di Ilaria Ester Ramazzotti
Intervista al nuovo direttore Amedeo Spagnoletto che pensa a uno spazio espositivo per valorizzare il patrimonio ebraico italiano e presentarlo a scuole e turisti (anche) internazionali. Intanto prepara la mostra clou del 2021 Oltre il ghetto. Dentro e Fuori che farà conoscere gli ebrei da diverse prospettive; contro il pregiudizio, collaborazioni e sinergie
«Vorrei focalizzare su alcuni punti le future proposte e impegni. Fra questi, l’assistenza e l’impulso culturale alle comunità ebraiche, di modo che, specialmente le comunità più piccole che non hanno molte possibilità di proporre grandi iniziative, possano fare delle cose ‘in grande’, possano trovare nel MEIS un punto di riferimento e un trampolino di lancio, una platea, un palcoscenico. Vorrei che il museo offrisse alle comunità ebraiche il modo di ‘tirar fuori’ gli splendidi oggetti che possiedono, che magari per ragioni organizzative non hanno la possibilità di metterli in luce come meriterebbero. Altro punto: la didattica. Su questo vorrei lavorare alla luce dei valori di fratellanza, tolleranza, integrazione e solidarietà. Una delle missioni che il MEIS si è dato è lavorare insieme a tutte le scuole del centro-nord per fare in modo che il museo diventi un polo di aggregazione e di rimozione delle diseguaglianze e dei pregiudizi». Così spiega ai nostri lettori Amedeo Spagnoletto, 52 anni, una laurea in Scienze Politiche all’Università La Sapienza e una Rabbinica presso il Collegio Rabbinico di Roma, un diploma di Sofer (lo scriba rituale e restauratore di testi ebraici) dell’Istituto Zemach Zedeq di Gerusalemme e uno in Biblioteconomia della Scuola Vaticana, già Rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze. Succede come direttore del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah MEIS a Simonetta Della Seta, chiamata a Gerusalemme dallo Yad Vashem. Lo abbiamo incontrato per approfondire le sue proposte e i suoi progetti, non ultimo lo sviluppo del turismo ebraico in collaborazione con il Comune di Ferrara e con l’estero.
La grande platea dei ragazzi
«Questo è un punto importantissimo, che deve distinguere il MEIS nel panorama dei musei ebraici italiani: la sua missione deve mirare alla grande platea dei ragazzi delle scuole, che non conoscono e non hanno alcun contatto con l’ebraismo. Dal punto di vista della loro crescita e formazione è per noi importante rivolgersi ai ragazzi che, nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza, non possono far germogliare e radicare dentro sé i pregiudizi e le ostilità verso il diverso – sottolinea il direttore Spagnoletto -. Questa è un’area critica dell’Italia, anche oggi che c’è la necessità di integrare lo straniero. Ma questo è collaterale, perché il pregiudizio c’era prima e ci sarà anche dopo questa fase storica, a prescindere dalla presenza degli stranieri. Certamente,quella dell’integrazione resta una grande sfida e noi dobbiamo fare la nostra parte, mostrare come è possibile vincerla con una serie di valori e a partire dai giovani». Sviluppare una maggiore conoscenza della cultura e della storia ebraica è così un modo per lottare contro il pregiudizio e accrescere nei ragazzi i valori di solidarietà e di maggiore empatia. La storia millenaria degli ebrei italiani può mostrare come il pregiudizio e la tragedia abbiano segnato la vita delle comunità ebraiche, ma può anche insegnare che la solidarietà e la convivenza fra culture e identità diverse siano valori e prospettive tanto auspicabili quanto possibili. In questo senso, la prossima mostra del MEIS metterà in luce il mondo ebraico visto da dentro e da fuori il ghetto, un mondo colto fra pregiudizio esterno e vita comunitaria, fra separazione e integrazione con la società circostante, fra tragedia e riscatto.
La terza grande esposizione del MEIS, Oltre il ghetto. Dentro e Fuori, sarà inaugurata nel marzo 2021, dopo essere stata prorogata di un anno a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19.
