Spaghetti alla bolognese nella pita è l'ultimo trend culinario in Israele

Gli spaghetti nella pita: capolavoro culinario o disastro gastronomico?

Personaggi e Storie

di David Zebuloni
Ci siamo illusi di aver abituato il nostro palato a qualunque tipo di sapore, di aver assaggiato ormai tutte le pietanze esistenti, di non poterci più stupire di fronte ad un piatto, ma ignoravamo del tutto l’esistenza dell’ultimo trend culinario che ha conquistato i cuori e gli stomaci degli israeliani: gli spaghetti alla bolognese dentro la pita, il pane tipico della cucina arabo-israeliana.

L’idea di farcire la pita mediorientale con gli spaghetti italiani è stata di Eyal Shani, uno dei più affermati Chef israeliani nel mondo. Già proprietario di una catena di ristoranti in Israele, New York, Parigi, Vienna e Melbourne, Shani ha acquisito grande notorietà negli ultimi anni grazie alla sua partecipazione in MasterChef Israel nel ruolo di giudice. Shani è inoltre considerato un pioniere della cucina italiana in Israele, ovvero colui che ha inserito all’interno della cultura gastronomica israeliana il concetto di pasta, di focaccia e di altre pietanze tipiche della penisola italiana.

L’ultima trovata è stata presentata al grande pubblico dallo stesso Chef, sul suo profilo Instagram. “Vi regalo un po’ di felicità dentro una pita“, ha comunicato Eyal Shani ai suoi follower, facendo così storcere il naso ad alcuni ed entusiasmando invece altri. Persino Yair Netanyahu, figlio del premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha commentato il frutto dell’ultima fatica dello Chef, ironizzando sul fatto che una pita con un po’ di pasta al suo interno possano costare 50 shekel, se portano la firma di Eyal Shani. Quasi come fossero una rara opera d’arte.

Strane rivisitazioni del cibo italiano

Gli spaghetti nella pita tuttavia non sono l’unico riadattamento della tradizione italiana nelle cucine degli israeliani. Negli anni ne abbiamo visti di scivoloni. Prima fra tutte la pizza shakshuka, ovvero la pizza condita col sugo di pomodori e peperoni piccanti e guarnita con un uovo all’occhio di bue. Scopriamo invece che la pasta viene perennemente e inspiegabilmente condita dagli israeliani con panna e patate dolci. Anche il gelato artigianale italiano viene riadattato e riproposto con dei prodotti tipici locali come la halva, il dolce a base di sesamo, o con i piccoli pretzel salati.

Un celebre proverbio israeliano (mutuato dal latino de gustibus non est disputandum) insegna che esiste una cosa sola sulla quale non è permesso discutere, e quella è il gusto. Ecco, secondo il proverbio israeliano il gusto è sempre soggettivo e mai oggettivo. Il gusto come il mondo è bello perché è vario. Che sia forse vero? Possibile che gli spaghetti nella pita di Eyal Shani siano davvero un’opera d’arte culinaria non giudicabile e non criticabile? Il dubbio rimane, così come rimane la curiosità di esplorare nuovi odori e nuovi sapori. Per quanto strambi e dissacranti essi siano.

(Foto: Instagram Eyal Shani)