di Ester Moscati
Un appunto scritto dietro il conto del ristorante: “Il successo letterario, di giornalista, di persona tra le persone, è andato un po’ così. Ne rimpiango quel di più che non mi è riuscito di avere, e meritavo. Ma ho avuto tante altre cose: alcune, forse, inconciliabili con le prime. Sicché tutto sommato, è un conto come questo, saldato”. Ne avranno da fare di scoperte, i figli di Guido Lopez, tra le sue carte. Ha lasciato una casa colma di libri, appunti, pensieri, di una vita straordinariamente ricca e “ben frequentata”, si può dire, fin dalla nascita: il padre Sabatino, livornese, autore di teatro e critico letterario e poi il fratello maggiore Roberto, medievista di fama internazionale. E naturalmente la formazione professionale nella Mondadori del dopoguerra, dove i suoi compagni di scrivania si chiamavano Vittorini, Calvino, Bettiza, Moretti. E poi gli incontri in città con gli autori di passaggio a Milano, da Thomas Mann a Hemingway, da Simenon a Faulkner.
Guido Lopez era ben consapevole di sé ma sempre con ironia, bonarietà; è stato un vero “personaggio” della Milano ebraica, e di Milano tout court, che conosceva come pochi e amava a modo suo, con passione e dedizione. Della morte, che lo ha colto a Milano il 3 dicembre, poco prima di Shabbat Chanukkà, scriveva, in un appunto a proposito di un articolo sul Cimitero Monumentale: “Sopravvivere alla morte è quanto si vorrebbe, non potendo scamparne. Quelli là ci provano con le tombe e le epigrafi, più o meno tutti con i figli (o i nipoti, se restano single), io con i libri e altre opere, oltre ai figli. Le mie e di Papà o di Roberto e gli epistolari”.
Per i milanesi è imprescindibile il suo libro, Milano in Mano pubblicato da Mursia nel 1965 e che ha avuto poi 15 edizioni rivedute e aggiornate, dove i luoghi della città sono raccontati dalla A alla Z, attraverso i tempi, gli uomini, le piccole storie nella grande Storia. Ma il Guido “judìo” lo troviamo nei tanti saggi sulla Rassegna Mensile di Israel e nelle rassegne librarie in Sorgente di vita.
La ricerca delle radici della propria città lo ha portato ad esplorare lo scenario della vita milanese sotto il dominio degli Sforza. Ha riscoperto la vicenda delle nozze fra Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, attraverso la rilettura delle lettere di Jacopo Trotti, ambasciatore del duca d’Este alla corte ducale milanese: nasce così Festa di Nozze per Ludovico il Moro (Valentino De Carlo editore, 1976, ristampato presso Mursia nel 2008). Scartabellando fra le lettere del Trotti, Guido scovò una lettera in cui l’ambasciatore chiedeva al duca d’Este di avere ancora “di quel salame d’oca delli zudei che al duca di Milano piace moltissimo”. Dagli anni Ottanta, Lopez si butta a capofitto nell’esplorazione di quel periodo di vita meneghina, attorno a Ludovico e al suo più famoso collaboratore, Leonardo da Vinci. Esce da Mursia La roba e la libertà (1982) ristampato come Leonardo e Ludovico, da Camunia Moro! Moro! (1992), da Newton & Compton I Signori di Milano (2003), ed infine Storia e storie di Milano (2005).
Guido Lopez, classe 1924, scrittore, giornalista, è stato una penna felicissima nella narrazione come nel mondo della pubblicità alla J. Walter Thompson Italia, come nelle pagine milanesi del quotidiano La Repubblica e del settimanale politico e di opinione Il Diario. Anche grandi nomi della fotografia (Fulvio Roiter, Mario de Biasi, Maria Mulas) sono stati per Guido compagni di viaggio alla scoperta di Milano e della Lombardia, di paesaggi, monumenti e stili che ha raccontato nei libri fotografici.
Tra i riconoscimenti ricevuti, l’Ambrogino d’Oro dell’Assessorato Cultura del Comune di Milano e la Medaglia d’Oro della Provincia.
Il figlio Fabio, nell’ultimo saluto, ha ricordato così il suo ebraismo “Ebreo nel senso completo e totale del termine, laico, non religioso; il suo ebraismo permea tutto, e lo ha trasmesso anche a noi. La sua passione di scout della cultura e della storia lo ha portato a scavare nel mondo della letteratura e della cultura ebraica, da Sholem Aleichem ad Eugenio Levi; non si può non sottolineare l’intenso rapporto con Primo Levi, così come la sua partecipazione attiva alla vita della Comunità, anche quale Consigliere, sempre come anima critica e attenta alle prospettive dell’ebraismo. Mai passivo. Una matrice dell’essere ebreo è passata attraverso la sua carica ironica e il linguaggio schietto che emergeva sia nella sua vita pubblica che in quella privata. La sua capacità di parlare e di organizzare, senza essere necessariamente un leader (non lo è mai stato), lo ha aiutato a gestire per oltre trent’anni l’Università Popolare di Milano”. Guido, il Gugo o il Pippo nel lessico familiare, lascia la sua compagna di vita per oltre 61 anni, Gigliola, i due figli Fabio e Irene, due nipoti.