I 100 anni di Goti Bauer, testimone della Shoah, capace di forza e dolcezza senza pari

Personaggi e Storie

di Redazione
Agata Herskovits Bauer, detta Goti, compie 100 anni il 29 luglio. Ha dedicato gran parte della sua vita a testimoniare la sua tragica esperienza vissuta ad Auschwitz Birkenau dove perse tutta la sua famiglia.

Dalla redazione e dalla comunità tutta auguri di cuore!

Ad mea ve’esrim!

 

 

La sua storia

 

Goti Bauer: «Chi è sopravvissuto ha l’anima ferita. Non deve subire anche la banalizzazione del suo dolore»

di Ilaria Myr

Il suo treno partì il 16 maggio 1944 dalla stazione di Milano. A 75 anni dalla deportazione dal Binario 21, Goti Bauer parla dell’importanza della memoria della Shoah e del suo timore che essa vada perduta, che si smarrisca nel tempo.

 

«Non so se oggi ci sia davvero ancora interesse per la Shoah, mi sembra che negli anni si sia andato affievolendo. Non crede anche lei?». Questa domanda ricorre più volte durante la nostra conversazione con Goti Bauer, sopravvissuta agli orrori del nazismo, per molti anni attiva nel portare nelle scuole la propria esperienza di testimone. «Ho l’impressione che da qualche anno la gente sia meno coinvolta da questi fatti che sono sentiti come lontani, di fronte invece a tragedie più vicine e contemporanee – continua -. Non vorrei che il giorno della memoria si stesse trasformando in un’occasione banalizzata in cui si chiama il testimone “perché si deve”: la Shoah è sacra, e un testimone, anche a distanza di 80 anni, continua ad avere davanti agli occhi quelle immagini, quelle file di bambini con un giocattolo in mano mentre andavano alle camere a gas… Il sopravvissuto rimane un’anima ferita, che non vorrebbe essere colpita ulteriormente dall’indifferenza o dalla noia».

Parlando le riaffiorano alla memoria alcuni episodi che le hanno suscitato perplessità. «Una volta un ragazzo mi disse: “Mi dispiace molto per le sofferenze che ha vissuto. Ma ad Auschwitz, almeno quando era il suo compleanno, le portavano la torta?” – ricorda sbigottita -. O un altro ragazzo, al Conservatorio, che dopo che avevo raccontato nel dettaglio tutto quello che lì succedeva, mi chiese: “ma alla fine ha ritrovato i suoi genitori?”. Ecco, questi episodi fanno capire che spesso la preparazione ad ascoltare un testimone data dagli insegnanti può essere inadeguata, perché non porta i ragazzi a credere ai nostri racconti e a immedesimarvisi. Ci sono quelli che ci riescono e con alcuni mantengo ancora un’amicizia sincera. Ma nel futuro ce ne saranno altri di altrettanto validi?». Solo parlando con noi e leggendo l’articolo in cui Daniela Dana Tedeschi, vice-presidente dell’Associazione Figli della Shoah, racconta di una crescente attenzione da parte delle scuole, sembra consolarsi. «Se davvero c’è una diffusione del ricordo, in qualche modo mi sento più serena, perché mi fa sperare che nel futuro tutto ciò non venga dimenticato».

Questa profonda riflessione sulla memoria e sulla didattica della Shoah avviene nel 75° anniversario della sua deportazione dal Binario 21 ad Auschwitz Birkenau. «Il 1 maggio del 1944 tentammo di attraversare il confine svizzero, ma le nostre guide ci tradirono e fui arrestata con mia madre – spiega a Bet Magazine -. Passammo dal carcere di Varese a quello di Como e poi a San Vittore. Partimmo dal Binario 21 della stazione di Milano il 16 maggio, passammo per Fossoli e poi arrivammo ad Auschwitz il 23 maggio 1944». Da Auschwitz, Goti fu trasferita a Wilischtahl nel novembre 1944, e quindi al campo di concentramento di Theresienstadt, dove si trovava al momento della liberazione, il 9 maggio 1945.

Fu l’unica della famiglia a sopravvivere: i suoi genitori furono immediatamente condotti alle camere a gas; il fratello Tiberio morì a Buchenwald nell’aprile-maggio 1945.
«Ritornata a Milano fui invitata da carissimi amici della mia famiglia a vivere da loro, ed è per merito della loro affettuosa e dolcissima accoglienza che riuscii a ricominciare a vivere – continua commossa -. Lì conobbi Rudy Bauer, che era arrivato dall’Eritrea dove da anni viveva: ci sposammo e tornammo in Eritrea, dove nacquero le mie due figlie».
Nella sua vita Goti è tornata quattro volte ad Auschwitz, l’ultima delle quali circa 25 anni fa con il marito. «Le prime volte rivedevo tutto davanti ai miei occhi, perché il campo era così come lo ricordavo – racconta -. Ma l’ultima volta mi ritrovai davanti a delle casette ristrutturate, non era più il luogo in cui io avevo vissuto. Decisi che non ci sarei più tornata».

