Una sinagoga a Qirmizi, la Gerusalemme del Caucaso

Qirmizi, la “Gerusalemme del Caucaso”: l’unica città interamente ebraica è in Adzerbaijan

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik
Esistono luoghi sconosciuti, punti del mondo dove mai si immaginerebbe una presenza ebraica ed è sempre affascinante avventurarsi nel fascino segreto di questi luoghi scoprendone l’unicità e il fascino. E’ il caso della città azera di Qirmizi, unico centro fuori da Israele abitato solamente da ebrei dove si parla lo Juhuro, una lingua tipica degli ebrei caucasici che mischia il persiano e l’ebraico.

A raccontarlo il sito Ynet che documenta alcune scene di vita quotidiana. Gente che beve tè addolcito da grandi cubetti di zucchero, un pittoresco anziano che col suo cappello nero e baffi bianchi mostra orgogliosamente il suo tatuaggio a forma di fiore. “Me lo sono fatto fare da giovane a 20 anni e mi ricorda i giorni della gioventù”. Personaggi genuini e intensi abitano quella città in cui vivono fra le 3000 e 4000 persone e conosciuta come “Il villaggio Rosso”, Qirmizi è l’unica città, in Diaspora a essere abitata solo da ebrei. Molti sono emigrati in America o in Israele e si respira un grande senso di nostalgia per il glorioso passato di questo luogo che veniva chiamato “La Gerusalemme del Caucaso” per l’importanza della sua presenza ebraica.

Suggestivi vari punti di questo luogo, come il cimitero ebraico con le sue tombe nere e i volti di uomini, donne e bambini mostrate ai giornalisti dalla guida turistica locale Elchin Mammadov e sopravvissuto a un tragico passato famigliare. Lui e sua sorella da piccoli persero, a soli 7 e 5 anni, i loro  genitori morti in un incidente aereo in Russia assieme agli altri due fratelli. Il cimitero contiene altre tragiche scompare, da Shunamit figlia di un certo Nisan e uccisi brutalmente da sconosciuti antisemiti nel 1918 nella città di Quba, a “tre ponti di distanza da Qirmizi” come ha specificato la guida.

Verso il futuro

Ma non ci sono solo tragedie  ma anche speranza e occasioni di incontro. Su uno dei ponti chiamato come “il ponte dell’amore” avvengono una serie di shidduchim (appuntamenti combinati), dove uomini e donne si incontrano. “Se un ragazzo vede una donna che gli piace” come spiega Mammadov “i loro genitori si conoscono fra loro e gli chiedono la mano e qui funziona”. Vicino al ponte c’è anche una sorta di centro eventi dove vengono organizzati matrimoni, bar mitzva e circoncisioni e all’interno dell’edificio ci si imbatte in una foto del “Muro del Pianto”. Lì si entra portando come regalo per le grandi occasioni “assegni da un minimo di 60 dollari” come ha raccontato.

Fra le sorprese di questo luogo decisamente tradizionalista non manca un buon ristorante kasher, a buon prezzo, dove festeggiare matrimoni e eventi gioiosi, con un pranzo festivo le nozze gustando kebab che si trovano anche agli angoli delle strade o saporite specialità come tortellini di carne, Dushpere e le Dolmàs  popolari anche in Grecia o in Turchia, ma anche peperoni ripieni e altre delizie accompagnate da gruppi musicali che suonano musiche locali. Una atmosfera rilassata e fuori dal tempo, in una nazione musulmana come l’Adzerbaijan molto tollerante e aperta verso gli ebrei e Israele, anche per i tanti affari commerciali fra i due Paesi. A Baku, diversamente che in varie nazioni europee, gli ebrei camminano indisturbati per le strade portando la kippah e una piccola targa commemora il grande contributo degli ebrei azeri al Paese.

La comunità qui appare molto legata alle tradizioni e infatti durante il Regime Comunista c’erano 11 sinagoghe anche se il regime ne impediva l’utilizzo. Gli ebrei di montagna però continuavano imperterriti a osservare le mitzvot celebrando lo Shabbat e digiunando a Kippur. Tutto questo con semplicità e rigore e non facendo troppe domande.

Oggi ci sono appena due sinagoghe una vicino all’altra ed entrambe attive, con il pavimento ornato da magnifici tappeti azeri e ogni giorno vengono a pregare una trentina di persone. Fra loro perfino la guida turistica che ha dichiarato di non essere religiosa, ma che va a pregare assieme alla moglie, coinvolto dal forte sentimento ebraico della zona.