di Nathan Greppi
Alla prossima edizione del festival dell’animazione Cartoons On The Bay, che si terrà a Pescara dal 31 maggio al 4 giugno, verrà consegnato un Premio alla Carriera al regista israeliano Ari Folman.
Il festival, fondato nel 1996 e che quest’anno giunge alla sua 27° edizione, è organizzato da Rai Com, il ramo dell’emittente pubblica che gestisce la distribuzione dei programmi Rai all’estero. Ogni anno vengono premiate le migliori opere italiane e internazionali nel campo dell’animazione cinematografica, televisiva e videoludica. Il tema centrale di quest’anno sarà “Reale, Irreale, Virtuale. Mondi immaginati e mondi immaginari. Tra utopia, opportunità e alienazione. La sospensione dell’incredulità tecnologica”.
Chi è Ari Folman
Figlio di superstiti di Auschwitz, Folman è nato a Haifa nel 1962. Iniziò ad emergere nei primi anni 2000 come sceneggiatore della serie televisiva BeTipul, dalla quale vennero tratti vari remake in altri paesi (tra cui una italiana, In Treatment). Divenne famoso a livello internazionale grazie al documentario animato del 2008 Valzer con Bashir, in cui rievocava il suo trascorso come veterano della Guerra in Libano del 1982. Con quest’opera, vinse il Golden Globe per il Miglior Film Straniero e venne candidato all’Oscar nella stessa categoria. Il suo ultimo film d’animazione, uscito nel 2021, è Anna Frank e il diario segreto.
Come ha spiegato lo storico italo-israeliano Asher Salah nel libro Il cinema israeliano contemporaneo (Marsilio, 2009), Valzer con Bashir fa parte di una serie di film, come Lebanon di Samuel Maoz, che in quegli anni venivano realizzati da veterani di guerra che volevano esorcizzare le loro esperienze. Per farlo, Folman usa uno stile onirico e surreale che riporta sullo schermo i suoi incubi e quelli dei suoi compagni d’armi. Opere come la sua hanno portato all’erosione del confine tra documentario e finzione, realtà e animazione, portando alla nascita di un sottogenere noto come “docu-animation”.
In Italia, il film di Folman venne acclamato dalla critica per lo stile originale con cui trattava un tema storico molto pesante, il Massacro di Sabra e Chatila, nonché per il messaggio pacifista che intendeva veicolare. Tuttavia, vi fu anche chi, come lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua, lo criticò per aver privilegiato le emozioni soggettive di chi ha vissuto la guerra come soldato, invece di interrogarsi sulle ragioni della guerra e spiegare il contesto.