Negli anni ha partecipato come testimone a molti incontri con studenti e insegnanti, nonché con rappresentanti politici. «Ogni volta, dopo la testimonianza, tornavo a casa insoddisfatta, attanagliata dal dubbio di non essere riuscita a dire tutto, a trasmettere abbastanza di quanto è successo, molto al di là della umana capacità di comprensione. Ricordare tutto ciò è doveroso, perché quelli che non sono tornati meritano che la memoria non scompaia».

 

Gli auguri a Goti Bauer

 

Roberto Cenati già Presidente ANPI provinciale di Milano.
Auguri di cuore a Goti Bauer, sopravvissuta alla Shoah e preziosa testimone della Shoah e delle nefandezze del nazifascismo. Ricordava Goti in una intervista rilasciata il 6 maggio 2019 a Bet Magazine: “Ogni volta, dopo la testimonianza sulla Shoah, tornavo a casa insoddisfatta, attanagliata dal dubbio di non essere riuscita a dire tutto, a trasmettere abbastanza di quanto è successo, molto al di là della umana capacità di comprensione. Ricordare tutto ciò è doveroso, perché tutti quelli che non sono tornati meritano che la Memoria non scompaia.” A Goti un affettuoso e caro abbraccio.

 

Buon compleanno Goti, grazie di non aver mai smesso
di credere nei giovani

di David Zebuloni
Goti Bauer compie cento anni. Ricordo ancora la prima volta che la incontrai: avevo tredici anni e frequentavo la seconda media. Era il 27 Gennaio e un pullman grigio ci raccolse da scuola per condurci al Conservatorio di Milano. Era la prima volta che visitavo il conservatorio. Era la prima volta che incontravo una testimone della Shoah.
La ricordo come se fosse ieri. Dolcissima, elegantissima. Un’eleganza di altri tempi, quasi regale. Indossava un completo marrone, una camicetta bianca e un foulard legato al collo. Gli occhiali dalle lenti tonde, leggermente scure. Due grossi orecchini do perla. I capelli cotonati, candidi, bianchi come zucchero filato.
Era seduta sul palcoscenico. Guardava i ragazzini scalmanati riempire la stanza e sorrideva paziente. Anch’io la osservavo da lontano.
Mi sembrava tanto piccola, lì sola sul palcoscenico. Una signora anziana ed esile. Come avrebbe catalizzato l’attenzioni di tutti quegli adolescenti?
Quando prese la parola, il mio timore si consolidò. La sua voce era fragilissima, come fatta di vetro, e le parole erano accompagnate da una cantilena proveniente da un mondo lontano. Mi guardai intorno e trassi un sospiro di sollievo. Erano tutti rapiti. Immersi nel suo racconto.

Presto mi dimenticai anch’io chi fossi e dove mi trovassi. Per un’intera ora, Goti era noi e noi eravamo Goti. Quando finì di parlare ci alzammo tutti in piedi e la applaudimmo a lungo. Un applauso sincero, sentito, che cresceva insieme al desiderio di scendere e di abbracciarla. Un desiderio che mi accompagnò a lungo. La incontrai di nuovo tre anni dopo, durante la cerimonia di Yom HaShoah al tempio di via Guastalla. Le feci un saluto goffo e impacciato. Lei sorrise.

La incontrai un’ultima volta al mio ultimo anno di liceo, quando venne a testimoniare nella sala dell’Aula Magna. Di nuovo la salutai goffo e impacciato. Questa volta aggiunsi un ringraziamento per il suo impegno di testimone. Lei di nuovo mi sorrise, e mi ringraziò a sua volta per averla ascoltata. Negli ultimi dieci anni ho pensato a lei più e più volte. Goti è stata il mio primo approccio al capitolo più buio della storia e solo con il senno di poi ho capito quanto io sia stato fortunato a essere lì presente, nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano, a sentire la mia prima testimonianza narrata da lei.

Come si racconta la Shoah a un ragazzino? Come si spiega il male assoluto a chi il male non l’ha mai toccato con mano? Come si trasmette ai giovani il peso della storia, senza gravare sulla loro innocenza? Goti è la risposta a tutte queste domande. Goti: una nonna esile dal sorriso conciliante. La voce simile al vetro, che in realtà è diamante indistruttibile. A quindici anni da quel lontano 27 Gennaio, ho deciso di andare a visitarla. È accaduto poco più di un mese fa, alla soglia del suo centesimo compleanno. L’ho abbracciata così come ho desiderato abbracciarla quando frequentavo la seconda media. L’ho ringraziata così come ho desiderato ringraziarla durante tutti questi ultimi dieci anni.

