Premiati i Giusti di Italia

Personaggi e Storie

Nella grande sala del Quirinale. Quest’anno, in occasione del Giorno della Memoria, il 24 gennaio sono stati onorati i “Giusti di Italia”. Il presidente Napolitano ha consegnato le medaglie d’oro al Merito Civile alla signora Elsa Poianella, alla signora Virginia Brandone, a monsignore Beniamino Schivo, al cavaliere del lavoro Mario Martella e alla memoria del notaio Elio Gallina. Alcuni di loro erano accompagnati dai “salvati” o dai loro parenti.
Il valore di questa manifestazione è, come ormai da molti anni, la massiccia presenza di giovani studenti, provenienti da tutte le regioni d’Italia. I ragazzi hanno infatti partecipato al concorso proposto dal Ministero della Pubblica Istruzione (quest’anno si trattava di un tema sul valore dei Giusti) e sono stati giudicati vincitori. Il premio è per tutta la classe il viaggio a Roma con la cerimonia al Quirinale, presente il Capo dello Stato.

Alla manifestazione erano presenti l’on. Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei Deputati, il dott. Franco Bile, presidente della Corte Costituzionale, il sen. Milziade Caprili, vice presidente del Senato della Repubblica, l’on. Francesco Rutelli, vice presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dei Beni e le Attività Culturali, l’on. Giuliano Amato, Ministro dell’Interno, S.E. il sig. Gideon Meir, Ambasciatore dello Stato d’Israele, l’on. Gianfranco Fini, promotore del’iniziativa che ha portato alla pubblicazione del libro “I Giusti di Italia”, l’avv. Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche, con i componenti della Giunta dell’UCEI.

Qui di seguito proponiamo i discorsi del presidente Napolitano, del presidente Gattegna e della storica Liliana Picciotto.

Presidente Giorgio Napolitano.
Lasciate che mi rivolga, innanzitutto alle ragazze e ai ragazzi, alla platea di giovani di varie regioni d’Italia che è qui raccolta. Questi giovani, sotto la guida dei loro insegnanti, anch’essi qui presenti, e grazie all’impegno del Ministro della Pubblica Istruzione e dei suoi collaboratori, così come grazie all’impegno di regioni e enti locali, hanno compiuto – lo abbiamo sentito – attente e serie ricerche sui Giusti fra le Nazioni e su tutti gli uomini e donne che nel loro territorio, negli anni terribili delle persecuzioni antiebraiche, contribuirono, a rischio della loro vita, a salvare degli ebrei, cui veniva data la caccia per deportarli nei campi di sterminio nazisti.
Vi siete misurati, cari ragazzi, con un tema difficile e angoscioso, ma questo impegno è stato importante per la vostra formazione come cittadini della nostra Repubblica, della nostra Europa riunificata nella pace. Bisogna ricordare gli atti di barbarie del nostro passato per impedire nuove barbarie, per costruire un futuro – il vostro futuro – che si ispiri a ideali di libertà e di fratellanza fra i popoli.
E’ nel ricordo di coloro che, in quegli anni bui, non si lasciarono corrompere dalle ideologie di odio allora dominanti, che ho voluto che venisse qui dato, nel Giorno della Memoria, quest’anno, particolare rilievo all’epopea dei Giusti, di coloro che salvarono anche le nostre coscienze, che furono i pionieri e primi costruttori del mondo di pace in cui ci auguriamo che voi giovani possiate trascorrere le vostre esistenze.
Nella vostra formazione storica e morale è bene che si affianchi alla memoria di quell’immenso stuolo di ebrei di tutta Europa che furono vittime della Shoah, anche il ricordo dei Giusti: di coloro, e non furono pochi, che si sforzarono di salvare almeno alcuni tra loro.
Questo 2008 è per noi un anno speciale, in quanto segna il sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione della nostra Repubblica. E’ peraltro anche l’anno in cui ricorrerà, nel settembre prossimo, il settantesimo anniversario delle leggi antiebraiche emanate dal regime fascista, che di fatto prepararono l’Olocausto anche in Italia. Leggi che suscitarono orrore negli Italiani rimasti consapevoli della tradizione umanista e universalista della nostra civiltà, e del contributo che ad essa avevano dato, attraverso i secoli, nonostante le persecuzioni, gli Ebrei che vivevano nella nostra terra, ed erano stati partecipi di alcuni dei momenti fondanti della nostra storia, dal Rinascimento al Risorgimento, alle battaglie per l’unità d’Italia; quell’Italia di cui, finalmente parificati nei diritti, essi si sentivano ed erano cittadini, animati da forti sentimenti patriottici.
Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell’antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma. Non dimentichiamo e non dimenticheremo neppure i Giusti d’Italia, i cui nomi sono stati ricordati in una benemerita ricerca, realizzata grazie al lavoro infaticabile di studiosi che sono oggi qui presenti, e pubblicata qualche anno fa in un volume con un messaggio del mio predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, e con la sua prefazione, onorevole Fini, nella sua qualifica, all’epoca, di Ministro degli Esteri.
Ai Giusti d’Italia hanno qui reso oggi omaggio, insieme con noi tutti, anziani e giovani – e per questo li ringrazio – il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Avvocato Gattegna, e l’Ambasciatore d’Israele Gideon Meir, a nome dello Stato che rappresenta, e di quel Luogo della Memoria, lo Yad Vashem di Gerusalemme, che vuole tener vivo per sempre, nella coscienza dei popoli, accanto al ricordo straziante delle moltitudini di Ebrei che furono vittime della Shoah, anche i nomi di quei Giusti fra le Nazioni che si prodigarono per salvarli: a testimonianza del fatto che l’ideale antico dell’Amore del Prossimo e dello Straniero che vive tra noi, neppure allora era spento.
Anche a nome di voi giovani, che state formando le vostre coscienze in un’Italia e in un’Europa dove oggi si vive in libertà, rinnovo l’espressione della nostra riconoscenza a quei Giusti che tennero vivi gli ideali di umanità a cui si sono ispirati quanti hanno combattuto, in condizioni drammatiche, per dare vita a un’Italia libera e democratica, e poi per costruire un’Europa di pace.
Sono, perciò, onorato e lieto di procedere ora alla consegna delle medaglie d’oro al valor civile, che sono state concesse, dal Ministro degli Interni, ad alcuni, tra i Giusti d’Italia, che sono con noi. Vi ricordo che altre medaglie d’oro e medaglie dei Giusti fra le Nazioni saranno consegnate, fra pochi giorni, a militari del Corpo della Guardia di Finanza, qui rappresentato dal Comandante Generale Cosimo D’Arrigo.

