Bambi

Le vere origini della storia di Bambi, metafora dell’antisemitismo

Personaggi e Storie

di Nathan Greppi
Quasi tutti lo abbiamo visto almeno una volta nella vita, ridendo e piangendo difronte alle vicissitudini del piccolo cerbiatto. Ma la storia che sta alla base di Bambi, il celebre film animato del 1942, presenta lati molto più oscuri rispetto al suo adattamento Disney, perché era la metafora di un contesto reale: le persecuzioni antisemite nell’Austria degli anni ’20.

Come ha raccontato a dicembre il Guardian, il 18 gennaio uscirà per la casa editrice dell’Università di Princeton una nuova edizione in inglese del romanzo originale Bambi, vita di un capriolo, scritto nel 1923 da Felix Salten, autore austriaco di origini ebraiche, il cui intento non era tanto scrivere un libro per bambini, quanto al contrario mettere in guardia gli adulti facendo parallelismi tra la caccia agli animali e la persecuzione di ebrei e altre minoranze nell’Europa del tempo. Per questo nel 1935 i nazisti misero all’indice il libro e ne bruciarono diverse copie.

Il romanzo originale di Salten è “un libro sulla sopravvivenza nella propria casa,” ha spiegato al Guardian Jack Zipes, traduttore dal tedesco della nuova edizione e docente emerito di letteratura tedesca all’Università del Minnesota. Fa notare come dal momento in cui è nato, Bambi deve sfuggire ai cacciatori che invadono la foresta e uccidono qualunque animale si trovano davanti.

Dopo che sua madre viene uccisa dai cacciatori, anche Bambi viene colpito, e pur venendo salvato alla fine rimane solo. “Alla fine, Bambi non sopravvive bene. È solo, completamente solo… è la tragica storia della solitudine degli ebrei e di altre minoranze,” ha affermato Zipes.

La copertina della nuova edizione in inglese di Bambi
La copertina della nuova edizione in inglese di Bambi

Nato a Budapest nel 1869 Salten, il cui vero nome era Siegmund Salzmann ma che aveva cambiato nome per nascondere le sue radici ebraiche dopo aver subito da giovane discriminazioni pesanti, all’epoca viveva a Vienna e faceva il giornalista. Secondo Zipes, potrebbe aver previsto in anticipo la deriva che avrebbe portato alla Shoah, in quanto già negli anni ‘20 tedeschi e austriaci incolpavano gli ebrei per la sconfitta subita nella Prima Guerra Mondiale.

Negli anni, non sono mancate opere d’animazione che raccontano storie di animali come metafora delle persecuzioni antiebraiche: ad esempio, il film animato del 1986 Fievel sbarca in America racconta la storia di una famiglia di topolini ebrei nell’Impero Russo di fine ‘800, che a causa dei pogrom causati dai gatti emigrano negli Stati Uniti nella speranza di potervi vivere in pace. Mentre nel celebre cartone in stop motion del 2000 Galline in fuga, il pollaio dove sono rinchiuse richiama un campo di concentramento nazista; non a caso, il regista Nick Park disse di essersi ispirato al film del 1963 La grande fuga, dove un gruppo di internati mette in atto un’evasione.

Quando l’Austria venne annessa alla Germania nel 1938, Salten fuggì in Svizzera. In precedenza, aveva già ceduto per soli 1.000 dollari i diritti per adattare il libro a un regista americano, e questi li aveva a sua volta ceduti alla Disney; lo scrittore non guadagnò niente dal successo del film animato. Privato della cittadinanza austriaca dai nazisti, trascorse i suoi ultimi anni di vita a Zurigo, dove morì nel 1945, in completa solitudine. Proprio come il cerbiatto del suo romanzo.