di Ilaria Ester Ramazzotti
I centenari della Comunità: Laura Fresco Calvo-Platero. Da Tripoli a Milano, dalla Libia a Torino, nel tumulto della guerra. L’amore per il greco, il latino e la letteratura classica. I poemi antichi che ancora ricorda a memoria e la laurea ricevuta di recente. E poi l’energia, la forza, la determinazione. Una vera combattente amata da tutti e celebrata oggi dalla famiglia alla Residenza Anziani
Cento anni vissuti con intensità e ruggente veemenza. Anni ricchi di interessi, di passioni e di amore per la famiglia, come una moderna matriarca. Nata nel mondo amato e perduto della Tripoli ebraica e internazionale, cittadina milanese dal 1969, la signora Laura Fresco Calvo-Platero ha festeggiato il suo centesimo anniversario lo scorso 16 novembre, riunendo tutta la sua famiglia e recitando a memoria uno dei suoi prediletti versi latini di Ovidio.
Abbiamo parlato con lei, raggiungendola telefonicamente alla Residenza Arzaga, nell’ambito delle nostre interviste dedicate agli anziani della comunità e alle loro testimonianze di vita ebraica.
«Sono tripolina e mi sono sposata a Tripoli, quando avevo vent’anni, con Guido Calvo-Platero, un ebreo italiano di Genova – ricorda la signora -. Non abbiamo potuto avere una grande festa perché erano tempi di guerra, così abbiamo avuto una piccola festa di matrimonio», a cui è però seguita una vita, seppur complessa e per certe circostanze difficile, piena e felice. «Tripoli era bella e unica coi suoi colori mediterranei. Un po’ calda in estate (ma noi si andava in Italia, in montagna), però molto piacevole – sottolinea -. E la comunità ebraica era numerosa, almeno fino a quando parecchie persone hanno fatto aliyah in Israele soprattutto negli anni successivi al conflitto del 1948.
Noi siamo invece andati via dalla Libia quando c’è stata la Guerra dei sei giorni nel 1967. C’erano attacchi violenti contro gli ebrei, la situazione era invivibile e pericolosa, ci sono stati dei morti. Poi siamo tornati nel 1968, ma per poco, fino alla fine di quell’anno, quando siamo rientrati in Italia a Milano e poi a Torino, dove sono vissuta dieci anni. Pensavamo di ritornare ancora per sistemare gli affari di mio marito. Poi, quando Gheddafi ha preso il potere nel 1969, ci ha detto che non saremmo mai più tornati».
Laura, chiamata “Nini” in famiglia, ricorda l’incontro romantico e inatteso con il marito, Guido Calvo-Platero, di Genova e Livorno. Con le Leggi razziali era stato espulso dalla scuola per Ufficiali degli Alpini e dalla facoltà di Economia dell’Università di Genova, dove nel 1938 frequentava il quarto anno. Giovane e sperduto, era andato a Tripoli per raggiungere sua madre, Gina Calderoni, di Genova e Ancona, che era già lì, risposata con un italiano di nome Crovetti, arrivato con Italo Balbo, governatore della Libia dal 1933, che lo aveva voluto come Podestà di Tharuna. Là, nella bella e calda Tripoli, Guido aveva conosciuto la sua futura moglie, con cui avrebbe condiviso lunghi anni di matrimonio.
Un’unione da cui sarebbero nati due figli, Angi e Mario e in seguito sette nipoti e numerosi bisnipoti. Il loro, per quei tempi, nella comunità ebraica libica, era un matrimonio inusuale per una tripolina doc, che sposava un ebreo «straniero». «Ma altre ragazze ebree come me hanno fatto altrettanto, gli ufficiali esercitavano un certo fascino», aggiunge la signora Ninì, e racconta che suo padre, Alberto Fresco, era anche stato nel consiglio di quattro persone della comunità negli anni della guerra o immediatamente successivi quando era presidente Reuben (Bino) Hassan, suo zio da parte materna. «Uno dei momenti più emozionanti è stato quando, con l’occupazione inglese – prosegue -, mio padre era stato invitato a salutare Churchill: “stringete questa mano – ha poi detto a noi figli -, ha appena stretto quello di un grand’uomo”».
Se i festeggiamenti per quel matrimonio originale e pieno d’amore erano stati contenuti dalla guerra, una grande festa la signora Fresco Calvo-Platero l’ha invece avuta per il suo centesimo compleanno, caduto il 16 novembre 2021. «È stata una celebrazione commovente, organizzata il 14 novembre, una domenica, per consentire a figli e nipoti sparsi per il mondo di venire più facilmente per riunirsi. Purtroppo ho perso la vista, ma sentirli tutti lì, parlare con loro mi ha commosso e dopo le candeline li ho ringraziati tutti per essere venuti», racconta la signora. È stata lei a riunire a distanza di dieci anni l’intera famiglia, circa trenta persone. È stata lei a voler offrire il pranzo organizzato al Circolo Ufficiali di Milano; unico simbolo tripolino nel menù, i panini al tonno e felfel di Tuv Tam. «Non si discute, offro io», aveva detto con il piglio di sempre, proseguendo, anche a cento anni, la sua tradizione di riunire la famiglia allargata. Ha festeggiato con Angi e Sarah, Mario e Ariadne, con i nipoti Lea e David e Oliver Milo e Clio, i bisnipoti, i figli della sorella Gaby e del fratello Zozi che è morto giovanissimo a Milano, ad appena 46 anni. «Insieme – svela la signora -, mi hanno regalato un bosco in Israele». E spiega che la scelta del Circolo Ufficiali era anche in memoria di suo marito Guido, che l’aveva conquistata cantando le canzoni degli Alpini con la sua splendida divisa da ufficiale. «Ancora oggi, se capita canto Sul Cappello e il Capitano della Compagnia», spiega: «cantare mi distrae e mi regala molti ricordi».
