Tutto quello che di ebraico avreste voluto sapere su Albert Einstein…

Personaggi e Storie

di Davide Foa

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Albert Einstein e David Ben Gurion

Albert Einstein, il secondo presidente dello stato d’Israele. Non si tratta di un desiderio utopico di qualche sognatore. Fu il primo ministro David Ben-Gurion ad offrire l’alta carica ad Einstein, quando Chaim Weizmann morì nel 1952.

Il più famoso fisico del XX secolo, e non solo, rifiutò però la proposta: “sono commosso per quanto mi viene proposto dal nostro Stato d’Israele, allo stesso tempo sono triste e mi vergogno per non poter accettare. Ho trascorso tutta la mia vita ad occuparmi di problemi oggettivi, al punto che scarseggiano in me la naturale attitudine e l’esperienza per affrontare opportunamente le persone ed esercitare funzioni ufficiali(…)”.

Questo insieme ad altri particolari poco conosciuti della vita di Einstein, sono stati riproposti in un articolo della JTA (Jewish Telegraphic Agency), in occasione del centenario della famosa teoria della relatività, presentata da Einstein il 25 novembre 1915.

“Il mio rapporto con il popolo ebraico è diventato il mio più forte legame umano”, affermava il premio Nobel nella stessa lettera in cui rifiutava l’incarico, indirizzata a Ben-Gurion.

All’età di 12 anni, Albert attraversò un periodo di osservanza delle regole della kasherut, nonostante la sua famiglia fosse tutt’altro che osservante. Eppure, la sua passione per l’ebraismo svanì dopo poco, tanto che non fece neanche il bar-mitzvah.

Ironia della sorte, fu tale Mark Talmud, studente ebreo di medicina e amico di famiglia, a indirizzare Einstein verso gli studi scientifici, che al giovane apparvero subito in netta contrapposizione con gli insegnamenti religiosi. “Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nell’armonia di tutti gli esseri, e non in un Dio che si interessa della sorte e delle azioni degli uomini.” Questo il pensiero di Einstein, confidato ad un rabbino in una lettera del 1929.

Il rapporto Einstein-popolo ebraico, conobbe una nuova fase all’inizio degli anni ’20, con la crescita del movimento sionista parallelamente al dilagare dell’antisemitismo europeo. L’Organizzazione Sionistica Mondiale, presieduta da Weizmann, si rivolse al neo-premio Nobel chiedendogli di partecipare ad una raccolta fondi itinerante, in giro per gli USA, per favorire lo sviluppo dell’Organizzazione ma anche della Hebrew University. Einstein accettò ed ovunque fu accolto come una celebrità.

Un anno più tardi, nel 1922, Einstein, tornando da un viaggio in Asia, decise di visitare la Palestina per dodici giorni, all’epoca sotto mandato britannico: fu l’unica occasione in cui mise piede in quella terra, dove non tornò neanche in seguito alla creazione di Israele.

In occasione del settimo anniversario della nascita dello Stato Ebraico, nel 1955, diversi mezzi di informazione americani (ABC, NBC e CBS) chiesero ad Einstein di pronunciare un discorso in merito.

Nove giorni prima del discorso, il 17 aprile, un’improvvisa emorragia interna lo colpì, portandolo alla morte alle prime ore del giorno seguente.

Secondo alcune testimonianze, Einstein portò con sé in ospedale una bozza del discorso che avrebbe dovuto pronunciare; questa fu pubblicata nel 2013 dall’Archivio di Stato israeliano: “È un amaro paradosso pensare che uno Stato destinato ad essere un rifugio per un popolo condannato al martirio, è esso stesso minacciato da gravi pericoli per la sua sicurezza. La coscienza universale non può rimanere indifferente dinnanzi a un tale pericolo”.