harari –,è capire le catene estremamente complicate di causa ed effetto nel mondo. La mia paura è che l’homo sapiens non sia solo all’altezza. Abbiamo creato un mondo così complicato che non siamo più in grado di dare un senso a ciò che sta accadendo».