Il negazionismo? Un progetto politico

Personaggi e Storie

di Laura Brazzo

“In assenza di prove, la Shoah andrebbe considerata una macabra leggenda”. Si conclude così Wissen macht frei – La conoscenza rende liberi. Introduzione al revisionismo dell’olocausto e critica allo sfruttamento della Shoah, il primo video negazionista italiano. Un’ora e trenta minuti tutti dedicati a smontare la “leggenda” delle camere a gas.

Nel forum di stormfront.org, il sito che promuove il video, si dice anche che gli autori del filmato sono “disposti a presentare il dvd nelle scuole (previa visione da parte dei professori) o durante incontri organizzati da associazioni di qualsiasi tipo, nessuna esclusa”. E ancora, si legge:
“Siamo perfettamente a conoscenza dei risvolti censori e repressivi a cui andiamo incontro… lo facciamo per due motivi: per dovere e per il gusto di sbugiardare i falsari”.

I negazionisti o “revisionisti” – come si definiscono fra di loro – si sono dati dunque una duplice missione: il dovere della (loro) verità, e il “piacere” di far uscire dalla menzogna gli “sterminazionisti” – tutti coloro che, nel linguaggio negazionista sostengono l’esistenza dello sterminio degli ebrei.

È a questo inquietante universo negazionista che Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, ha dedicato uno dei suoi ultimi libri, Se Auschwitz è niente. Contro il negazionismo (Il Melangolo, 2012). Nella lezione che ha tenuto lo scorso giugno a Milano, a conclusione del ciclo di incontri organizzati dalla Fondazione Maimonide, Donatella Di Cesare ha esposto le linee principali della propria riflessione (un punto di vista filosofico), sul negazionismo e i negazionisti.

“Il negazionismo -spiega Di Cesare- è un fenomeno di dimensioni molto vaste ormai anche in Italia. Sono rimasta scioccata dalla violenza con cui in internet, cioè in uno spazio pubblico, si nega l’esistenza delle camere a gas. Di fronte alla vastità di questo fenomeno ho cercato di pormi in termini nuovi, di riflettere cioè non tanto sulle ‘strategie’ utilizzate da chi nega, sul ‘come’ nega chi nega – con quali dati, quali numeri, quali argomenti-. Piuttosto ho cercato di indagare ‘i motivi’ che stanno dietro la negazione: perché nega, chi nega? Quali fini persegue? Il negazionismo, a mio avviso, non è tanto una questione storiografica, ma filosofico-politica.

Finora la responsabilità di rispondere e confrontarsi con il negazionista è stata affidata allo storico. Io ritengo che questa sia stata una scelta infelice, anzi direi proprio sbagliata. In genere si parte dal presupposto che il negazionismo sia un’opinione, e che dunque si debba rispondere loro attraverso altre opinioni. Ribattere ai negazionisti sul piano storico, significa in qualche modo legittimarli come storici -cosa che non sono!-. Ma c’è in tutto questo, a mio avviso, un errore di fondo: il negazionismo non è un’opinione bensì un progetto filosofico-politico.

I negazionisti, negando Auschwitz, stanno perseguendo un preciso progetto politico, lo stesso di cui furono portatori Hitler e i nazisti: lo sterminio degli ebrei d’Europa. La negazione, il negazionismo è qualcosa che riguarda non solo gli storici, ma tutti quanti noi come cittadini di una democrazia. Chi nega Auschwitz sta minando i fondamenti della democrazia. Non dobbiamo dimenticare che la nostra Europa democratica è sorta dalle ceneri di Auschwitz e chi le nega, nega l’Europa e i principi che ne stanno alla base. Per questo i negazionisti rappresentano un pericolo, e per questo il negazionismo, secondo me, va trattato come un reato”.

Chi sono allora i negazionisti e quali fini perseguono?

I negazionisti non sono un manipolo di pazzi, come normalmente si crede. Sono una galassia e appartengono a fronti diversi. Sono gli hitleriani di terza, quarta generazione che si richiamano a Hitler e al suo progetto politico. Ma sono anche gli anti-sionisti di sinistra, legati a vecchi schemi geopolitici; e sono i fondamentalisti islamici. Ciò che li accomuna tutti è la negazione delle camere a gas, del dispositivo delle camere a gas ovvero di quel che distingue la Shoah da qualsiasi altro genocidio. Negare l’esistenza delle camere a gas significa togliere singolarità alla Shoah ma anche insinuare che Hitler non ha raggiunto il suo obiettivo di distruzione totale degli ebrei. I negazionisti, nel loro insieme, sono i continuatori del progetto lasciato incompiuto da Hitler.

