di Ilaria Myr
Questo mese vi proponiamo per questa rubrica l’approfondimento su una parola che, pur non essendo legata nella sua etimologia o origine al mondo ebraico, è però, purtroppo, molto presente nell’attualità. Parliamo del verbo “boicottare”, da anni – e da dopo il 7 ottobre più che mai – richiesto a gran voce contro tutto ciò che è legato a Israele (vedi le attività del movimento BDS) e, negli ultimi tempi, perfino nel mondo accademico (che dovrebbe essere per eccellenza luogo di scambio di cultura e dialogo).
Come spiega l’Accademia della Crusca, il termine boicottaggio deriva dal nome del capitano inglese Charles Cunningham Boycott (1832-1897), un amministratore terriero vissuto nel XIX secolo in Irlanda. Come amministratore del conte di Erne, affliggeva vessazioni ai contadini suoi dipendenti.
Fu così che la Lega irlandese dei lavoratori della terra, l’Irish Land League, lanciò nel 1880 una campagna di isolamento e non collaborazione contro Boycott: non solo i contadini ma l’intera popolazione della contea di Mayo interruppero i rapporti e i servizi con Boycott e la sua amministrazione. I vicini di casa iniziarono a non parlargli, in chiesa nessuno si sedette più vicino a lui o gli rivolse la parola, non fu più servito nei negozi né ebbe più braccianti da ingaggiare per il raccolto nelle tenute che gestiva.
Il fatto ebbe forte eco nell’opinione pubblica inglese, anche perché lo stesso Boycott denunciò la situazione con una serie di lettere-resoconti al Times. Le terre del conte cominciarono a inaridire e Boycott fu licenziato. Ma il governo inglese, non accettando l’insubordinazione irlandese, decise di intervenire, inviando una scorta militare per proteggere Boycott, che fu costretto comunque a lasciare l’Irlanda il 1º dicembre dello stesso anno.