Un membro della tribù dei Gogodala in Papua Nuova Guinea

I Gogodala, gli ebrei indigeni in Papua Nuova Guinea

Personaggi e Storie

di Sofia Tranchina

Remote scogliere e fitte foreste rigogliose: qui, in Papua Nuova Guinea, dispersi tra tribù di indigeni vestiti di piume e fango e a popoli grezzamente cristianizzati che masticano i semi stimolanti dell’albero di betel, vivrebbero secondo certe teorie alcuni discendenti di Avraham. Si tratta dei Gogodala, una tribù indigena dalle usanze primitive che rispetta e onora la legge di Mosè.

Le Tribù perdute di Israele e i ‘Black Jews’

Un fenomeno globale che si sta affermando sempre più è quello della ebraicizzazione di tribù indigene, e no, non si tratta di un movimento di conversione: sono infatti gli indigeni stessi a rivendicare la propria presunta appartenenza al popolo ebraico e a chiedere agli studiosi di dimostrarne la veridicità.

Costoro si autodefiniscono “tribù perdute”, in riferimento a ipotetiche tribù da ricondurre o persino da aggiungere alle canoniche 12 tribù dei figli di Israele menzionate nel Tanakh.

Ad oggi, il caso più studiato è quello della tribù Lemba, in Sudafrica, avvalorato da test di DNA condotti sugli indigeni.

Dalle analisi, è emerso che effettivamente gli indigeni di questo popolo condividono lo stesso cromosoma Y dei Cohanim, i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme.

Un dato, questo, che è stato concordatamente ritenuto sufficiente ed inconfutabile dimostrazione della reale discendenza israelitica dei Lemba.

Il caso dei ‘Black Jews’ è stato esposto e descritto dettagliatamente in diversi volumi, tra cui Constructing Black Jews: Genetic Tests and the Lemba – the Black Jews of South Africa (pubblicato nella serie Developing World Bioethics, vol. 3 n. 2, 2003); e l’affaire de Lembas du Zimbawe et du sud de l’Afrique et du chromosome Y des Cohanim (pubblicato nella rivista Le fait d’analyse n. 10, 2001).

Le isole di Papua Nuova Guinea

I Gogodala

Il professore della cattedra di Studi Religiosi dell’Università Internazionale della Florida, Tudor Parfitt, è da sempre ritenuto il maggiore esperto delle suddette tribù perdute. Dopo aver trascorso un lungo periodo in Africa a studiare i Lemba, Parfitt è stato contattato da Tony Waisu, della tribù dei Gogodala, un popolo di circa 30.000 persone in Papua Nuova Guinea. Questi chiedeva che anche la sua tribù venisse sottoposta ai test genetici, in quanto convinto di essere di discendenza ebraica.

Parfitt, sedotto dal potenziale della scoperta che avrebbe fatto se effettivamente fosse stata comprovata la presenza degli ebrei indigeni nella giungla sperduta della Papua Nuova Guinea, nel 2003 volò verso la capitale Port Moresby.

«Mi vidi circondato da centinaia di Gogodala in vestiti tradizionali, con stelle di David pitturate sui loro petti nudi e sulle braccia, che sventolavano bandiere di Israele»: al suo arrivo, lo studioso è stato accolto da indigeni dai corpi scuri, decorati con foglie di palma, pittura corporea, piume e conchiglie, i quali indossavano non solo gonne di erba e accessori tribali, ma anche kippot e tallit ebraici.

Pronti a scambiare la costa paradisiaca della Melanesia con l’arida Israele

Costoro celebrano festività ebraiche quali pesach e hannukah e bramano l’alyiah. Convinti di discendere etnicamente dagli antichi popoli israeliti, gli indigeni Gogodala si trasmettono da padre in figlio racconti su come i loro avi sarebbero arrivati in Melanesia con delle canoe, partendo da Yemi Saba, che sarebbe secondo loro l’attuale Gerusalemme, ‘terra natìa a cui ritorneremo’. Apparentemente, parte della loro tradizione è la credenza che un ‘uomo bianco’ sarebbe un giorno arrivato per dimostrare la loro discendenza israelitica e ricondurli in Terra Santa. 

Israele è largamente ammirato anche come conseguenza dell’astio provato da parte dei Gogodala nei confronti dei potenti popoli musulmani della vicina Indonesia.

L’identificazione con lo Stato d’Israele in Papua Nuova Guinea è talmente radicato che, testimonia Parfitt alla ricorrenza della festa dell’indipendenza dello Stato di Israele Yom HaAtzmaut a cui ha assistito nel 2003 ben 4.000 persone hanno marciato tra le strade di Port Moresby con le bandiere bianche e blu.