Presidente Renzo Gattegna
Signor Presidente della Repubblica, Illustri Autorità, amici presenti, cari ragazzi.
Quella degli ebrei italiani è una storia unica nel suo genere.
Innanzi tutto perché è una storia antichissima, plurimillenaria che risale ai tempi dell’Antica Roma.
È una storia unica per le conseguenze culturali e religiose che ha prodotto nell’intera Europa.
L’antichità di questa presenza dimostra che l’Italia non è stata mai vista dagli ebrei come una terra di passaggio, al contrario è sempre stata considerata terra di appartenenza e di integrazione; tale è stata e tale è tutt’ora.
Il Giorno della Memoria, secondo lo spirito della sua legge istitutiva, non deve essere solo un evento commemorativo ma anche e soprattutto un’occasione di impegno culturale e didattico che valga come monito alle future generazioni, qui oggi molto ben rappresentate, perché mai più si ripeta che la Nazione Italiana, in contraddizione con le proprie tradizioni di libertà e di umanità si trasformi, come è avvenuto dal 1938 al 1945, dalle Leggi razziali alla Liberazione, in uno Stato persecutore di quei suoi stessi figli che coraggiosamente, lealmente, con dedizione e con altruismo avevano versato il proprio sangue sia nelle guerre d’Indipendenza del Risorgimento che nella Prima Guerra Mondiale.
La piccola componente ebraica è stata un elemento costitutivo della Nazione Italiana alla quale ha dato un contributo straordinario. Basti ricordare che nei primi anni del ‘900 ad una percentuale demografica inferiore all’1% faceva riscontro il 10% dei deputati al Parlamento, dei professori universitari, dei generali dell’esercito.
Oggi nel Giorno della Memoria è opportuno ricordare che il 2008 coincide con i 70 anni della promulgazione delle infami leggi antiebraiche del 1938.
Le leggi furono un atto criminale che violò i diritti fondamentali di libertà di coscienza e di pensiero, che umiliò e perseguitò una minoranza civile, culturalmente impegnata e rispettosa delle leggi dello Stato. In sintesi fu un estremo atto di ingiustizia e di viltà.
In quel momento gli ebrei si sentirono traditi e abbandonati: dal Parlamento che le aveva approvate, dal governo fascista che le aveva sostenute, dal Re che le aveva firmate, dai concittadini che non avevano voluto vederne l’assurdità e le tragiche conseguenze.
Pochi anni dopo in piena occupazione nazista, quando il solo fatto di essere ebrei era ragione di persecuzione, di arresto, di deportazione, quando opporsi significava rischiare la vita, pochi hanno avuto il coraggio di offrire un aiuto, una casa, un rifugio, una mano tesa agli amici e conoscenti ebrei.
Sono coloro che oggi chiamiamo “Giusti”. Con i loro gesti hanno fatto da contraltare alla passività e al colpevole silenzio di tanti. Hanno onorato l’Italia e hanno salvato tante vite. Sono loro i veri nobili che, indipendentemente dalle loro origini spesso popolari e modeste, con i loro gesti salvarono anche l’onore dell’Italia.
A loro va il nostro ringraziamento e il nostro forte abbraccio.
Riteniamo che il modo migliore di ricordare il Giorno della Memoria, sia quello di contrapporre alla somma ingiustizia delle Leggi la superiore giustizia di coloro che violandole riaccesero un barlume di speranza.
A Lei, illustre e caro Presidente Napolitano, vanno la nostra gratitudine, il nostro rispetto e il nostro apprezzamento per sapere interpretare con tanta intensità i sentimenti di tutti.
Così facendo ci incoraggia a difendere le conquiste democratiche di questa nostra Italia, al progresso della quale crediamo fermamente anche nei momenti più difficili e alla quale, seguendo il Suo esempio, vogliamo continuare a dedicare le nostre migliori energie.

