Nina Cassian: i versi, il Danubio, la passione di un’anima in trincea

Personaggi e Storie

di Giovanna Rosadini Salom

Di lei, fino a ieri, si sapeva poco o nulla. Oggi si conoscono i fiammeggianti, febbrili versi, tradotti finalmente anche in italiano da Adelphi nella corposa raccolta C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007, pp. 301, euro 25). Vitalismo, sentimento tragico ed esuberante del vivere, un’esistenza spesa sopra le righe, raccontata con un timbro da soprano leggero e guidata da una furibonda volontà di creare (“Un piede nella fossa/ e l’altro sulla tigre impallinata/ – così vedo/ la mia sconfitta e la mia vittoria/ in questa scena venatoria»). Sui suoi versi e la sua musica (è anche una pianista eccellente), domina lo sfondo di disperazione generato dalle tragedie europee del XX secolo che scorrono come un nastro trasportatore tra una poesia e l’altra, tra un’invettiva e una nota sconsolata, dalla Seconda Guerra Mondiale, al comunismo in Romania, alla fuga negli States… («Ah, ricordo ancora bene quel dolore!/La mia anima colta di sorpresa/saltava come una gallina con la testa mozza»). La vicenda umana e artistica di Nina Cassian è appassionante, somiglia alla cavalcata felina di una tigre attraverso un secolo tragico, la sua spudorata veemenza, il suo composto furore, ci lasciano ammirati. Leggendola, – perdonatemi una digressione personale -, è impossibile per me non pensare al mio indimenticato suocero, Marcello Salom, nato a Galatz come questa grande poetessa ebrea romena. (Impossibile per me, non ripensare anche alla figura mitica per i nipoti, – fra cui mio marito Paolo -, di nonna Aurica, all’anagrafe Golditsa Nathanson, rossa di capelli come Nina Cassian e come lei eccentrica e passionale.) Della stessa generazione è Nina Cassian (pseudonimo di Renée Annie Cassian), nata nel 1924 e oggi residente negli Stati Uniti, dove vive dal 1985, dopo aver chiesto asilo politico (a causa dei problemi col regime comunista romeno), a seguito di un invito ricevuto per tenere un corso di “Scrittura creativa” all’università di New York.

Di formazione ebraica, cresce a Brasov, in Transilvania, dove vive e studia fino al 1935. Figlia d’arte di Iosif Cassian-Matasaru, talentuoso traduttore di grandi autori classici da Goethe a Heine, da Brecht a Alfred Margul Sperber (a lui è conferita la Medaglia al valore nella Prima guerra mondiale), Nina risponde bene agli stimoli del contesto familiare che si sommano a quelli dei diversi ambienti con i quali la giovane entra in contatto. Fino all’approdo a Bucarest, la capitale, dove continua gli studi di pianoforte (con il musicista Constantin Silvestri), e composizione musicale, materie in cui eccelle, insieme alla pittura e alle lingue straniere. A ciò si aggiunge il talento letterario, manifestatosi in giovanissima età con la composizione dei primi poemi. All’avvento del fascismo in Romania, la giovane Cassian è costretta a lasciare l’istituto dove studia per entrare in una scuola ebraica femminile, annessa alla sinagoga – destino comune, del resto, a quello dei suoi giovani coetanei nel resto d’Europa.

Nel 1943, Nina sposa Vladimir Colin, un giovane poeta ebreo e comunista da cui divorzierà quattro anni dopo, per sposare il critico letterario Alexandru Stefanescu, di dieci anni maggiore di lei. Con lui rimarrà sposata fino alla sua morte, nel 1985 – anno dell’invito a New York, dove poi deciderà di rimanere, stabilendosi negli Usa («Pur se verrò sepolta/ in una terra aliena:/ risorgerò un giorno/ nella lingua romena»). Ma il grande amore della vita, la persona con la quale Nina Cassian ha avuto una lunga relazione elettiva, basata sulle affinità creative e la comune sensibilità ebraica, non è però stato il marito, ma il grande poeta ebreo romeno di lingua tedesca Paul Celan. Sulla loro amicizia si è scritto molto, definendola “una lunga fedeltà”. L’eco della voce di Celan è chiaramente avvertibile nelle poesie di Nina, che d’altra parte lo ha tradotto in romeno ed è stata la sua musa per tutta la vita. Così l’amico poeta Petre Solomon ricorda gli albori della loro amicizia, in una lunga testimonianza: «Nina Cassian era la personalità femminile dominante nella nostra cerchia… Pubblicata in diverse riviste dell’epoca, aveva iniziato a imporsi con una voce lirica distinta – una voce forte e acuta… -. Alla sua grande intelligenza si aggiungeva un’inimitabile capacità di espressione, tagliente e sferzante. Dotata, in egual misura, di abilità poetiche, musicali e pittoriche, Nina aveva inoltre uno straordinario talento teatrale, manifestato tanto in pubblico – durante le riunioni letterarie – quanto in privato davanti ai suoi amici, sempre molto numerosi… Paul era affascinato dalla personalità di Nina Cassian, e in quest’attrazione rientrava anche una buona dose di timore. Tra i due poeti esistevano profonde differenze originate sia dai rispettivi dati biografici sia dai loro temperamenti, ma ciò non impediva loro di comunicare o di avere cose in comune, sotto il segno di una profonda fratellanza spirituale. Nel gruppo di Nina venivano praticati spesso giochi surrealisti e linguistici, ma è soprattutto per l’ammirazione reciproca dei rispettivi talenti poetici che la loro amicizia si consolidò progressivamente. Inoltre, le solide conoscenze della lingua e della letteratura tedesca facevano di Nina un’interlocutrice riconosciuta e competente nel campo di Paul. Entrambi avevano le stesse predilezioni nella poesia, per autori come Apollinaire, Desnos, Eluard, Esenin, Rilke.

