“Rita Levi Montalcini” oggi 16 dicembre esce il film in dvd. Intervista a Elena Sofia Ricci, Alberto Negrin e Piera Levi Montalcini.

Personaggi e Storie

di Michael Soncin

Elena Sofia Ricci, attrice italiana tra le più amate e conosciute; Alberto Negrin, il regista che ha diretto il film e ha fatto la storia della televisione italiana; Piera Levi-Montalcini, ingegnere e nipote della grande neurobiologa, raccontano a Mosaico del film dedicato a Rita Levi Montalcini, che sarà disponibile in dvd dal 16 dicembre.

 

Andato in onda il 26 novembre, con le stupende musiche di Paolo Vivaldi, ha raccolto davanti allo schermo oltre 5 milioni di persone, raggiungendo uno share del 21,6%. Un grande successo che testimonia quant’è ancor viva la scintilla di Rita Levi Montalcini nel cuore degli italiani. Ambientato nel periodo in cui la scienziata vinse – nel 1986 – il premio Nobel, grazie all’individuazione dell’NGF, fattore di crescita delle cellule nervose, il film ruota principalmente attorno ad una singola vicenda della sua vita e cioè quando, con la sua scoperta sintetizzata in un collirio, tentò di curare una bambina affetta da una grave patologia oculare.

Alberto Negrin: “Tutto quanto raccontato è vero”

Alberto Negrin, che ha diretto il film, precisa che l’episodio di questa bambina, che stava perdendo la vista, è un fatto realmente accaduto. Sono stati solamente cambiati, per una ragione di privacy, i nomi dei personaggi,  cosa faceva realmente la bambina e il lavoro dei suoi genitori.

«È una storia vera, interamente documentata – racconta Negrin – attraverso ore di registrazioni video, eseguite ascoltando le varie testimonianze dei collaboratori della Montalcini, che leggendo poi la sceneggiatura hanno certificato che era tutto vero. Ma la bambina l’ho fatta ‘diventare’ una violinista e i genitori i portinai di un condominio».

Il regista – autore, tra le molte altre cose, del bellissimo film “Mi ricordo Anna Frank” del 2010 – non poteva aver idea migliore, visto che la vicenda della piccola violinista si sposa perfettamente con l’interesse per musica classica della scienziata.
«L’idea di questa vicenda – racconta ancora Negrin – nasce da un’informazione raccolta da Francesco Massaro, uno dei cinque sceneggiatori del film; leggendo di questo episodio, ha pensato che potesse essere la trama di un lungometraggio; la realizzazione di quest’opera è poi il risultato di una lunghissima operazione, iniziata nel 2014 e terminata proprio quest’anno, nel 2020».

Alla fine del film, per certificare la veridicità dei fatti narrati, confermati anche dai famigliari di Rita Levi Montalcini, scorre una didascalia che afferma che la storia è realmente accaduta.  Pur non essendo un docu-film, è molto importante per il regista e la produzione stabilire che l’opera dedicata alla scienziata è interamente basata sui fatti e le vicende della sua vita. «Piera Levi Montalcini, consulente tecnica nel film, dopo aver letto la sceneggiatura ha dato la liberatoria, sapendo che non si raccontava una storia di fantasia e si è battuta, in maniera poderosa, affinché la didascalia fosse fatta», conferma il regista.

Prima dei titoli di coda, una scritta precisa anche il fatto che le patologie citate non sono tutte curabili. Alberto Negrin puntualizza che queste sono argomentazioni che debbono esser gestite esclusivamente dai medici e che non vanno alimentate false speranze. Ma «il collirio di cui si parla nel film è stato effettivamente approvato dall’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali, ndr) e dalla FDA americana ed è oggi in vendita».

Nella pellicola spicca anche la figura del professor Giuseppe Levi, interpretato con passione da Franco Castellano. Il padre della scrittrice Natalia Levi Ginzburg insegnò infatti presso la facoltà di Medicina dell’Università di Torino ed ebbe la Montalcini come allieva.

«Come regista credo che lo scienziato Giuseppe Levi costituisca una delle colonne portanti del film. Stiamo parlando di un personaggio dal carattere forte, dotato di un’autonomia intellettuale assoluta. Aveva la capacità di tirar fuori, da chi considerava di valore, tutte le loro energie. Tre dei suoi studenti ebbero il Nobel». Si tratta, oltre alla Levi Montalcini, di Salvatore Luria e Renato Dulbecco.

Il regista racconta volentieri anche del suo passato, di quando frequentava la scuola ebraica di Milano.
«Ho frequentato la storica scuola di via Eupili dalle elementari fino al diploma liceale e ricordo con enorme orgoglio e ammirazione il professore Eugenio Levi, la professoressa Perugia, il professor Foà di matematica, la professoressa Diena di filosofia, il professor Morpurgo di storia e tanti altri tra amici e studenti. È stato il momento fondamentale della mia formazione. Forse anche grazie a questa esperienza credo di essere riuscito a raccontare con fedeltà e verità alcuni dei personaggi di questo film».