Liliana Picciotto, storica della Fondazione Cdec
La storia della Shoah (cioè lo sterminio degli ebrei d’Europa secondo la denominazione ebraica che letteralmente significa disastro) è uno degli argomenti più dolorosi da trattare.
Compito dello storico è quello di conoscere, capire e descrivere con i mezzi che ha a disposizione un certo avvenimento, ma in questo caso egli si trova di fronte ad un evento che, per la sua dimensione quantitativa e qualitativa senza pari nella storia, si rende pressoché inspiegabile. A sessant’anni di distanza è difficile convincersi che un castello ideologico costituito da false credenze, da un’etica determinista senza fondamento scientifico come la visione gerarchica tra i popoli, abbia potuto essere tanto conseguente da provocare la quasi distruzione del popolo ebraico.
Ho passato anni a studiare, a raccogliere documenti e dati, a connettere vicende e fili di questa storia, eppure, tuttoggi, posso solo spiegare il come le cose si sono svolte, non sono in grado di spiegare il perché esse si sono svolte. Non sono mai riuscita, in tutti questi anni a spiegare ai miei figli prima, ai miei nipoti dopo, la shoah; a conferire un senso a questo disastro morale.
Dopo aver ricostruito la storia dei cittadini ebrei vittime anche in Italia di vessazioni, di arresti indiscriminati, di tragiche spedizioni verso il campo di sterminio di Auschwitz, storia sfociata ne Il libro della memoria, mi sono dedicata nell’ultimo anno, per lo stesso istituto per il quale ho sempre lavorato, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, ad una nuova ricerca. Una ricerca che tende ad indagare come è stato possibile per centinaia di cittadini ebrei salvarsi, malgrado tutto: malgrado la caccia all’ebreo messa in atto dalle autorità tedesche e italiane, malgrado le denunce, malgrado la difficoltà di vivere in clandestinità.
Dopo l’8 settembre 1943, gli ebrei fecero parte di una Italia sommersa, fatta di migliaia di soldati ricercati per aver dismesso la divisa e di perseguitati per le loro idee politiche. Questa Italia sommersa, per sopravvivere, aveva bisogno della solidarietà dell’altra Italia, quella ufficiale, fatta di gente che lavorava, che viveva alla luce del sole, che non era nel mirino della polizia.
Va ad onore di questa Italia che le migliaia di clandestini, bisognosi di rifugio, di cibo, di vestiario, di aiuto per passare le linee, di complicità per trovare carte di identità false, poterono sopravvivere.
In loro favore giocò una resistenza civile popolare che da anni non era potuta emergere a causa della pressione psicologica praticata dal regime. Dopo l’inizio dell’occupazione tedesca e l’instaurazione della Repubblica Sociale Italiana si affermò un senso etico che fu praticato anche e soprattutto nei confronti degli ebrei terrorizzati: a loro protezione si aprirono conventi, appartamenti di amici appena conosciuti, retrobottega, cantine, chiese, ospedali, casolari di campagna.
Questo non fu solo un moto che riguardò l’Italia, ma tutta quanta l’Europa sotto il giogo del nazismo, la resistenza civile fu un movimento europeo ante-litteram che occorre valorizzare nei nostri discorsi.
Come avete sentito, a Gerusalemme, l’istituto storico Yad Vashem ha inteso riconoscere con un atto ufficiale e internazionale, l’eroismo di coloro che, protagonisti della resistenza civile, si sono opposti alla tirannide prestando soccorso ad ebrei perseguitati, a rischio della loro sicurezza. Essi vanno additati come eroi del loro tempo ed esempio per il nostro futuro.