di Paolo Castellano
Il 15 marzo il network televisivo americano CNN ha intervistato Yuval Noah Harari. Lo storico, filosofo e scrittore israeliano ha parlato dell’emergenza Covid-19 e delle future strategie politiche che gli stati di tutto il mondo dovranno adottare per far fronte al pericolo sanitario.
Harari ha sostenuto che la globalizzazione non è la causa della propagazione del virus, facendo puntali paragoni con il passato. I muri, le limitazioni sui viaggi e il blocco degli scambi commerciali possono essere utili in un’ottica di quarantena temporanea ma su lungo periodo queste direttive sono tossiche e controproducenti. « L’altro grosso problema, più a lungo termine, riguarda la sorveglianza. Uno dei pericoli dell’attuale epidemia è che giustificherà misure estreme di controllo, in particolare, il riconoscimento biometrico, che sarà giustificato come mezzo per far fronte all’emergenza».
Harari è convinto che l’isolazionismo prolungato porterà presto a una riduzione delle libertà individuali e a un collasso economico. La possibile soluzione? «No alla segregazione e sì alla cooperazione tra gli stati». Questa la formula dell’intellettuale israeliano per vedere la luce in fondo al tunnel. Rispetto alle grandi epidemie passate, il mondo moderno ha infatti le tecnologie adeguate per affrontare diversamente le malattie altamente contagiose.
«La tecnologia può essere molto efficace. Ora disponiamo della tecnologia per monitorare la popolazione e scoprire, ad esempio, lo scoppio di una nuova malattia sul nascere, contenerla, seguire tutte le persone infette e sapere esattamente dove sono e cosa fanno», ha sottolineato Harari alla CNN.
Il controllo della tecnologia può dunque essere molto utile per contrastare l’aumento dei contagi da Covid-19. Tuttavia Harari avverte il pubblico: «Se non stiamo attenti, questa epidemia può giustificare lo sviluppo accelerato dei regimi totalitari […] Se le persone non credono alle informazioni che ricevono e non seguono le regole per fiducia, possono essere costrette a farlo da un regime onnipresente di sorveglianza. Questa è la strada pericolosa. Spero che non stiamo andando in quella direzione».
La trascrizione completa dell’intervista è disponibile sul sito di Gariwo.