La Nave Exodus

Luglio 1947: inizia l’odissea della nave Exodus, dall’Europa alla Palestina mandataria e ritorno

Personaggi e Storie

di Marina Gersony
Ricorre in questi giorni l’odissea della «Nave Exodus», in ebraico Yetzi’at Eiropa Tashaz, conosciuta anche come President Warfield; una storia appassionante e incredibile che ha affascinato milioni di persone in tutto il mondo e ispirato scrittori e registi nel corso dei decenni.

Cosa accadde in quel lontano 11 luglio del 1947? Dove era diretto quel vecchio piroscafo battente bandiera dell’Honduras e salpato da Sète, un piccolo porto a sud della Francia e diretto in Palestina? Perché proprio quell’imbarcazione da diporto, progettata una ventina di anni prima negli Stati Uniti per trasportare 400 passeggeri e fornita di 200 camere, e poi modificata per accogliere un numero maggiore di profughi ebrei?

Il viaggio Exodus ebbe luogo poco prima della fine del mandato britannico e della fondazione dello Stato di Israele. Era stato pianificato dall’Haganah – una delle organizzazioni ebraiche più attive nell’organizzare i trasferimenti di ebrei verso la Palestina – e reso operativo dalla Mosad Le’Aliya Bet, agenzia che aiutava gli ebrei a immigrare illegalmente nella Palestina Mandataria. L’organizzazione ottenne una vecchia nave americana, la President Warfield, che caricò nel luglio 1947 degli ebrei, per la stragrande maggioranza sopravvissuti all’Olocausto, raccolti nei campi profughi in Germania. Si trattò di un’operazione audace che vide 4.515 passeggeri, tra cui uomini, donne, bambini, giovani e anziani, salpare da quel piccolo porto nel sud della Francia per affrontare il mare aperto e procedere di tappa in tappa cercando di non farsi sorprendere dal nemico e arrivare indenne nell’amata terra.

Secondo le ricostruzioni storiche, prima di giungere nel porto di Sète, la Exodus passò per Marsiglia e quindi nel cantiere dell’Olivo a Portovenere, in provincia di La Spezia, dove fu predisposta per accogliere più persone possibili rispetto alla capienza iniziale della nave. Il nome fu cambiato in «Exodus 1947» riferendosi e ricordando la lotta dei sopravvissuti alla Shoah alla migrazione biblica del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana verso la libertà. Al momento della partenza i clandestini ebrei intonarono l’Hatikvah che in seguito sarebbe diventato l’inno di Israele. Le cronache raccontano di come i passeggeri si fossero preparati a un eventuale blocco britannico, addestrandosi e armandosi per la resistenza con bottiglie, salvagenti, tubi di metallo e lattine.

Prima di raggiungere le acque obbligatorie, gli inglesi avevano studiato infatti nei dettagli la struttura del piroscafo per pianificare l’assalto. Verso le 2 del mattino del 18 luglio essi cercarono di convincere il capitano a interrompere il viaggio della nave verso la Palestina. Ma la richiesta venne ignorata e la nave fu assalita dai britannici e costretta ad attraccare a Haifa. La battaglia si concluse con tre morti e diversi feriti. I clandestini vennero quindi chiusi in campi di concentramento a Cipro fino a quando il governo britannico decise di riportarli in Francia caricandoli su tre navi. Giunte a destinazione, le navi galleggiarono sulla costa per tre mesi fino a quando, la mattina del 29 luglio, il governo francese decise che non avrebbe costretto i clandestini a sbarcare, a meno che non lo avessero fatto di loro spontanea volontà. Nei giorni a seguire la maggioranza dei loro, sempre più determinata a raggiungere la Palestina, rimase a bordo delle navi ancorate a Port-de-Bouc, a ovest di Marsiglia, nonostante il governo francese avesse deciso di concedere asilo a coloro che avessero deciso di scendere a terra.

Stava diventando una questione sempre più complessa; una questione internazionale, politica e diplomatica. Furono soltanto 138 gli ebrei che decisero di lasciare le navi. Gli altri rimasero a bordo. Così, il 22 agosto, dopo circa quattro settimane, le tre navi lasciarono Port-de-Bouc per dirigersi in Germania. Qui ebbe inizio un’altra storia che vide i profughi ebrei disperdersi e andare incontro a destini diversi: alcuni vennero dislocati in due dei campi temporanei allestiti in Germania, altri riuscirono a raggiungere la Palestina  grazie alle organizzazioni ebraiche e altri ancora furono trasferiti a Cipro dove rimasero fino al riconoscimento dello Stato di Israele, nel 1948. L’intera vicenda drammatica e rocambolesca fece a quel punto il giro del mondo e l’immagine del governo britannico non ne uscì bene.

In chiave romanzata, la storia dell’Exodus (o parte di essa) venne raccontata negli anni successivi nel noto film Exodus del 1960 diretto da Otto Preminger, e la si può anche leggere nell’altrettanto noto libro Exodus di Leon Uris, pubblicato in italiano da Sonzogno nella collana Bestseller.