La collaborazione con le piccole comunità ebraiche
«Si tratta di un tema identitario. Credo infatti che risvegliare l’identità ebraica passi anche attraverso l’orgoglio di un passato glorioso, che tuttavia non si riesce a valorizzare. A Ferrara c’è una antica comunità, oggi con un numero di membri assolutamente ridotto. Così il racconto di questo passato è difficoltoso. La piccola comunità può tuttavia trovare sponda al MEIS, partecipando a un gioco favorevole a entrambe le parti, nel rispetto delle reciproche competenze e della gestione degli spazi. Il museo può farsi interprete della comunità, di ciò che vorrebbe raccontare a chi viene a visitarla. Da parte sua, il MEIS non ha né una grande collezione né tanto meno una scola, una sinagoga, da mostrare. Ma per raccontare una storia non si può prescindere dalla presenza di oggetti e luoghi esplicativi, per quanto si possano utilizzare strumenti multimediali e tecnologie con modalità narrative alternative. Gli stranieri che vengono a visitare il museo dell’ebraismo italiano vogliono vedere i tesori dell’Italia ebraica e non dobbiamo deluderli. Pensiamo a quanto sia formativo, istruttivo e veicolo di informazioni il solo fatto di entrare fisicamente in un tempio ebraico. La Ferrara ebraica possiede ben tre sinagoghe adatte a questo scopo. Il MEIS, a sua volta, possiede gli spazi volumetrici, le competenze, le tecnologie, l’organizzazione e il budget per consentire un altro tipo di visita. Colmando la minima distanza che esiste fra questi luoghi potremmo creare un percorso unico e integrato. Intendiamoci, a Ferrara il rabbino è sempre disponibile a ricevere scolaresche, ma unire i percorsi sarebbe come trovare l’anello mancante». «Non possiamo raggiungere tutte le altre piccole comunità portandoci dei visitatori – sottolinea Spagnoletto -, ma queste posseggono dei tesori che loro stesse vorrebbero valorizzare e che non sempre riescono a gestire, per mancanza di risorse. Può trattarsi di fondi librari, di elementi d’arredo delle sinagoghe o di altri beni che, se esposti al MEIS, verrebbero valorizzati e inseriti in un percorso narrativo esaustivo. Le piccole comunità, in autonomia, possono invece pensare di trasferirli senza oneri e temporaneamente al MEIS, che può altresì farsi carico di eventuali restauri. Le comunità ne rimarrebbero proprietarie e il MEIS ne garantirebbe la tutela. L’antico Sefer Torà di Biella, conservato nella sinagoga di Vercelli, negli ultimi anni è stato utilizzato solo due volte da un minyan, in occasione di due Bar-Mitzvà. È stato un prestigio e un orgoglio poterlo utilizzare, ma è stato anche valorizzato al MEIS, dove è stato esposto per alcuni mesi».
I progetti con il Comune di Ferrara e con l’estero per lo sviluppo del turismo Ebraico
Nel consiglio di amministrazione del MEIS, da statuto, c’è anche un rappresentante del Comune di Ferrara, con il quale sono in corso progetti di rilancio del turismo in città che coinvolgono il museo, le tre sinagoghe, le strade dell’antico ghetto e il cimitero ebraico. «Ho incontrato il sindaco Alan Fabbri – spiega il direttore Spagnoletto -, che ha espresso la massima disponibilità a sostenere le iniziative del MEIS. Stiamo inoltre esplorando delle partnership che vadano oltre le sole iniziative culturali e che abbraccino lo sviluppo del turismo. Abbiamo bisogno di creare relazioni con tour operator e con l’estero, oltre che garantire dei servizi ebraici, dal ristorante kasher alla possibilità di trascorrere lo Shabbat a Ferrara. Un ebreo che viene in città da oltreoceano deve potersi sentire ‘a casa’, altrimenti avremo solo un turismo ebraico mordi e fuggi, fatto di persone che poi vanno a dormire e mangiare a Venezia o altrove».
La Ferrara ebraica, molto conosciuta attraverso canali letterari e storici (pensiamo al libro di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini), potrebbe così veder aumentare la sua attrattiva turistica in senso attuale e concreto. «Dobbiamo far sentire ai turisti ebrei che Ferrara potrà accoglierli in pieno ed è sensibile alle loro esigenze», evidenzia il direttore. Anche il MEIS, unendo il suo percorso espositivo alle visite dei preziosi luoghi ebraici della città estense, ricchi di un fascino e di un richiamo antichi che parlano di una storia secolare, potrà essere protagonista e motore di accoglienza lungo un percorso storico, architettonico e urbanistico unico e senza pari. «Per fare questo dobbiamo collaborare con la Comunità ebraica, col sostegno delle istituzioni locali». Accanto a tutto ciò, è in corso di valutazione un progetto che coinvolge gli enti locali, il MEIS e il Comune di Toledo in Spagna per gemellare le due città e i rispettivi musei ebraici. «Credo che sottolineare il legame storico fra la Ferrara ebraica e il mondo sefardita sia un’esigenza imprescindibile – conclude Amedeo Spagnoletto -: la città fu rifugio di esuli provenienti dalla Spagna e dal Portogallo durante tutto il Cinquecento, che qui hanno ricostituito le loro comunità e aperto stamperie, lasciandoci in eredità la loro cultura. Il MEIS, a prescindere dal gemellaggio, si deve fare interprete di questo storico rapporto, sviluppando un percorso culturale e una serie di iniziative capaci di mettere in risalto l’intensa relazione col mondo sefardita».