di Sofia Tranchina
A giugno, presso la riserva naturale di Ein Gedi, l’Autorità Israeliana per le Antichità (IAA) ha scoperto alcuni manufatti risalenti a 1.900 anni fa, in una delle grotte sulle scogliere della valle del Giordano.
L’archeologo Asaf Gayer, il geologo Boaz Langford e il fotografo Shai Halevi stavano cercando di decodificare con la fotografia multispettrale un’iscrizione, scritta a inchiostro nell’ebraico del periodo del Primo Tempio, scoperta cinquant’anni fa su una stalattite della grotta.
Durante la ricerca, però, il team è stato sorpreso da un ritrovamento inaspettato: Gayer ha notato la testa di ferro di un pilum romano, o giavellotto, e tornando sul sito sono state trovate tre spade di ferro a doppio taglio, lunghe circa 60cm, usate dalla cavalleria e successivamente dalla fanteria pesante romana, e una spada con pomo ad anello in metallo, con le lame ancora perfettamente custodite nel fodero di legno, come racconta National Geographic.
Poiché in antichità il metallo era molto prezioso, i vecchi manufatti sono per lo più stati fusi per essere riutilizzati, o sono rimasti corrosi dall’umidità. Il metallo antico è quindi una rarità nei circoli archeologici.
«Trovare una sola spada è raro, ma quattro? È un sogno! Ci siamo stropicciati gli occhi, non ci credevamo», hanno detto i ricercatori in una nota.
Secondo il direttore dell’IAA Eli Escusido, il clima secco del deserto intorno al Mar Morto ha consentito una conservazione che non sarebbe stata possibile altrove in Israele: «si tratta di una capsula del tempo unica, contenente frammenti di pergamene, monete della rivolta ebraica, sandali di cuoio e ora persino spade nel fodero, affilate come se fossero state nascoste solo oggi. È una scoperta emozionante».
I risultati della datazione al radiocarbonio arriveranno nelle prossime settimane, ma i ricercatori hanno già le proprie ricostruzioni del contesto in cui sono arrivate nella grotta.
In base alle date stimate, infatti, si suppone che le spade siano state nascoste nel deserto della Giudea nel II o III secolo, probabilmente dai ribelli ebrei che le avevano sottratte alle truppe romane arrivate lì per sopprimere nel sangue la rivolta di Bar Kokhba (132-136 d.C.).
Durante uno scavo successivo, infatti, è stata trovata nello stesso sito anche una moneta di bronzo risalente a quel periodo, oltre ad altri manufatti ancora più antichi, provenienti dal periodo Calcolitico (4.500-3.500 a.C.).
«Lo scenario a cui stiamo pensando prevede armi raccolte sul campo di battaglia o rubate alle unità romane… Potrebbe anche darsi che i ribelli abbiano raccolto le armi e le abbiano nascoste per usarle nella rivolta», ha spiegato Eitan Klein, del Judean Desert Survey Project, un’unità per la prevenzione che ha come scopo quello di trovare e tutelare i manufatti antichi e le pergamene prima che vengano sottratti o distrutti da eventuali saccheggiatori.
«Il deserto della Giudea non smette di sorprenderci. Dopo sei anni di indagini e scavi scopriamo ancora nuovi tesori nelle grotte… Tremo al pensiero di quanta conoscenza storica sarebbe andata perduta se i saccheggiatori avessero raggiunto gli incredibili manufatti di questa grotta prima degli archeologi» ha raccontato Amir Ganor.
Le spade sono attualmente conservate a Gerusalemme in un deposito climatizzato presso il Campus Nazionale Jay e Jeanie Schottenstein, e sono state esposte per la prima volta mercoledì in occasione del lancio del libro New Studies in the Archaeology of the Judean Desert: Collected Papers, che descrive i reperti archeologici rinvenuti dall’IAA.