Elena Sofia Ricci: “L’ho fatto per i giovani”

«Interpretare Rita è stato un onore e l’ho fatto con un senso di responsabilità molto grande», racconta a Mosaico l’attrice Elena Sofia Ricci. Il film ha voluto far emergere il lato umano della neuro-scienziata che amava definirsi “un’artista della scienza”. «La scrittura di questa sceneggiatura è veramente straordinaria – continua la Ricci – è difficile raccontare la professoressa Montalcini in un film, e rappresentarla attraverso un solo episodio di tutta la sua vita; lei era ‘poetica’ nel modo di esser scienziata e in questo film è racchiusa appunto tutta la sua poetica». Nel film affiora, attraverso diversi flashback,  anche il passato di Rita Levi Montalcini, la sua prima giovinezza, gli anni dell’Università e i suoi studi clandestini negli anni delle persecuzioni razziali e della guerra. «Ruotando intorno a un episodio della vita della Montalcini e con l’escamotage dei racconti che lei fa a questa bambina, andiamo nel suo passato e capiamo in maniera abbastanza incisiva da dove ‘venisse’ la bambina Rita». Un passato che parte dalla scelta d’iscriversi a Medicina, fino alla difficoltà d’essere ebrea nell’Università di Torino e in seguito cacciata a causa delle Leggi razziali assieme al professor Levi. Ma, continua l’attrice, «lei non si dette per vinta e allestì nella sua casa un piccolo laboratorio, continuando a studiare, durante le persecuzioni antisemite e sotto i bombardamenti; grazie anche all’aiuto che ebbe dai parenti per falsificare i documenti d’identità, scampando così alla deportazione».

A rendere unico questo film non è solo la veridicità dei racconti ma anche quella dei luoghi. «Abbiamo potuto girare nell’abitazione della professoressa Montalcini, grazie alla nipote Piera che ci ha aperto le porte di casa. Sono rimasta sconvolta, – continua Elena Sofia Ricci –  il suo letto era semplicemente una rete con un materasso a una piazza, senza nemmeno la testata del letto. Mangiava poco, dormiva poco e studiava tanto. Nella sua stanza c’era una libreria, e tantissimi dischi di musica classica, che io stessa adoro. Ho ritrovato Rachmaninov, Beethoven, Debussy, Chopin. Tra le diverse frasi attaccate con lo scotch alla sua libreria, scritte a mano dalla professoressa  (alcune sono diventate poi i titoli dei suoi libri) una mi ha particolarmente colpita: è “Sapere aude”, di Immanuel Kant, alla quale si è ispirata per il libro Abbi il Coraggio di conoscere, che tutti dovrebbero leggere. Queste parole sono al centro della sua poetica e filosofia di scienziata. Emerge il senso dell’etica e della morale e del dovere verso gli altri; per questo penso che questo film sia impo­­rtan­­te e l’auspicio è che esso possa mandare un messaggio particolarmente ai giovani. L’ho fatto per i giovani, come lei ha sempre fatto tutto per i giovani. Dobbiamo ritrovare il senso di appartenenza a una comunità».

Piera Levi-Montalcini: “Un’ottima rappresentazione di zia Rita”

Piera Levi-Montalcini tra le attrici Carolina Sala (che impersona Rita da giovane) e Elena Sofia Ricci

 Che ruolo ha avuto nel film Piera Levi Montalcini, nipote della grande scienziata e ingegnere? «Ho dato delle indicazioni di carattere generale  – racconta a Mosaico – per far sì che venissero al massimo rispettate le peculiarità della personalità della zia. Credo che il film sia un’ottima rappresentazione di com’era zia Rita, una persona che quando voleva raggiungere una meta lo faceva a costo di dare l’anima. Quando mi hanno sottoposto il copione, ho apprezzato come venissero messe in rilievo la tenacia e la perseveranza della Zia e come, di fronte a risultati negativi, non solo non si demoralizzasse, ma si impegnasse giorno e notte per capire se ci fossero errori alla base dell’insuccesso. Spero che questo messaggio sia stato compreso fino in fondo e che possa esser un incentivo per i ragazzi e soprattutto per le ragazze, a non tirarsi indietro dinanzi alle difficoltà che non solo il lavoro, ma la vita quotidiana ci possono riservare. Spero anche che renda chiaro alle ragazze che non siamo da meno dei maschi quando affrontiamo ragionamenti logici e/o scientifici, convinzione aprioristica in cui si fanno intrappolare ancora troppe ragazze vittime di perduranti stereotipi».

Il “Cantico di Rita” sul grande schermo

Cantico di una vita è il libro edito da Raffaello Cortina Editore, scritto da Rita Levi Montalcini nel 2000, menzionato alla fine del film, sul quale si sono basati gli sceneggiatori.

Nel volume sono pubblicate una serie di lettere ai familiari, che coprono oltre due decenni, dal 1946 al 1970, in cui emergono aspetti del proprio lavoro di scienziata, offrendo al contempo una preziosa testimonianza di altissimo valore morale ed etico. Su RaiPlay al momento è possibile vedere anche il backstage, mentre il 16 dicembre il film uscirà in dvd.

Rita Levi Montalcini, Cantico di una vita, Raffaello Cortina Editore, pp. 270, euro 19,80

Rita Levi Montalcini, Abbi il coraggio di conoscere, Rizzoli, pp. 180, euro 11,00, e-book 5,99

“Rita Levi Montalcini”, il film in dvd, Eagle Pictures Spa, 103 minuti, euro 14,99