di Nathan Greppi
Un problema che negli ultimi decenni è stato motivo di crescente preoccupazione per gli scienziati è il drastico declino della popolazione di api a livello mondiale: dagli anni ’80 ad oggi, il loro numero è diminuito di oltre il 50%, causando problemi non solo economici, ma anche alla natura: tramite l’impollinazione, le api rendono fertili il 75% delle piante selvatiche e agricole, e oltre il 40% degli alimenti che mangiamo richiedono il loro lavoro; inoltre, anche molte piante utilizzate nel settore tessile e nella medicina richiedono l’impollinazione.
Tra le varie iniziative prese per risolvere il problema, è recentemente emersa l’idea di due fratelli israeliani, Efrat e Ofir Dvash: in un laboratorio di Rehovot, stanno lavorando alla produzione di un miele “artificiale” che non richiede l’utilizzo di api, e che sarebbe un primo passo per bilanciare il danno causato dalla loro costante diminuzione. “Quando le api raccolgono il nettare”, ha spiegato Efrat al quotidiano Globes, “portano con sé nell’alveare grandi quantità di pesticidi (tra le principali cause della loro sparizione, ndr), e di conseguenza a noi consumatori. Il nostro prodotto non avrà questi problemi.”
A differenza della carne vegetale, il loro miele non è un prodotto creato in laboratorio dal nulla: attraverso dei macchinari essi cercano di imitare il processo delle api esattamente come avviene in natura, dall’impollinazione alla produzione del nettare per arrivare infine al miele. Essi hanno persino sviluppato il prototipo di uno stomaco d’ape artificiale dove lavorare il nettare come se a farlo fosse un’ape vera.
Da bambini, i fratelli Dvash (non a caso il loro cognome significa “miele” in ebraico) sono cresciuti in una famiglia di agricoltori, in un moshav nel sud d’Israele. Siccome coltivavano i pomodori in una serra, dove non potevano esserci api per impollinare le piante, i due facevano vibrare le piante per adempiere a questo ruolo. Trent’anni dopo, Ofir ed Efrat avevano fatto carriera: il primo ha servito in un’unità speciale dell’esercito che si serve di nuove tecnologie, e la seconda aveva ottenuto un dottorato di ricerca in Genetica molecolare all’Istituto Weizmann.
Il loro vecchio ruolo di “impollinatori” fece un salto di qualità quando, l’anno scorso, vennero contattati da Arik Kaufman, imprenditore nel settore dei cibi biologici e della carne vegana, che propose loro di creare una start-up apposita, chiamata Bee-io. Questo mese, la start-up è stata quotata nella Borsa di Tel Aviv per un valore di 38 milioni di shekel (9,6 milioni di euro).
La creazione di Bee-io si inserisce in un contesto economico favorevole: nel 2020 il mercato del miele valeva 7,6 miliardi di euro a livello mondiale, con una crescita annua dell’8,2% circa. Questo perché la presenza di vitamine e antiossidanti nel miele lo rende sempre più richiesto da chi vuole adottare uno stile di vita sano. In Israele, poi, la crescita della domanda è ancora più forte, poiché il consumo nazionale annuo di miele è passato dalle 3.000 tonnellate del 2015 alle 4.000 dell’ultimo anno.
Nel mondo ci sono circa 20.000 specie di api selvatiche, di cui 1.100 solo in Israele (960 in Italia): tuttavia, la maggior parte degli apicoltori alleva solo specie ben precise, che in genere eliminano quelle selvatiche nelle aree circostanti. I fratelli Dvash vorrebbero convincere nel lungo periodo i lavoratori del settore a sostituire le api con macchinari appositi per l’impollinazione, in modo da porre fine allo sfruttamento eccessivo degli alveari ed eventualmente porre un argine alla sparizione delle api.