Il contributo di Margherita Sarfatti all’arte italiana del Novecento

Personaggi e Storie

di Michael Soncin
È risaputo: Margherita Sarfatti, donna definita ricca di sfumature e piena di contraddizioni, è ricordata da tutti come l’amante di Benito Mussolini. Al contrario molti invece dimenticano l’enorme contributo che ha dato alla cultura e all’arte italiana del Novecento. Infatti, è a lei che ne dobbiamo la promozione all’estero.

Dopo la promulgazione delle leggi antiebraiche, che la costringeranno a lasciare l’Italia, rifugiandosi, in seguito a varie tappe, a Buenos Aires, Margherita Sarfatti verrà progressivamente dimenticata e lasciata completamente spoglia del suo salotto italiano, dove lei era notoriamente la regina.

Per riscoprire quest’incredibile figura del secolo scorso abbiamo parlato con Elena Pontiggia, critica e storica dell’arte italiana, professoressa presso l’Accademia di Brera e al Politecnico di Milano. Lungo uno studio durato un ventennio, la studiosa ha portato alla luce nuovi aspetti di questa singolare personalità. Ricerche che sono culminate nello stupendo volume dal titolo Storia del Novecento italiano, Poetica e vicende del movimento di Margherita Sarfatti|1920/1932 edito dal prestigioso editore Allemandi, in collaborazione con la Fondazione VAF Stiftung.


Elena Pontiggia, Storia del Novecento Italiano, Poetica e vicende del movimento di Margherita Sarfatti. 1920-1932, pp. 363, euro 48,00 

Uno dei critici d’arte più importanti del XX secolo

«È emersa sempre meglio la figura di uno dei critici d’arte più significativi del ventesimo secolo, capace di comprendere e di valorizzare precocemente artisti come Boccioni, Sironi, Arturo Martini, Wildt e tanti altri, tra cui de Chirico, Carrà, Campigli. Tutti i migliori , insomma. Come critico d’arte ha saputo lottare per difendere quegli artisti, che all’epoca non erano capiti. Il Novecento Italiano ha creato un’arte concettuale, non impressionista o basata sulle sensazioni: era una rivoluzione rispetto all’impressionismo provinciale ed epigonale che circolava in Italia all’epoca».

Pontiggia spiega che quando aveva cominciato le ricerche, vent’anni fa, non era ancora disponibile l’archivio di Margherita Sarfatti che attualmente si trova al Mart. «All’epoca ho cercato su quotidiani e riviste i suoi scritti, a volte non privi di qualche enfasi, ma sempre straordinariamente illuminanti. Oggi però la rete offre risorse illimitate, permettendo di consultare, per esempio, tante pubblicazioni francesi e tedesche, direttamente al computer, da casa propria. Sono poi emersi altri archivi, come l’archivio Tosi, importantissimo per la storia del Novecento Italiano».

Un’intelligenza filosofica

«Aveva un intuito impressionante, visionario, rabdomantico. Quando ho curato nel 1997 la mostra Il mondo di Margherita Sarfatti a Brescia, non ho fatto nessuna fatica: bastava esporre le opere di cui lei aveva parlato per costruire una rassegna di capolavori. Sapeva capire l’arte. È stata una protagonista del Ritorno all’ordine, cioè di una pittura che ricercava gli ideali classici nella modernità, che voleva conciliare l’eco dei grandi maestri del passato con il senso del presente».

«Margherita era una profonda conoscitrice di Platone, che citava spesso nei suoi scritti, pervasi di un pensiero idealista. Probabilmente è da lì che emerge la sua intelligenza filosofica. Scendendo su un piano più pratico Margherita Sarfatti deve molto a suo padre, Amedeo Grassini, che invece di destinarla agli studi salottieri, cui erano destinate le ragazze di buona famiglia – ricamo, pianoforte, magari un po’ di pittura, ma sempre in forme dilettantesche – le ha messo vicino dei grandi intellettuali e studiosi d’arte, come Fradeletto e Molmenti», conclude la professoressa Pontiggia.

 


Margherita Sarfatti ritratta in scultura da Adolfo Wildt – 1930 

 

Nata Grassini

Margherita Sarfatti era nata Venezia l’8 aprile del 1880 da una famiglia della borghesia ebraica. Il padre Amedeo Grassini era un avvocato, la madre Emma Levi era cugina del grande istologo Giuseppe Levi, padre di Natalia Ginzburg. Il cognome Sarfatti l’aveva acquisito quando nel 1898 sposa, nonostante le disapprovazioni del padre, Cesare Sarfatti, un avvocato ebreo di Padova. Durante la luna di miele a Parigi, farà il suo primo acquisto Postimpressionista comprando delle opere di Henri de Toulouse-Lautrec. Successivamente, era l’’ottobre del 1902, si trasferiranno a Milano, in un appartamento in via Brera. Qui conoscerà personaggi come Filippo Turati, Gabriele D’Annunzio e Anna Kulischoff.

Tanti sono i libri pubblicati su Margherita Sarfatti, e il più recente, ed intimo è stato scritto da una delle sue discendenti Micol Sarfatti. Margherita Sarfatti, uscito poco più di un anno fa a cura dell’editore Perrone, è un piccolo volume di poco più di 90 pagine, che conduce, con leggerezza, alla riscoperta di colei che è stata la prima donna in Europa a scegliere la professione della critica d’arte. Noto è il suo impegno per i diritti sociali e femminili, quando ancora non erano temi considerati di rilevanza: un’anticipatrice dei tempi, che forse meriterebbe di essere riletta.

Nella foto in alto: Margherita Sarfatti fotografata da Mario Nunes Vais 1932, Collezione del Fondo Nunes Vais, (fonte: Wikipedia)