In presenza di Nina, Paul diventava molto loquace, ed esisteva fra loro una certa coquetterie, espressione dell’attrazione reciproca, ma anche della distanza di cui, volenti o nolenti, erano consapevoli…».

La natura del loro legame traspare chiaramente da questa lettera di Paul Celan, inviata a Nina nel 1947, mentre è in vacanza: «Ingrata! Nobile e arborescente come sempre, quando ti penso, la mia mano… si affretta a offrirti, dall’assopito mio tappeto che ho steso sulle maree, questo specchio di fuliggine bianca e inchiostro ritmato… affinché certe bocche malevole della posterità non possano dire che noi non ci siamo amati. Che venga il mare su di noi e che gli squali-fratelli ci inghiottiscano! Paul».

quelli che divorano

Lettera, forse, che contiene un riferimento a un famoso testo di Nina Cassian, Coloro che divorano: “Una volta nell’acquario ho visto uno squalo, /uno squalo piccino, uno squalo mingherlino, /un rampollo di squalo, imberbe e fine;/ nei suoi occhi era già affiorato il crimine,/ e con lui sarebbe cresciuto (…)”. La crudeltà come possibile rovescio dell’amore, ma, anche, lo squalo come emblema, come essenza del male del mondo, che si osserva nell’acquario pietrificati dall’orrore… Squalo come metafora della ferocia che si è manifestata e ha colpito la vita di Nina e di tanti ebrei d’Europa… Al male, si contrappone l’indomabile vitalità della poesia, e quella di Nina Cassian è una poesia che lascia il segno, una voce forte e potente, diretta e senza pelle nel narrare in versi la gioia di vivere e il dolore di esistere, una voce curiosa del mondo, piena di presenze creaturali e perfettamente inserita nel solco della grande tradizione modernista novecentesca, da Mandel’stam a Cvetaeva a Celan. Ma, allo stesso tempo, appartenente al filone della poesia femminile di pronuncia alta, da Saffo a Emily Dickinson, che non teme di indagare passioni e sentimenti con gli strumenti dell’intelligenza e della consapevolezza: “Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto. / Per la prima volta vedrai i pori schiudersi/ Come musi di pesce e potrai ascoltare/ Il mormorio del sangue nelle gallerie/ E sentire la luce scivolarti sulle cornee/ Come lo strascico di un abito; per la prima volta/ Avvertirai la gravità pungerti/ Come una spina nel calcagno/ Per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole./ Ti prometto di renderti talmente vivo che/ La polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,/ che le sopracciglia diventeranno due ferite fresche/ e ti parrà che i tuoi ricordi inizino/ con la creazione del mondo”.

Il curatore del volume, Ottavio Fatica, che ha anche tradotto le poesie dall’inglese, scritte durante l’esilio americano, ci racconta la sua giovanile esuberanza. Recensendola per La Repubblica, il critico Franco Marcoaldi scrive che “è sempre bello quando un vero poeta irrompe sulla scena”. Questa splendida edizione Adelphi, che raccoglie le poesie di una vita, dal 1945 al 2007, scritte da Nina in tre lingue diverse, in romeno (tradotte da Anita Natascia Bernacchia), inglese e spargano (una sorta di grammelot inventato dall’autrice per le invettive, idioma che darà luogo a una poesia segnata da una furia strabordante), arriva finalmente a colmare una lacuna per il lettore italiano.

Giovanna Rosadini Salom è consulente Einaudi per la poesia e ha curato il volume Einaudi “Antologia – Nuovi poeti italiani 6”. Ha scritto raccolte poetiche tra cui “Il sistema Limbico” (Atelier), “Unità di Risveglio” (Einaudi), “Il numero completo dei giorni” (Aragno).