di David Zebuloni
Il mondo ebraico sembra non essersi ancora ripreso dalla scomparsa di Rav Steinsaltz. Una perdita che ha lasciato un vuoto incolmabile non solo nei suoi discepoli, ma in chiunque abbia incrociato lungo il proprio cammino la figura ricurva e lo sguardo ironico del grande Maestro di Talmud.
“Mi addolora moltissimo apprendere la scomparsa di Rav Steinsaltz”, ha dichiarato il Capo di Stato israeliano, Reuven Rivlin. “Era il Rashi della nostra epoca, un uomo dal coraggio spirituale e spessore intellettuale straordinario”. A compiangerlo anche il Capo del Governo, Benjamin Netanyahu. “Sono cresciuto a Gerusalemme accanto alla casa di Rav Steinsaltz, ma ho avuto l’onore di conoscerlo e studiare con lui solo negli ultimi anni”, ha raccontato il Premier israeliano. “Lo studio con il Rav non era mai convenzionale. Con lui si cominciava a leggere il Talmud e si finiva per parlare di filosofia, storia, cultura, linguistica e molto altro ancora. La sua opera monumentale non verrà mai dimenticata”.
A svelare un’amicizia profonda con il grande Maestro è stato lo scrittore israeliano di fama internazionale A. B. Yehoshua. “Abitavamo vicini e spesso ci incontravamo a casa sua per studiare insieme il Talmud”, ha raccontato. “Era un uomo estremamente complesso con un umorismo del tutto eccezionale”. Anche il Premio Nobel per l’economia Robert Aumann ha ricordato Rav Steinsaltz come “un gigante che ha reso lo studio del Talmud accessibile a tutti”. Aneddoti e storie di ogni genere riemergono dal subconscio di discepoli e allievi che hanno avuto il privilegio di conoscere personalmente lo studioso del millennio. Il giornalista Yoel Shpitz racconta per esempio di aver incontrato per la prima volta Rav Steinsaltz quando aveva quindici anni. “Cosa fai?”, gli chiese il Maestro quando trovò il giovane ragazzo sdraiato in stanza al posto di essere in classe a studiare. “Osservo il soffitto”, rispose Yoel con tono arrogante. Rav Steinsaltz sorrise e gli chiese: “Ah sì? E sai dirmi quante crepe ha?”.
Il saluto più toccante è senza dubbio quello dei suoi famigliari. “Quando cominciai a maturare l’idea di lasciare la scuola per andare a lavorare nei campi agricoli, mia mamma mi consigliò di parlarne con il nonno”, racconta il nipote Yishai. “Così mi rivolsi a lui. Volevo ricevere la sua benedizione. Quando gliene parlai lui ci pensò un po’ e poi disse una frase bellissima, che mai dimenticherò. Mi disse che talvolta riconoscere un bel cetriolo può essere difficile quanto risolvere un’equazione matematica. Era il suo modo contorto di dirmi che appoggiava la mia decisione”. A proposito di verdure, il figlio Meni ricorda commosso e divertito il monito del padre. Un monito che pare essere più un testamento spirituale. “Non siate mai come le patate”, aveva detto infatti Rav Steinsaltz ai suoi figli. “Non nascondetevi sotto terra, al buio, solo perché lì la vita è più facile di quanto lo sia quassù.”