di Redazione
Domenica 27 ottobre, negli spazi della Biblioteca Astense di Asti, ha avuto luogo un pomeriggio di riflessione in ricordo della figura di Amos Luzzatto e del passaggio suo e della sua famiglia in questa cittadina piemontese, negli anni tra il 1977 e il 1985.
La sala della biblioteca era gremita da un pubblico composto sia da persone che avevano avuto rapporti con Amos negli anni della sua presenza, sia da persone più giovani che non lo hanno conosciuto, ma per cui, evidentemente, il suo passaggio ha lasciato un segno significativo. Presenti anche l’assessore alla cultura del Comune di Asti che portava i saluti del Sindaco, e il Sindaco degli anni in cui la famiglia Luzzatto abitava ad Asti.
L’evento è stato organizzato dal CEPROS, Centro per la promozione delle Opportunità di Socializzazione, un’associazione fondata da Paolo e Maria De Benedetti, intorno alla quale si sono aggregate diverse realtà e che, soprattutto, ha dato impulso agli studi ebraici nella città di Asti in quegli anni, nonostante l’esigua presenza ebraica in città.
L’incontro tra Amos e Paolo è stato fondamentale per entrambi ed è stato ricordato in tutti gli interventi della giornata. Era Paolo che lo aveva soprannominato “il Maimonide di Asti”.
A nome del CEPROS ha aperto l’evento Gianangelo Burini, in passato collega di Amos all’Ospedale di Asti. Nel suo intervento ha voluto ricordare tra l’altro il suo impegno nella politica cittadina, in particolare lo sforzo per una cultura di medicina preventiva diffusa nel territorio; ma il suo impegno politico non si è limitato all’ambito professionale, allargandosi al più ampio campo della coscienza civile, con prese di posizione sugli eventi di quegli anni, come le vicende polacche e il movimento Solidarnosc.
È poi intervenuto da remoto Massimo Giuliani, che ha ricordato il grande impegno di Amos e Laura, sua moglie e compagna (impensabile l’uno senza l’altra, ha detto Giuliani) nel dialogo ebraico-cristiano. Ha ricordato la loro presenza a tutte le riunioni annuali al monastero di Camaldoli, dove entrambi sedevano in prima fila ad ascoltare attentamente tutti gli interventi, sia ebraici sia cristiani. Giuliani ha sottolineato come un vero e attento ascolto fosse una caratteristica di Amos, la cui poliedrica figura difficilmente si può ridurre a un solo aspetto: equilibrio, apertura, curiosità, ironia, scetticismo.
Una personalità, quella di Amos, profondamente segnata dal periodo formativo vissuto nella Palestina mandataria negli anni della scuola, e sempre presente nei suoi discorsi. In quei lontani anni Amos ha vissuto e si è formato con suo nonno Dante Lattes, che fu anche maestro di Paolo De Benedetti anni prima che i due si conoscessero, cosa che fa scrivere a Paolo: “Amos e io eravamo – senza conoscerci – compagni di banco sotto lo stesso maestro”. Giuliani ha poi ricordato l’incontro di Amos con un’altra figura fondamentale nella sua formazione, e cioè Yeshayahu Leibowitz, che fu suo insegnante di biologia al liceo e che si muoveva nei due universi che costituivano anche il mondo di Amos, e cioè scienza ed ebraismo, educandolo a un approccio rigoroso e preciso. Giuliani ha anche menzionato gli studi di Amos sui maestri dell’ebraismo italiano, in particolare Ramchal, anche nelle sue opere minori, per evidenziare come la tradizione italiana insista particolarmente sugli aspetti etici dell’ebraismo.
Giorgio Mortara è poi intervenuto a nome dell’A.M.E., Associazione Medica Ebraica, di cui è presidente onorario e che ha contribuito a fondare insieme ad Amos. Mortara ha notato come il contributo dell’ebraismo alla medicina moderna si sviluppi intorno a questi cinque punti: la coscienza sociale; il rapporto medico paziente; il dovere del medico di studiare costantemente; la ricerca scientifica e l’insegnamento come dovere del medico; il rapporto di colleganza, e come tutti questi punti fossero centrali nell’opera di Amos.
Mortara ha continuato definendo Amos come “medico clinico, attento al sociale ed eticista particolarmente moderno perché già proponeva una visione del malato nel suo complesso e non solo nella sua malattia”. E ha precisato come “per questa sua visione globale del paziente, Amos riteneva utile la creazione di un’unica associazione italiana che raggruppasse tutti gli operatori della sanità medici, infermieri, psicologi, odontoiatri in modo da avere un’unica voce all’interno e all’esterno del mondo ebraico. Su questa base è nata la Associazione Medica Ebraica, cioè aperta a tutti gli operatori della sanità, anche non ebrei”.
L’intervento di chiusura è stato affidato a Gadi Luzzatto Voghera, direttore del CDEC e figlio di Amos che ha parlato a nome della famiglia ricordandolo attraverso un suo scritto che rievocava lo stretto rapporto di amicizia e collaborazione con Paolo De Benedetti negli anni astigiani e anche dopo, e ha chiuso il suo intervento leggendo una lettera che i tre figli avevano scritto in occasione del numero speciale della rivista Keshet uscito nel 2008 per festeggiare i suoi 80 anni.