Una giornata che le ha dato anche un’occasione speciale per recitare gli amati versi latini di Ovidio a tutta la famiglia riunita: «Quod mare non novit, quae nescit Ariona tellus»? «Carmine currentes ille tenebat aquas». «Con la metrica?», aveva prima chiesto. E poi: «Forse è meglio che li traduca in italiano, perché non sono sicura che tutti i giovani capiranno», aveva concluso riferendosi ai sette bisnipoti fra i due e i 19 anni. «Mi piace molto Ovidio – evidenzia -, ma amo anche i poeti moderni, quando sono bravi»! E rievoca un altro momento difficile, quando da ragazza, espulsa dalle scuole per le Leggi razziali del ’38, ha terminato privatamente gli studi del liceo classico. Per dare gli esami di maturità era dovuta andare a Tunisi (svolgendo l’esame con Marcello Ortona). Non ha mai potuto frequentare l’università, anche perché si è sposata giovanissima e già nel 1943 ha avuto Angi e dieci anni dopo Mario, nel 1954. Ma ha sempre amato, letto, recitato a memoria e tradotto testi latini e anche greci.
Una passione, una cultura e una memoria sorprendenti, considerando anche che la signora Fresco non vede più, come ci ha detto, da dieci anni. Ma si è adeguata come in passato a una nuova realtà, non facile. Come aveva sempre fatto da giovane, nonostante una vita difficile di persecuzione, di fughe e il complicato ritorno in Italia, dove, a Milano, era stata persino investita da un tram, ha sempre mantenuto la grinta e il sorriso. La sua tenacia davanti alle difficoltà, la sua forza, l’ottimismo con cui ha affrontato gli ostacoli della vita, incluso l’ultimo, la sua capacità di ridere di gusto, sono un esempio del non lasciarsi andare per tutti i suoi famigliari. Certamente la sua vita è cambiata da quando non vede più: aveva la sua totale indipendenza, i suoi hobby, la passione per i solitari, per le parole crociate più difficili, quelle senza schema sulla Settimana Enigmistica, giocava a bridge con un gruppetto di amiche, aveva l’abbonamento ai concerti, intratteneva famigliari e amici, fino ai novant’anni. È stato allora che ha deciso di trasferirsi alla Residenza per anziani: «Ho detto ai miei figli: “guardando in avanti le cose non possono che peggiorare e dunque starò meglio lì, come del resto aveva fatto mia madre, Gemma Fresco”». E così ha fatto. Per l’energia e la lucidità che la contraddistinguono, come per le sue posizioni molto chiare, in famiglia è chiamata “la leonessa’’. Una delle sue nipoti, l’illustratrice Valeria Petrone, figlia di sua sorella Gaby, le ha regalato per i suoi cento anni un biglietto che la ritrae al posto del leone ruggente del simbolo della Metro Goldwin Mayer.
Ma la sua grande famiglia non è la sola a riconoscere i suoi tratti e le sue passioni. Per celebrare le sue conoscenze e il suo slancio per i classici, mai sopito dai tempi del liceo, l’Università di Fondi della terza età le ha conferito uno speciale attestato, sempre in occasione del suo centesimo anniversario. Leggiamo sul documento, incorniciato dai figli e dai nipoti: «non solo per i meriti di una vita vissuta ‘pericolosamente’, con profonda dignità e integrità morale, ma in modo particolare per la sua passione tenace e l’amore verso le lingue greca e latina e verso i classici dell’antichità, di cui ancora oggi recita i versi a memoria. Le circostanze della vita e della Storia non le hanno consentito di ultimare il percorso di studi che l’avrebbe consacrata dottoressa in Lettere, ma la passione per gli studi classici, per quella lingua plastica e creativa come il greco o rigorosa e sintetica come il latino, hanno tenuto acceso un interesse così vivo da permeare tutta la sua esistenza così da venire in possesso di beni personali preziosi e intangibili, che nessuno potrà mai sottrarle. Lei è una testimone della Storia, di quella tragica da non dimenticare, ma è anche l’espressione di quanto grande respiro e dimensione possano dare all’animo umano gli studi classici, se fatti con amore, cura e entusiasmo. Non è il valore legale di un titolo di studio che determina la qualità del sapere: è l’animo che mettiamo nella rivisitazione di questi nostri antichi scrittori, capaci di vivere e far rivivere insegnamenti perenni».
Complimenti e ancora auguri, signora Laura Fresco Calvo Platero. Mazal Tov, ad mea veesrim!