E lei? Lei non è cambiata. Lei è rimasta elegantissima, dolcissima, saggia, apparentemente fragile, ma fortissima. Mi ha ringraziato della visita, stupita. Mi ha chiesto di me, della mia famiglia, dei miei studi, del mio lavoro. Non erano domande di circostanza. L’interesse di Goti era sincero, così come il suo coinvolgimento circa il destino della nostra generazione è sempre stato sincero. “Anche con le migliori intenzioni non si può raccontare ciò che non si è vissuto personalmente, ma solo sentito dire da altri. Ci sono cose che bisogna provare sulla propria pelle”, mi ha spiegato Goti durante il nostro incontro. Quando le ho domandato se è ottimista riguardo al futuro che ci attende, la sua risposta mi ha disarmato: “Non voglio pensarci sono troppo anziana per farlo. Auguro a voi giovani di saper creare dal passato gli insegnamenti per il futuro affinché ciò che è accaduto a me, non accada mai più”. Un augurio che è un imperativo morale. Un esame storico e umano ancora da superare.

Grazie della fiducia Goti. Grazie degli insegnamenti che ci hai trasmesso. Grazie del coraggio, della forza, dell’impegno, dell’affetto incondizionato. Grazie di essere un faro di luce in questo periodo buio e ostile. Grazie di non aver mai smesso di indignarti di fronte alle ingiustizie e alle violenze. Di fronte al male. Grazie soprattutto di averci aperto le porte del tuo cuore, permettendoci di guardare il passato attraverso i tuoi occhi di nonna. Tanti auguri di buon compleanno Goti, ti vogliamo bene. Oggi, sempre.

 

Associazione Figli della Shoah

Un anniversario importante quello che festeggiamo oggi:
la nostra cara Goti Bauer compie 100 meravigliosi anni!

È stata una delle fondatrici della nostra Associazione, con Liliana Segre avvenuta nel 1998.
Ha sempre creduto nel valore della testimonianza e nell’importanza di incontrare le giovani generazioni.
Centinaia di migliaia di ragazzi in tutta Italia hanno avuto l’onore di ascoltare le sue parole senza mai un accento di odio o vendetta.
Auguri carissimi a Goti e a tutta la sua meravigliosa famiglia, per futuri anni di serenità e salute.
Non dimentichiamo le sue parole che ha fino a qualche anno fa rivolgeva ai ragazzi che accorrevano ad ascoltarla:
“Il secolo appena concluso, oltre che per le straordinarie conquiste scientifiche e tecnologiche, passerà alla storia per gli efferati crimini che sono stati commessi.
 Dovrà essere ricordato per le deportazioni politiche, per i gulag dell’Unione Sovietica, per le innumerevoli stragi compiute in ogni dove.
 Ma dovrà essere ricordato soprattutto per la Shoah, lo sterminio degli ebrei d’Europa che, nella sua specificità, non è comparabile agli altri, pur orrendi, delitti.
 Credo che nessuno meglio di noi superstiti possa comprendere e condividere la sofferenza di chi, privato della propria dignità, è stato sottoposto a umiliazioni e torture, eppure nessuno, meglio di noi, conosce la tremenda diversità della nostra condizione.
 Ho sempre invidiato chi ad Auschwitz è arrivato da solo, spesso in conseguenza di una coraggiosa scelta di vita, chi non ha vissuto lo strazio della perdita dei genitori, dei figli, dei fratelli e ha potuto sopportare quell’inferno nella certezza di ritrovare, se fosse tornato a casa, il conforto e l’affetto dei suoi cari.
 A noi questa speranza non è stata concessa: dopo l’arrivo siamo rimasti soli e da soli abbiamo affrontato, in quella babele di lingue e di miserie, il terrore di ripetute selezioni insieme all’eterna minaccia: “Da qua uscirete solo – Durch der Kamin – attraverso il camino”.
 Noi sulla rampa di Birkenau abbiamo visto scaricare dai vagoni famiglie intere e non abbiamo potuto soccorrere migliaia di bambini che, con una bambolina o un orsacchiotto in mano, venivano spinti verso la camera a gas. E uno dei tanti dolorosi ricordi che ci accompagneranno per il resto dei nostri giorni.”
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2 Commenti.

  • Daniela Servi
    30 Luglio 2024 08:38

    Alla cara signora Goti un caldo abbraccio e tanto affetto. Sono stata con sua figlia Nadia alle scuole elementari di via Eupili.
    Ho assistito ai suoi racconti più volte, grazie di averci lasciato la sua indimenticabile testimonianza.

  • Dolfi Diwald
    30 Luglio 2024 10:57

    Cara Signora Bauer, ho avuto il piacere di essere in classe alle elementari con Nadia, e è stata il mio primo amore, anche se lei non lo ha mai saputo. Mi ricordo perfettamente di lei e delle piacevole chiacchierate che intratteneva con mia mamma. Dal profondo del cuore tantissimi auguri

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