di Nathan Greppi
A 130 anni dalla nascita del leader socialista, un ritratto e un ricordo. Quando la Sinistra e Israele viaggiavano sullo stesso binario della storia e gli ideali non erano ancora stati uccisi dalle ideologie. Nenni e Golda Meir, un’amicizia basata sul rispetto e sul ricordo di quella figlia morta ad Auschwitz …
Quando, nel 1967, Israele vinse la Guerra dei Sei Giorni, la sinistra italiana e occidentale mutò radicalmente il suo approccio nei confronti del piccolo Stato mediorientale: i vari partiti comunisti sparsi per l’Europa, che per anni avevano esaltato il socialismo dei kibbutz e osteggiato i Paesi arabi durante la Guerra d’Indipendenza del ’48, stabilirono da un giorno all’altro che Israele era un Paese colonialista solo perché era ciò che esigeva l’Unione Sovietica. Anche la sinistra italiana non fu da meno in questo, seppur con alcune eccezioni che meritano di essere ricordate: una di queste era Pietro Nenni, che dopo la guerra fu segretario del Partito Socialista dal 1949 al 1963, e subito dopo Vicepresidente del Consiglio dei Ministri dal 1963 al 1968.
A 130 anni dalla sua nascita, avvenuta nel 1891, vale la pena di ricordare la coerenza con la quale quest’uomo, in un contesto politico dove i voltafaccia e l’opportunismo sono la regola, rimase un sostenitore delle ragioni dello Stato Ebraico fino alla fine, senza mai conformarsi alle posizioni filo-palestinesi che all’epoca erano maggioritarie sia tra i comunisti sia tra i democristiani
Una storia, la sua, che riemerge chiaramente in un libro quasi introvabile, Nenni e Israele, una raccolta di scritti tratti dai suoi diari curata nel 1984 dai giornalisti Daniele Moro e Alberto Turati. Il volume, che all’epoca venne pubblicato in allegato al mensile ebraico Il Centro, è suddiviso in due parti: la prima, curata da Moro, raccoglie tutti capitoli dei suoi diari, tra il 1943 e il 1971, in cui parla di Israele e degli ebrei. La sua vicinanza al mondo ebraico era anche dovuta al fatto che la figlia Vittoria era morta ad Auschwitz, in quanto aveva preso parte alla Resistenza in Francia; a causa di questo tragico evento, Nenni si sentì sempre vicino agli ebrei, tanto che, durante una sua visita in Israele, avvenuta nel maggio 1971, si tenne una cerimonia in onore di sua figlia. Inoltre, all’epoca molti ebrei militavano nel PSI, tanto che tra gli uomini più fidati di Nenni vi era Giorgio Gangi, membro della Comunità Ebraica di Milano che del Partito Socialista fu segretario regionale per la Lombardia e deputato per tre legislature.
Per quanto riguarda invece il suo rapporto con lo Stato Ebraico, il primo scritto in cui ne parla risale al 17 gennaio 1956, quando raccontò di come l’allora Ministro dello Sviluppo israeliano Mordechai Bentov (che Nenni chiamava con rispetto “compagno Bentov”, come fece con tutti i socialisti israeliani con cui ebbe rapporti) gli chiedeva di intercedere con i sovietici per chiedere loro di non armare ulteriormente l’Egitto di Nasser. Tuttavia, qualche mese dopo, in seguito all’invasione sovietica dell’Ungheria, Nenni ruppe i rapporti sia con l’URSS che con i comunisti italiani, che prendevano ordini da Mosca. Questa divisione si acuì a seguito della Guerra dei Sei Giorni, dopo la quale il PCI rinnegò il suo vecchio sostegno allo Stato Ebraico, mentre Nenni rimase fedele ai propri principi, condannando il desiderio del mondo arabo di distruggere Israele. Ciò gli costò numerosi attacchi da parte dei suoi ex-alleati comunisti, che lo accusarono di volere la guerra con gli arabi.
La seconda parte del libro, curata da Turati, raccoglie discorsi tenuti da Nenni nel corso di varie conferenze in giro per l’Italia: in una di queste, tenutasi a Pisa il 26 maggio 1967, disse che se da un lato lo sforzo degli arabi di liberarsi dal colonialismo europeo andava sostenuto, dall’altro lato “la guerra contro Israele non ha nulla di comune con l’anticolonialismo. A sua volta, lo Stato Israeliano sta portando avanti una esperienza politica e sociale in cui si fondono gli ideali di Democrazia e di Socialismo, e che sono non una minaccia ma, semmai, un esempio”.
Dopo la morte di Nenni, avvenuta nel 1980, anche il Partito Socialista cambiò posizione su Israele e i paesi arabi, in particolare sotto la guida di Bettino Craxi; anche per questo Gangi, nel 1988, affermò che il PSI “ha fatto fuori i dirigenti ebrei.” A tal proposito, il libro contiene numerose foto delle visite di Nenni in Israele; in alcune di queste, era accompagnato proprio da un giovane Craxi, all’epoca suo assistente, che si faceva fotografare nei luoghi simbolo delle vittorie militari d’Israele, salvo cambiare approccio anni dopo e tradire i valori del suo mentore. Il libro fu distribuito da Daniele Moro e altri militanti clandestinamente nel corso di uno dei tanti convegni del Partito Socialista dove Craxi, all’apice del successo, si circondava di fedelissimi che non osavano contraddirlo. In tal modo, i socialisti rimasti filoisraeliani sfidarono apertamente il loro stesso capo, rinfacciandogli il suo opportunismo.
Il contesto politico attuale è totalmente diverso da quello della Guerra Fredda: per ironia della sorte, gli stati arabi si stanno sempre più avvicinando a Israele contro un paese, l’Iran, che un tempo era alleato degli israeliani; il PD, erede sia del Partito Comunista Italiano che della Democrazia Cristiana, è molto meno ostile a Israele dei suoi predecessori; mentre i socialisti, dopo Mani Pulite, sono confluiti perlopiù in Forza Italia. Quanto alla politica israeliana, da oltre quarant’anni è molto più spostata a destra rispetto ai tempi di Nenni. Sebbene il contesto attuale sia molto più favorevole per i sostenitori d’Israele, è bene ricordare coloro che, con coraggio, ne hanno sostenuto le ragioni anche quando erano soli in questa battaglia.