Himmler: il significato di un nome

Personaggi e Storie

Katrin Himmler, Bettina Goering, Monika Goeth, Rainer Hoess, Niklas Frank: sono tutti nipoti o bisnipoti di alti ufficiali delle SS, di coloro che pianificarono ed eseguirono lo sterminio di sei milioni di ebrei.
Le loro storie, i loro ricordi, il loro trauma nello scoprire di chi fossero i discendenti sono al centro del documentario realizzato dal regista israeliano Chanoch Ze’ev, frutto di una coproduzione israeliana e tedesca, alla quale ha preso parte, in veste di testimone, anche il nipote di un sopravvissuto della Shoah, Eldad Beck.

“Hitler’s Children”, spiega Ze’ev, è film sui discendenti di alcune delle figure più potenti del regime nazista: Himmler, Frank, Goering, Hoess, uomini e donne i cui nomi rimarranno per sempre associati alla Shoah. Con esso ho voluto esplorare in particolare l’impatto che ha avuto su di essi, sulle loro vite, l’essere i discendenti di criminali nazisti, cosa ha significato portarsi addosso quei nomi per un’intera vita.

Si sa per esempio che Bettina Goring e suo fratello hanno deciso di non avere figli per mettere fine alla discendenza di Hermann Goring. Non così è stato per esempio per Katrin Himmler, che dal primo matrimonio con un israeliano, figlio di un sopravvissuto del Ghetto di Varsavia, ha avuto un figlio, oggi tredicenne.
“So di altri discendenti di nazisti che hanno deciso di non avere figli. Ma io penso che in questo modo si dia continuità al pensiero nazista, secondo cui tutto dipende dal sangue. Io rintengo che i geni non contino nulla; ciascuno è libero di prendere le sue decisioni. Per me ciò che è importante è l’educazione, trasmettere ciò che hai imparato”.

Sull’ultimo numero di “Time” (26 novembre) nella rubrica “10Questions”  Katrin Himmler ricorda che portare quel cognome è stato un fardello pesante per tutta la famiglia. Mio padre, ricorda, me ne parlò sin da quando ero molto piccola; a 11 anni vedemmo insieme in Tv ‘Holocaust’. Per me fu uno shock: capii per la prima volta di cosa il mio bisnonno fu davvero responsabile. E cominciai a leggere e studiare cosa era accaduto”.

Quando nel 1997  gli USA restituirono alla Germania gli archivi federali, dopo mesi di ripensamenti, Katrin decise di fare delle ricerche sul suo bisnonno. “Fu orribile scoprire che tutti nella mia famiglia appartenevano al partito nazista e che quasi tutti erano membri delle SS. Sarebbe stato bello trovare almeno qualcuno che fosse rimasto passivo. Ma così non è stato”.

“Mentre scrivevo il libro, racconta ancora la Himmler, ho scoperto che dopo il 1945 mia nonna rimase in contatto con i criminali nazisti. E’ stato doloroso scoprire che qualcuno a cui volevi bene mandava regali a dei criminali di guerra”.

Da quelle ricerche negli archivi, dai racconti del padre – figlio di Ernst Himmler, fratello di Heinrich – quasi dieci anni dopo, nel 2006, Katrin ha tratto un libro, interamente dedicato alla storia, pubblica e privata della sua famiglia, “I fratelli Himmler. Una storia di famiglia tedesca” edito in Germania dalla casa editrice Fischer.

“Quando ero giovane, racconta la Himmler, pensavo di dover cambiare quel cognome il più in fretta possibile, ma poi mi sono accorta che quel cognome non è mai stato veramente un problema per le persone attorno a me; lo era per me, dentro di me, e cambiarlo non avrebbe cambiato ciò che ero.”

Il primo marito della Himmler è stato un israeliano, figlio di un sopravvissuto del ghetto di Varsavia.  Il padre di Katrin e il padre del suo ex marito – che durante la guerra vissero negli stessi luoghi da due parti opposte – si ritrovarono alla stessa festa di matrimonio.

“I nostri padri, spiega la Himmler,  sono persone aperte e tolleranti; e sono ancora buoni amici. Entrambe le nostre famiglie sono convinte che non è utile dividere il mondo in buoni e cattivi dopo generazioni, ma che è necessario parlare con entrambe le parti.”

Con “Hitler’s Children”, Chanoch Ze’ev ha voluto non soltanto portare alla luce le storie dei figli dei persecutori. “Con questo film, spiega Ze’ev, voglio arrivare ad un pubblico il più ampio possibile e in questo modo stimolare la discussione sulla Shoah, sullo sterminio degli ebrei in Europa, da un punto di vista nuovo; ma voglio anche fornire una risposta definitiva e indiscutibile ai negazionisti”.