Il settimo giorno

Personaggi e Storie

di Luciano Assin

La fine della settimana di Pesach, la pasqua ebraica, durante la quale e’ proibito cibarsi di pane e cibi lievitati in genere e’ accompagnata da un assalto generale alle panetterie che lentamente riaprono all’imbrunire nel caso si parli di forni kasher o sono rimasti aperti durante tutta la settimana nel caso i gestori siano arabi. Non sara’ l’assalto al forno delle grucce descritto nei “Promessi sposi” ma poco ci manca. Ma l’ultima sera di Pesach in Israele e’ famosa soprattutto per un’altra ricorrenza che da anni e’ diventata un’istituzione nazionale: la “mimouna”. La mimouna si festeggia per l’appunto con la conclusione del Pesach ed e’ stata “importata”, se cosi si puo dire, dagli ebrei giunti dai paesi del Magreb ed in particolare dagli ebrei marocchini. L’idea e’ quella di aprire le proprie case a chiunque, offrendo tutta una serie di pasticcini ed altri dolciumi come augurio per il proseguimento di un anno dolce e prospero. L’augurio d’uso nell’occasione e’ “Tirvechu ve Tis’adu”, traducibile con prosprerita’ e successo. Si presume che l’usanza della mimouna, vecchia almeno di qualche secolo, sia legata al fatto che durante la settimana di Pesach le visite fra i vari conoscenti erano ridotte al minimo per il timore di consumare cibi considerati hamez e quindi proibiti. Per dimostrare ai propri amici ed ai conoscenti arabi che il motivo era legato alla stretta osservanza delle regole religiose e non a motivi personali si e’ sviluppata così l’usanza di ospitare chiunque passi nella zona.
La regina incontrastata in queste occasioni e’ la Mufletta, una specie di crepes ripiena di miele o marmellata, una vera e propria bomba calorica che rappresenta il terrore di chiunque abbia cura della propria linea. I padroni di casa aprofittano dell’occasione per tirare fuori dal proprio guardaroba tutta una serie di caffettani ed altri abbigliamenti tipici per aggiungere un tocco di esotismo all’atmosfera. Altri ingredienti, d’obbligo per aggiungere un tocco d’allegria ai festeggiamenti, sono canzoni orientali in genere e marocchine in particolare accompagnate da fiumi di Arak e the alla menta per chi abbia qualche problema nella digestione. Durante i canti ed i balli che proseguono nel corso della serata, e’ inevitabile il rito del “kulululu” una specie di ululato simile ad un grido di guerra indiano indispensabile durante gli avvenimenti felici quali fidanzamenti e matrimoni. La mimouna e’ diventata cosi popolare in Israele che fa parte dei servizi trasmessi dai telegiornali la sera della sua celebrazione e si e trasformata in un’avvenimento trasversale che coinvolge tutto il paese. Non c’e’ personalita’ politica che si rispetti che non faccia il suo bravo giro di famiglie per rafforzare la sua immagine di uomo legato alle usanze popolari ed ai suoi elettori, primo ministro compreso. Esistono altri festeggiamenti simili provenienti da altre comunita’ come la “saharana” presso i curdi e il “rosa baha” presso i persiani ma non sono assolutamente paragonabili alla mimouna dal punto di vista di imagine. Non c’e’ dubbio che un’usanza del genere faccia un certo effetto ad un visitatore a digiuno degli usi e della cultura israeliana, il fatto di poter entrare liberamente nelle case di perfetti sconosciuti per gozzovigliare e lasciarsi un po andare non fa certo parte della tradizione italiana, ma e’ indubbio che aprire la propria casa indistintamente a tutti seppure per una sera aiuta senz’altro ad avere un po’ piu’ di fiducia nel futuro del genere umano. Avete tempo fino al prossimo Pesach per organizzarvi, nel frattempo: ” Tirvechu ve Tis’adu”.