di Nathan Greppi
Il romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo, scritto da Mary Shelley quando questa aveva 19 anni e pubblicato per la prima volta nel 1818, è considerato uno dei grandi classici della letteratura gotica e dell’orrore, tanto che non si contano le opere ad esso ispirate tra cinema, televisione e teatro. Tuttavia, negli oltre 200 anni dalla sua pubblicazione, non sono stati pochi coloro che hanno ipotizzato una connessione tra la storia dell’uomo creato artificialmente e quella del Golem, anch’esso legato alla creazione dal nulla di un’entità dall’aspetto vagamente umano. L’ultimo in ordine cronologico è stato il giornale ebraico americano Forward, che lunedì 30 agosto ha pubblicato un approfondita analisi in merito.
La leggenda del golem affonda le sue radici nel Talmud per alcuni, nel Libro dei Salmi per altri. Tra chi si è occupato delle analogie tra le due storie vi è Cathy Gelbin, docente di Cinema e Studi Tedeschi all’Università di Manchester, autrice del saggio Was Frankenstein’s Monster Jewish?. In questo testo, la Gelbin afferma che il primo riferimento al golem risale al Salmo 139:16, dove compare l’espressione galmi, che in ebraico biblico vuol dire “massa informe”, “embrione”. Altre fonti nella letteratura rabbinica attribuirebbero il termine golem alla creazione dell’uomo, prima che Dio vi soffiasse dentro l’anima.
Sempre secondo la docente, le leggende sul golem hanno iniziato a diventare popolari solo a partire dal XII secolo, quando diversi cabalisti che vivevano in paesi di lingua tedesca parlarono di uomini artificiali creati a partire dall’argilla, ai quali era possibile dare vita.
L’idea di Frankenstein venne alla Shelley nel corso di una serata a Ginevra, dove lei e il marito Percy Bysshe Shelley (morto nel 1822 in Italia, più precisamente a Viareggio) si riunivano con altri celebri autori come Lord Byron per raccontare storie. Tuttavia, non è chiaro se lei conoscesse già il mito ebraico del golem oppure se le analogie fossero solo una coincidenza. Alcuni hanno associato il nome del Dottor Frankenstein a Jacob Frank, guida religiosa degli ebrei polacchi che negli anni ’50 del ‘700 arrivò a proclamarsi il Messia, nonché il successore del precedente presunto Messia Sabbatai Zevi. Tuttavia, la Gelbin ha respinto questa teoria, affermando che il nome Frankenstein è quello di un castello sul Reno, che la Shelley visitò nel 1814.
L’unica altra pista che potrebbe collegare il romanzo di Shelley al mito ebraico è un racconto sul golem scritto nel 1808 da Jacob Grimm, uno dei Fratelli Grimm, ma non è certo che lei conoscesse questo racconto nello specifico. Semmai, lei potrebbe aver attinto a un testo di poesia del marito, L’Ebreo errante del 1810, per raccontare il vagabondare della creatura per sfuggire alle persecuzioni della società.
Prima del Forward un’altra rivista ebraica, Tablet Magazine, si era posta la stessa domanda in un articolo del 2018. In tale occasione, anche il critico letterario Northrop Frye attribuì l’origine del termine golem al Salmo 139. Mentre la creazione della creatura da parte dello scienziato sarebbe più vicina all’idea di creare un “Nuovo Adamo”; infatti, anche il filosofo Gershom Scholem si riferiva al corpo di Adamo prima che gli venisse soffiata dentro l’anima come al “golem”. Il legame tra l’opera di Shelley e il mito del golem di Praga invece viene negato, poiché quest’ultimo avrebbe iniziato a diventare famoso solo dopo che l’autore ebreo tedesco Berthold Auerbach pubblicò in merito un romanzo nel 1837, ossia 19 anni dopo la prima pubblicazione di Frankenstein.
Anche il golem, nel corso del tempo, ha ispirato molte opere dal cinema alla narrativa, dall’animazione ai videogiochi: si pensi ai personaggi ad esso ispirati nelle serie dei Pokémon e I Simpson, o al romanzo Il Golem di Gustav Meyrink e all’avventura testuale omonima dell’autore italiano Tristano Ajmone.