Lo sapevate che? Dalla saggezza della Torà: due pesi, due misure

Personaggi e Storie

di Ilaria Myr

Quante volte, leggendo i giornali, ci siamo detti che i media usano “due pesi e due misure” (soprattutto quando si parla di Israele)? Questa è un’espressione molto usata in italiano, che ha un’origine antica, addirittura nella Torà (come anche “chiudere il cerchio”, di cui abbiamo parlato nel numero di dicembre 2024 di Bet Magazine).
Questo concetto si ritrova infatti nella Parashà Ki Tetzè, nel libro di Devarim, in cui vengono date al popolo ebraico molte regole pratiche da seguire nei rapporti con gli altri e che in molti casi costituiscono tutt’oggi la base dei contratti di lavoro. Dal verso 13 al 15 del cap. 25 si dice: “Non avrai nel tuo sacchetto due pesi diversi, uno grande e uno piccolo. Non avrai in casa due tipi di efa (l’unità di misura ebraica della massa), una grande e una piccola. Terrai un peso completo e giusto, terrai un’efa completa e giusta, perché tu possa avere lunga vita nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà, poiché chiunque commette tali cose, chiunque commette ingiustizia è in abominio a Signore”.

Per capire questa metafora basata sui due pesi bisogna considerare lo strumento con il quale si facevano operazioni di pesatura, dall’antichità fino al secolo scorso, ovvero la bilancia a due bracci. “Per pesare un oggetto, lo si poneva su un piatto mentre sull’altro piatto si mettevano dei gravi di metallo (pesi campione) di cui si sapeva esattamente il peso – spiega l’Accademia della Crusca -. Quando i due piatti della bilancia risultavano in equilibrio, si contava il peso complessivo dei campioni, ottenendo così quello dell’oggetto. Usare due pesi significava usare, per un medesimo oggetto, una volta un campione leggero per vendere, una volta un campione pesante per comprare. Anche per la misura, come unità di lunghezza, si poteva verificare la stessa tipologia di frode”.

 

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