di Ilaria Myr
“Me la sono legata al dito!”. “Quando gliel’ho detto è rimasto di sale”. “Non nasconderti dietro a una foglia di fico!”. Chiunque almeno una volta nella sua vita ha pronunciato uno di questi modi di dire, tutti molto concreti nell’immagine a cui rimandano e riconducibili alla Bibbia ebraica.
“Legarsela al dito”, nel senso di non dimenticare un torto subito, sembra che derivi dall’usanza antichissima di portare addosso, soprattutto alla mano, un segno qualunque per ricordarsi di qualcosa. Se ne trova traccia già nella Bibbia (Esodo,XIII,9 e 16; Deuteronomio, VI,8,XI,18), nel Vangelo di Matteo (XXIII,5), e negli usi dei popoli orientali. Gli ebrei, in particolare, si legano intorno a un dito e alla testa i tefillin, i filatteri costituiti da lacci di cuoio collegati alle scatole in cui è contenuta la preghiera.
“Restare di sale”, per dire che una persona resta “impietrita” da un avvenimento, si riferisce all’episodio biblico della distruzione di Sodoma e Gomorra, riportata nel capitolo 19 della Genesi. Vi si dice che prima di sterminare i suoi abitanti, Dio inviò due angeli a salvare Lot (nipote di Abramo), unico uomo giusto di Sodoma, a cui fu ordinato di fuggire con la famiglia senza mai voltarsi a guardare lo spettacolo della distruzione. Ma mentre Dio scatenava una pioggia di zolfo e di fuoco sulle due città, la moglie di Lot si voltò indietro a guardare «e fu trasformata in una statua di sale». Nella regione a sud del Mar Morto si vedono numerose rocce saline, alcune delle quali di forma vagamente umana (nella foto in alto).
Infine, l’espressione “nascondersi dietro una foglia di fico” si riallaccia a quello che fecero Adamo ed Eva che, dopo aver scoperto di essere nudi, si coprirono con foglie di fico (Genesi 3:7). Una copertura non ottimale, che ha dato origine a questa metafora usata per intendere il gesto di coprire maldestramente qualcosa che si vorrebbe celare, un’azione, un sentimento, un oggetto, un’intenzione. Talmente maldestramente, che si fa brutta figura, peggiorando la situazione.