di David Zebuloni
Il rapporto degli israeliani con la Memoria è decisamente complicato. Se in Europa il ricordo della Shoah viene onorato e quasi consacrato, perlomeno dalle Comunità ebraiche locali, in Israele il ricordo della Shoah è una macchia, un’ombra. Se in Europa i superstiti vengono insigniti di premi ed onorificenze, in Israele i superstiti alla stessa tragedia vengono spesso e volentieri dimenticati e si ritrovano a vivere sotto la soglia di povertà.
Le ragioni che spiegano questo fenomeno sono complesse e spesso speculative. In molti associano l’ostilità degli israeliani nei confronti della Memoria, al conflitto medio orientale e alle sue ripercussioni. In sintesi, Israele è troppo occupata a sopravvivere per dedicarsi alle tragedie passate.
A smuovere coscienze e suscitare piccoli o grandi scalpori, vi sono film e libri abbastanza provocatori da riuscire a sviluppare dei dibatti sulla questione. Tra i tanti, troviamo il libro Il mostro della memoria, di Yishai Sarid. Un romanzo che racconta l’esperienza di uno storico della Shoah particolarmente cinico e apatico che lavora come accompagnatore di gruppi di studenti, politici ed ufficiali dell’esercito israeliano in visita ai campi di concentramento nazisti. Visite che a lungo termine gli causano uno squilibrio psicologico nel quale rischia di perdersi definitivamente.
“Possibile che l’obiettivo dell’autore fosse quello di criticare il nostro rapporto con la Memoria?”, si domanda la giornalista Telma Edmon in un articolo pubblicato sul Maariv. “Sì, no, forse, un po’. Allora, l’ironia dell’autore sulla questione è indiscutibile, ma il libro ci dice ben altro. Il libro ci spiega che l’Olocausto esiste dentro di noi quasi come fosse parte di una nostra mappa emozionale prenatale. Non servono sciocche esternazioni”. Secondo la giornalista la capacità di ricordare non è dunque un requisito necessario per il popolo ebraico, in quanto il ricordo fa già parte del suo DNA. Un’eredità indesiderata forse, ma fulcro di quel testamento morale che ci è stato lasciato da chi è stato ucciso per la sola colpa di essere nato. “L’obiettivo di Sarid non è quello di farci amare il suo protagonista, al contrario”, conclude Edmon. “Il cinismo del protagonista che si sviluppa nell’arco del racconto lo rende agli occhi del lettore un piccolo nazista. O peggio, un piccolo ebreo”.
“Senza perdermi in analisi psicologiche sul protagonista, credo che l’intento di Sarid fosse quello di dimostrare attraverso il modello dell’Olocausto come i giovani continuino a peccare di spietatezza nei confronti delle minoranze. Secondo l’autore infatti, avvolti nelle bandiere di Israele durante le loro visite nei campi di sterminio, gli studenti israeliani continuano a condannare gli arabi e a desiderare la loro morte”, commenta il giornalista Yoni Livne in un articolo pubblicato su Ynet. “Personalmente non sopporto quando si strumentalizza la Shoah per farmi la morale su questioni attuali”, conclude Livne.
“Il nuovo libro di Sarid non ha nulla a che fare con la Shoah, non parla di Shoah, anche se tratta solo di Shoah”, scrive la giornalista Keren Dotan sul quotidiano Israel Hayom. “Il suo libro parla di noi e dalla nostra capacità di approcciarci al ricordo. La tesi del libro è semplice: il compito di ricordare è stato conferito ad un gruppo di persone privo di qualsiasi capacità di farlo, privo di strumenti necessari per riuscirci.”
Che sia questa la condanna degli israeliani? Trascinarsi appresso il ricordo di una tragedia troppo grande da sopportare? O peggio, doversi dividere tra tragedie coniugate al passato e tragedie coniugate al presente?
“Bisogna essere molto coraggiosi, o molto incoscienti, per scrivere un libro come questo”, commenta il giornalista Elad Zeret su Yediot Ahronot. “Il mostro della memoria è un libro che non ha paura di affrontare un argomento così delicato e complesso per la società israeliana come quello del valore della Memoria”. Non solo una provocazione dunque, ma un atto necessario. Un tentativo violento e disperato di riappropriarsi di quel ricordo tanto scomodo quanto importante e necessario per l’identità dell’ebreo (e dell’israeliano) di oggi e di domani.