“Amministratore delegato del giornale “L’Avvenire d’Italia”, padre di sette figli, si prodigò attivamente ed instancabilmente per un lungo periodo a favore degli ebrei, particolarmente per salvare quelli ricercati. Arrestato per tale sua attività fu deportato a Flossemburg, donde non fece più ritorno. Magnifico esempio di altruismo e di spirito di sacrificio”.
Fu con questa motivazione che l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, il 17 aprile 1955, conferì alla memoria di Odoardo Focherini la medaglia d’oro di benemerenza – ritirata dalla vedova Maria Marchesi nel corso di una cerimonia organizzata a Milano. Quasi quindici anni dopo quel primo riconoscimento, lo Yad Vashem di Gerusalemme incluse Focherini fra i “Giusti delle Nazioni”.
Ora, a quasi 70 anni dalla morte nel campo nazista di Flossemburg, la Chiesa cattolica ha riconosciuto con l’atto della beatificazione il “magnifico esempio di altruismo e di spirito di sacrificio” offerto da Focherini nel corso della sua breve vita. Focherini infatti, definito da papa Francesco “esemplare testimone del Vangelo”, che “non esitò ad anteporre il bene dei fratelli all’offerta della propria vita”, è stato beatificato con una cerimonia ufficiale svoltasi sabato 15 giugno in piazza dei Martiri, a Carpi, in provincia di Modena.
Focherini, nato proprio a Carpi nel 1907, profondamente religioso, fu sin da giovane impegnato nelle attività dell’Azione Cattolica. Ma ciò per cui oggi Focherini viene ricordato, celebrato e beatificato è soprattutto l’ opera di soccorso che egli prestò negli anni della guerra, a tutti i perseguitati – politici e razziali. Proprio per ciò, l’11 marzo del 1944 fu arrestato dai tedeschi, rinchiuso nel carcere di Bologna e poi trasferito nei campi prima di Fossoli e poi di Bolzano. Da lì poifu deportato a Flossemburg, e successivamente trasferito nel sottocampo di Hersbruck dove morì per setticemia nel dicembre del 1944.
La cerimonia di beatificazione di sabato scorso è stata l’occasione per molti di ricordare la figura e le azioni di Focherini; molti gli articoli su di lui che hanno trovato spazio sui giornali e i media, sia locali che nazionali e internazionali (molto citato è stato in questi giorni l’articolo di Lisa Billig, dell’American Jewish Committe, apparso il 16 giugno sul Jerusalem Post). E molte le citazioni del soccorso che egli prestò in particolare agli ebrei.
A questo proposito vale la pena ricordare le fonti da cui furono tratte le prime informazioni circa questo soccorso: le memorie di Giacomo Lampronti (“Mio fratello Odoardo”, ed. Movimento per la vita, 1948) – ebreo convertito, collaboratore dell’Avvenire d’Italia e amico intimo di Focherini; le memorie di don Dante Sala, che con Focherini si adoperò per la fuga in Svizzera di ebrei e perseguitati politici. Ma anche, la non sempre ricordata testimonianza che Laura Bassani rilasciò nel 1954 all’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane – e di cui si trova copia presso gli archivi della Fondazione CDEC. In quella breve memoria Laura Bassani scriveva di aver conosciuto Focherini nell’ottobre del 1943, “quando si cercava salvezza”. “Ricordo – scriveva ancora la Bassani – che egli mi disse: ‘ho sette figli e di fronte alla mia coscienza sarei a posto anche se pensassi solo a proteggere loro, ma non posso fare a meno di aiutarvi’. Seppi a liberazione avvenuta che Odoardo Focherini, mentre cercava di salvare Enrico Donati, era stato arrestato, inviato a Fossoli e di lì a Flossemburg ove morì”.
Secondo quanto scrisse la Bassani, la ragione dell’arresto fu la denuncia di Focherini come “‘salvatore degli ebrei’”. “Per questo” concludeva, “fu vittima dell’odio nazista”.
Questa testimonianza, così come la motivazione formulata dall’UCII nel 1955 per il conferimento della medaglia d’oro, fa parte dei documenti di cui Yad Vashem si è avvalso nel 1969 per l’attribuzione a Focherini del titolo di “Giusto fra le Nazioni”.
Più recentemente, nel libro “I Giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei” (Mondadori 2006), è stata pubblicata una scheda su Focherini nella quale si legge che egli “si adoperò in favore di soldati alleati fuggiti dai campi di internamento e di ebrei residenti nella zona di Carpi, Modena, e Bologna”; e che “trovava documenti falsi o falsificava documenti autentici contraffacendo i bolli del Comune di Carpi sostituendoli con il Comune di Capri al sud, forniva mezzi e consigli ai suoi protetti, mentre don Sala si occupava di farli passare in Svizzera”. Qui, pur essendo menzionata l’opera di Focherini a favore degli ebrei, non si fa menzione alcuna del salvataggio di Enrico Donati – citato da Laura Bassani – nè di quello dei 105 ebrei raccontato da Don Dante Sala e ripreso dalla storica americana Susan Zuccotti in “L’Olocausto in Italia” (Mondadori, 1988).
Giacomo Lampronti che beneficiò in prima persona dell’aiuto di Focherini, riuscendo a fuggire in Svizzera, lo ha ricordato così:
“Odoardo ci aveva ospitati a Carpi. Ci accorgemmo presto che neppure colà saremmo stati sicuri. E fu colà concretizzata la nostra fuga in Svizzera. Sino all’ultimo Odoardo ci prodigò le sue premure che erano quelle di un tenero amico e di un organizzatore insieme, abituato a pensare a tutto: sino alle provviste per il viaggio. Lo salutammo a Modena, nel suo ufficio alla Cattolica [assicurazione]. Non volle commozioni. Ci disse la sua fede in una rapida soluzione di tutto: “Ci rivedremo entro due mesi”, ci disse; aggiungendo: “Ed ora lasciatemi perché devo ricevere clienti”. Nel mio turbamento, avevo dimenticato il cappello. Rientrai per un attimo nel suo ufficio. Vidi così i “clienti”. Erano ebrei che egli si preoccupava di porre in salvo. Un ultimo saluto – l’ultimo davvero quaggiù – e raggiunsi mia moglie ed i figli e don Dante Sala, il nostro angelo custode. Partimmo” (“Mio fratello Odoardo”, Ed. Movimento per la vita, 1948).