La vita e le opere di Eva Hesse in un nuovo documentario

Personaggi e Storie

di Davide Foa

eva-hesseSi chiamava Eva Hesse, e il suo stile artistico avrebbe cambiato per sempre l’arte contemporanea.

“La vita finisce. L’arte finisce. Nulla ha importanza”. Questo soleva dire la Hesse, nota per le sue opere d’arte fatte con materiali non certo destinati a durare nel tempo, come plastica, lattice e vetroresina.

Morta ad appena 34 anni, nel 1970, per un tumore al cervello, l’artista ebrea tedesca influenza tutt’oggi lo stile di molti suoi colleghi o aspiranti tali.

Ed anche per questo, oggi, la sua vita e le sue opere sono al centro di un documentario ideato dalla regista ebrea americana Marcie Begleiter che, all’interno di un’intervista rilasciata al Times of Israel, ha affermato: “sono rimasta affascinata dalla donna che stava dietro questi lavori(…). Lei era complessa, ambigua e nevrotica. Era un essere umano straordinario”. In un certo senso, Begleiter si è sentita partecipe del dramma emotivo della Hesse. “Sono anche io donna ed ebrea. Abbiamo differenti storie personali, ma posso comprenderla (…)era una donna che combatteva in un mondo dominato da uomini e provava a riportare questa lotta su fogli di carta”.

La vita di Eva Hesse fu breve ma profondamente complessa. Nell’estate del 1939 la famiglia Hesse arrivò negli USA, appena prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Pochi anni dopo, nel 1946, la madre si suicidò, vinta dalla depressione, gettandosi da un palazzo di Mahattan.

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Eva Hesse, senza titolo (1969-70)

Le travagliate vicende familiari segnarono un solco indelebile nell’animo di Eva, che
comunque continuò gli studi riuscendo poi a laurearsi in Arti figurative presso l’università di Yale, nel 1959.

Nel 1965 tornò in Germania per un anno, seguendo suo marito, lo scultore Tom Doyle, che aveva ricevuto un’offerta di lavoro dall’associazione artistica Kunstverein. Fu nel suo paese natale che Eva iniziò a creare opere d’arte con materiali casuali, come plastica e corde.

I suoi lavori conobbero una fama notevole, specie quando Hesse rientrò negli Usa l’anno seguente. Tutt’oggi le sue opere sono custodite nei più prestigiosi musei d’arte contemporanea, come il Moma, il Pompidou e la Tate Gallery.

L’intero documentario della Begleiter, intitolato “Eva Hesse”, è costruito sulla lettura di scritti e lettere appartenenti o facenti riferimento all’attrice. Stando a questi documenti, emerge un personaggio sempre in bilico tra autostima e sfiducia, sempre in lotta per affermare se stessa come “artista e non come donna artista”, spiega Karen S. Shapiro, produttrice cinematografica.

Non mancano poi, all’interno del documentario, interviste ad artisti o storici dell’arte che ebbero l’onore di conoscere Eva, tra i quali gli artisti minimalisti Richard Serra e Carl Andre, generalmente riluttanti ad apparire sugli schermi. “L’hanno fatto per Eva”, spiega Shapiro che aggiunge: “ durante ogni intervista sembrava che Eva fosse nella stanza. Lei è davvero presente in queste persone”.