Lei parla del negazionismo come di un progetto filosofico-politico. In che cosa consiste esattamente questo progetto?

Prima di rispondere devo ricordare che la mia riflessione sul fenomeno ha preso avvio dalla contestualizzazione del negazionismo che si è tradotta per prima cosa nel tentativo di mettere in luce il nesso fra l’annientamento di ieri e la negazione di oggi. La prima cosa da osservare è che i primi negazionisti furono i nazisti stessi. La distruzione, l’incenerimento delle prove dello sterminio -gli elenchi dei deportati, i forni crematori, i corpi- sono state le prime forme di negazione. I nazisti volevano eliminare l’“eliminazione”. Nell’occultamento delle prove del crimine ritroviamo uno dei tratti tipici dei regimi totalitari, come dice Hannah Arendt. A questo però i nazisti hanno aggiunto un ulteriore elemento: la frantumazione della responsabilità del crimine e l’anonimato dei carnefici. Ad Auschwitz è stato evitato il faccia-a-faccia fra la vittima e il carnefice. Oggi, i negazionisti si stanno comportando allo stesso modo: insistendo sui particolari, anche i più minuti, allontanano e impediscono lo sguardo ampio, e d’insieme, sullo sterminio; impediscono il faccia-a-faccia con la Shoah.

La negazione della Shoah oggi si può sintetizzare in tre punti essenziali: le camere a gas non sono esistite; lo sterminio non ha avuto luogo; la Shoah è una favola, una menzogna.

Oltre al nesso fra annientamento di ieri e negazione di oggi,c’è un ulteriore legame, quello che lei stessa definisce “l’avvenire di una negazione”. Nega oggi, nega domani dove si finisce? Quando entra in gioco Israele?

I negazionisti, definendo la Shoah un mito, delegittimano ipso facto lo Stato di Israele: se la Shoah, dicono, è una favola, allora anche Israele è una favola. Per i negazionisti alla Ahmadinejad, la Shoah è la favola che gli ebrei vanno raccontando da anni e che hanno usato, fra la disattenzione del mondo, per insinuarsi in un luogo in cui non avrebbero dovuto insinuarsi. In questa visione negazionista della Shoah e di Israele è implicita la minaccia della negazione non solo del passato ma anche del futuro. È proprio in contesti come questi a mio avviso che va ripensata la ‘singolarità’ di Auschwitz. Auschwitz non è stata un’astrazione dalla storia: Auschwitz appartiene alla storia e agli uomini, e per questo occorre vigilare perché non si ripeta.

Nel suo libro e anche nel corso della sua lezione a Milano, ha citato il caso delle pietre di inciampo vandalizzate a Roma, con i nomi dei deportati profanati. Una minaccia di distruzione più ampia, questa, che getta una luce sinistra anche sull’avvenire. Un modo per sottolineare, come lei stessa ha detto, che il popolo ebraico non ha diritto a nessuna forma di esistenza, neppure su una lapide di ottone o pietra. Ma perché per i nazisti e per i loro epigoni, proprio gli ebrei fra tutti gli altri, non hanno diritto di esistere? Perchè sempre e solo gli ebrei?

Questa è una domanda molto complessa che rinvia a quello che si dovrebbe chiamare, con Levinas, “hitlerismo”. In genere si pensa al nazismo come ad una follia, ad una patologia. Il nazismo in realtà è stato un progetto politico ed ha ragione Levinas quando parla di una “filosofia dell’hitlerismo”. L’hitlerismo è una “apocalittica secolare” nella quale è scomparso il contesto del cristianesimo, sostituito da un paganesimo pre-cristiano. Se nella teologia cristiana, e in questo penso ad Agostino, l’ebreo è ancora necessario alla fine della storia come testimone, in un’apocalittica secolarizzata come quella hitleriana, l’ebreo non è più necessario alla fine della storia come testimone e quindi può essere eliminato subito. Quello che si è verificato, che è poi quello a cui mirava Hitler, è stata una guerra planetaria contro gli ebrei; uno scontro fra paganesimo ed ebraismo; il cristianesimo si è trovato all’interno di questa polarizzazione, posizione su cui la riflessione nel mondo cristiano è ancora aperta. Ecco quindi che i negazionisti riprendono quel progetto hitleriano di rimodellamento biologico del pianeta: per un mondo judenrein, per un mondo senza ebrei.