“Si tratta di materiale letterario e biografico unico al mondo”: gli scritti ebraici di Franz Kafka in mostra per la prima volta a New York

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
Il 2024 ha segnato il 100° anniversario della morte di Franz Kafka, il famoso autore le cui opere sono state celebrate in grandi mostre in tutto il mondo: da Israele all’Europa fino ad arrivare negli Stati Uniti d’America.

A partire da dicembre la Morgan Library and Museum di Midtown a New York ha inaugurato una nuova esposizione intitolata Franz Kafka, una mostra che presenta per la prima volta in America lo straordinario patrimonio letterario conservato fino ad ora nella Biblioteca Bodleiana di Oxford e che comprende manoscritti, corrispondenze, diari e fotografie dello scrittore ebreo.

“Quando Kafka morì di tubercolosi all’età di 40 anni nel 1924, pochi avrebbero potuto prevedere l’influenza che il suo lavoro avrebbe avuto su ogni ambito dell’arte del XX e del XXI secolo” riporta il volantino della mostra.

Secondo i portavoce della Morgan Library and Museum, l’esibizione contiene ‘materiale letterario e biografico unico’, tra cui il manoscritto originale tedesco de La metamorfosi, un modello dell’appartamento della famiglia di Kafka a Praga e persino alcuni suoi scritti originali in ebraico.

Nel suo lavoro Kafka ha descritto temi universali su scala individuale, profetizzando inconsciamente diversi drammi del 900, tra cui il nazismo e la Shoah che avrebbero causato la morte delle sue tre sorelle. Anni prima, infatti, l’autore si era dilungato sulla disumanizzazione dell’uomo operata dai totalitarismi nel romanzo Nella colonia penale.

La mostra Franz Kafka resterà aperta ai visitatori fino all’11 aprile 2025 dal martedì al sabato.

Il materiale ebraico della mostra

Tra i numerosi scritti in ebraico dei lavori di Kafka, due sono i principali protagonisti esposti nella nuova mostra della Morgan Library and Museum.

Il primo consiste nella bozza di una lettera scritta nel 1923 alla sua insegnante di ebraico Puah Ben Tovim.

“Kafka imparò un po’ di ebraico da ragazzo, abbastanza per superare il suo Bar Mitzvah, ma a metà dei suoi trent’anni si riavvicinò alla lingua e cominciò a studiarla seriamente con l’aiuto di libri e lezioni private” riporta la targhetta appesa affianco alla lettera. “Non sapendo come scrivere ‘Europa’ in ebraico moderno, lo scrisse foneticamente seguito da ‘non ridere’ tra parentesi”.

L’altro testo ebraico in mostra è un piccolo quaderno datato “1917 o più tardi”, pieno di parole tedesche e delle loro traduzioni ebraiche.

“Queste parole ci danno un’idea delle preoccupazioni di Kafka all’epoca. Molte riguardano questioni di salute” si legge nella targhetta. “In questa specifica pagina vediamo i termini ‘malattia’, ‘clistere’ e ‘peso’”.

Attingendo a fondi istituzionali e collezioni private, la Morgan Library and Museum ha esposto anche una selezione di elementi chiave dell’ebraismo di Kafka, tra cui il ritratto dello scrittore dipinto da Andy Warhol, parte della serie del 1980 intitolata Ten Portraits of Jews of the Twentieth Century.

La mostra comprende anche materiali che servono a dimostrare in maniera inconfutabile l’enorme influenza che il lavoro di Kafka ha avuto in Israele e nel mondo, compresi gli adattamenti nel teatro, nel cinema e nella danza.

 

Kafka e l’ebraismo

Nel corso degli anni molti autori e ricercatori si sono soffermati a dibattere sulle origini ebraiche dell’autore de La metamorfosi.

“Franz Kafka è nato dalla classe media ebraica parzialmente acculturata e germanizzata della Praga di fine Ottocento” ha affermato Maxim D. Shrayer, professore di studi russi, inglesi ed ebraici del Boston College durante un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Jewish News Syndicate.

Nel libro pluripremiato L’ultimo processo di Kafka: The Case of a Literary Legacy l’autore israelo-americano Benjamin Balint ha esplorato il legame ‘trasformativo’ di Kafka con la lingua ebraica, affermando che ‘nei suoi timidi orientamenti ebraici si percepisce il modo in cui lo scrittore considera l’ebraismo come ponte, casa o persino fonte di recupero di sé’.

Balint, che vive in Israele, si recherà di persona alla Morgan Library and Museum di Midtown il 5 febbraio per guidare una visita alla galleria.

Anche secondo molti altri studiosi, tra cui il ricercatore Mark H. Gelber, Kafka aveva preso molto sul serio le sue origini ebraiche e aveva persino sperato di trasferirsi in Israele. A conferma di ciò, nel 1949 l’ultima amante di Kafka, l’ebrea Dora Diamant (tra le cui braccia si dice l’autore sia morto un quarto di secolo prima) ha scritto che il sogno segreto del compagno era ‘fare l’aliyah’ (la parola ebraica per l’immigrazione in Israele).

Oggi la Biblioteca Nazionale d’Israele è una delle tre istituzioni al mondo che conserva oggetti dell’archivio personale e letterario di Kafka e fino a giugno ospiterà una mostra a lui dedicata nel nuovo edificio a Gerusalemme.

Intitolata Kafka: la metamorfosi di un autore, questa nuova esposizione offre un esame approfondito dell’atteggiamento dello scrittore di Praga nei confronti dell’ebraismo, dello yiddish e del sionismo.

Tra gli oggetti esposti c’è anche il famoso testamento di Kafka, in cui chiese a Max Brod di bruciare tutti i suoi scritti. Brod invece ha deciso di pubblicare le opere dell’amico e nel 2019 la Corte Suprema israeliana ha stabilito che l’archivio di Kafka, considerato un bene culturale, doveva essere depositato presso la Biblioteca Nazionale di Israele in modo da essere preservato per le generazioni future.