Le celebrazioni per Yom Hazmaut
Le celebrazioni per Yom Hazmaut

Isole Salomone

Parfitt non è l’unico studioso che si sia lasciato attrarre dalle voci riguardanti le isole della Melanesia. Il geoscienziato Samuel Were ha tentato, nel suo testo Bine Mene: Connecting the Hebrews, di ricollegare i sistemi linguistici degli indigeni melanesiani con i linguaggi semiti, sostenendo che «alcuni israeliti viaggiarono giù al lago Tanganica, e in un modo inspiegabile finirono alle Fiji».

Il giornalista Matthew Fishbane, incantato da una intrigante (e infondata) diceria di qualche fantasioso utente di internet, secondo cui i resti del ricco Tempio di Salomone si troverebbero da qualche parte nell’arcipelago delle Isole Salomone, è partito nel 2013 con una piccola equipe per andare a curiosare di persona.

Le Isole Salomone, popolate nel II millennio a.C. da mercanti giunti lì dalle Isole Figi, furono scoperte nel 1567 da Álvaro de Mendana de Neira, il quale si persuase di aver trovato il ricchissimo regno biblico di Ofir, da dove, secondo i racconti, Re Salomone ricavava i suoi carichi di oro, argento, avorio e pietre preziose.

In ragione di tale credenza, il conquistatore spagnolo le nominò per l’appunto Isole Salomone.

Conquistato nel 1893 dagli inglesi, l’arcipelago rimase colonia britannica fino al 1978 e vi si svolsero diverse missioni di cristianizzazione sia da parte dei coloni inglesi sia da parte dei vicini australiani.

Come prevedibile, Fishbane non ha trovato alcuna traccia del tempio, tuttavia il suo viaggio, descritto nel libricino Solomon’s Island: On the hunt for the ruins of Solomon’s Temple in the South Pacific, and finding a bizarre web of connections to Israel, non è stato privo di sorprese: infatti, portando avanti la ricerca, il giornalista ha scoperto che molti indigeni dell’arcipelago si ritengono affiliati al popolo israelita e praticano riti ebraici

Credenze ebraiche in Oceania

Anche alcuni esploratori dell’800 descrissero «l’astensione di questi popoli dal maiale, dai pesci senza squame e dagli altri cibi proibiti dalla Legge di Mosè» (Iseael’s Messenger, 30 dicembre 1904).

Nei diari di viaggio di alcuni missionari cristiani, inoltre, si trova traccia del fatto che nel Regno di Tonga (Polinesia) fossero presenti narrazioni autoctone simili a quella biblica.

Il traduttore Moulton, che fu incaricato di tradurre l’Antico Testamento dall’originale ebraico, rimase colpito da come questo assomigliasse all’equivalente Tonga.

Sono infatti presenti in entrambe le tradizioni la narrazione del diluvio universale (in cui l’eroe Maui appare identico a Noè), il rito della circoncisione, l’offerta delle primizie, e la divisione degli anni in mesi.

Una possibile spiegazione sarebbe che i popoli che si sono insediati in Melanesia venissero da luoghi che erano già entrati in contatto con i fatti principali della storia di Mosè.

Teorie sulle origini dell’ebraismo indigeno

I test del DNA svolti dalla troupe del professor Parfitt presso i Gogodala si sono rivelati tuttavia inconcludenti. Nell’articolo The Development of Fictive Israelite Identities in Papua New Guinea and the Pacific, il professore espone come le credenze ebraiche dei Gogodala sarebbero probabilmente di origine fittizia.

«In studi religiosi – spiega – si usa il termine sincretismo per indicare il fenomeno per cui diverse tradizioni religiose si possono fondere per formare una nuova entità religiosa. E questo è ciò che credo sia accaduto qui: i gogodala mantengono alcuni tratti del loro sistema di credenze tribale, ai quali si sono stratificati tratti di cristianesimo durante il colonialismo e tratti di ebraismo».

Innanzitutto, durante l’epoca coloniale i conquistatori europei si sono trovati a dover assimilare tutt’a un tratto una ingente diversità di popoli “altri”, e di conseguenza a doverli in qualche modo anche definire e categorizzare.

Al tempo, il principale “popolo altro” con cui gli europei erano entrati in contatto erano proprio i semiti, e per questo, nell’ansia di definire l’altro delle nuove colonie, crearono fittizie origini ancestrali ebraiche per i popoli che incontravano. Questo fenomeno si verificò ovunque, dal Canada alla Nuova Zelanda, dalle Americhe al Giappone.

Inoltre, per difendersi dalle missioni di cristianizzazione perpetuate dagli ‘invasori occidentali’, molti indigeni decantavano una propria appartenenza all’ebraismo originale.

Tuttavia, queste spiegazioni non vengono da tutti ritenute sufficienti a giustificare appieno la accurata conoscenza dei riti ebraici da parte degli indigeni della Papua Nuova Guinea, e la verità resta ancora da scoprire.

A questo punto, spiegano gli studiosi, la realtà Gogodala è tanto stratificata da rendere sostanzialmente impossibile risalire a quali fossero le credenze originali della tribù indigena, e dunque dimostrare o confutare se questa effettivamente discenda da antichi popoli ebraici.