di David Zebuloni
Con un piede nel futuro, Israele è senza dubbio tra i paesi più avanzati al mondo nel settore medico, in quello tecnologico e in quello della ricerca. Un connubio importante che ha permesso allo Stato Ebraico di affermarsi in breve tempo come Startup Nation e vero e proprio pioniere di innovazioni salvavita. Essendo il sistema sanitario israeliano relativamente giovane, scopriamo che esso è caratterizzato da ampie disponibilità che gli permettono di vincere quotidianamente le proprie scommesse, applicare e integrare l’utilizzo degli strumenti più all’avanguardia nel campo della medicina e della ricerca.
Ad esempio, il Laboratorio per lo Studio dei Meccanismi Molecolari dell’Invecchiamento presso la Facoltà di Scienze della Vita dell’Università Bar Ilan ha compiuto un passo significativo verso la soluzione che consentirà di prolungare la vita dei più giovani e migliorare quella dei più anziani. La ricerca rivoluzionaria in questione, che sta ricevendo echi in tutto il mondo, dimostra che la durata della vita dei topi può essere estesa del 30%, mantenendo la loro vitalità. Nello studio è stato riscontrato che l’aumento del livello del gene SIRAT6 prolunga l’aspettativa di vita e inibisce gli effetti della vecchiaia, dell’esaurimento e della disfunzione cerebrale. L’inserimento di questo gene nel DNA dei topi da laboratorio, dunque, ha prolungato la loro vita e aumentato la loro durata di attività.
Nel 2019 un format televisivo dal nome Ottantaquattro aveva conquistato il cuore degli israeliani: un “asilo per anziani” era stato proposto al grande pubblico sul piccolo schermo, in quello che era un vero e proprio esperimento condotto da un team di medici e psicologi, che avevano l’intenzione di dimostrare come l’incontro tra anziani e bambini potesse migliorare la qualità di vita degli anziani e sviluppare il senso empatico dei bambini. Dieci nonni erano stati sottoposti a una serie di esami fisici e mentali prima dell’incontro con i nuovi loro nuovi giovani amici. Il risultato degli esami non era stato affatto incoraggiante: a tutti gli anziani era stato diagnosticato uno stadio avanzato di depressione dovuta alla solitudine e al senso di inutilità. In parallelo al malessere mentale, i medici avevano diagnosticato numerosi malesseri fisici, in particolare il rischio di caduta, scoprendo che il 90% di loro erano ad alto rischio.
Ebbene, secondo gli esperti, in seguito alle sei settimane previste dal programma trascorse con i bimbi all’asilo, gli anziani si sarebbero sentiti meno soli, meno inutili, meno stanchi e di conseguenza più forti, più felici e più sani. I risultati sono stati a dir poco strabilianti. Dopo un primo incontro teso e poco riuscito tra le due generazioni, anziani e bambini hanno imparato a parlare lo stesso linguaggio, a giocare allo stesso modo, a camminare allo stesso ritmo. I bambini, che inizialmente non avevano dimostrato alcun senso di empatia nei confronti dei nuovi “compagni di classe”, nel tempo avevano imparato a riconoscere le loro debolezze e a colmarle. Gli anziani invece, erano migliorati secondo tutti i parametri esaminati: quelli fisici e quelli emotivi. Un esperimento che fa riflettere e sorridere. Nonostante i progressi strabilianti della scienza blu e bianca, infatti, le attenzioni e l’affetto riservati ai nostri nonni rimangono ancora oggi i più potenti ed efficaci medicinali.