di Michael Soncin
Uno studio internazionale guidato dall’Università Ebraica di Gerusalemme è stato in grado di spiegare il processo a livello molecolare che permette alle cellule tumorali pancreatiche, quando vanno incontro a metastasi, di diffondersi in altri organi o tessuti, dando origine a tumori secondari.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, ha individuato come responsabile dei processi metastatici dell’adenocarcinoma duttale pancreatico (ADP) una modifica nell’elaborazione delle molecole di RNA. Sarebbe il primo studio a spiegare le origini di questo tipo di meccanismo, una svolta che permette di fornire informazioni importanti per i soggetti che sperano in una terapia migliore.
Prendendo come campione gli Stati Uniti, su ISRAEL21c viene riportato che questo tipo di patologia rappresenta il 3% di tutti i tumori e il 7% delle morti per cancro. Per il 2023, l’American Cancer society stima che a circa 64.050 persone in America verrà diagnosticato un cancro al pancreas e che ne moriranno attorno ai 55.550.
Il professore Rotem Karni (a sinistra nella foto), della Facoltà di Medicina dell’Università Ebraica, ha spiegato che: “Il cancro al pancreas è il più aggressivo dei tumori. Meno del 10% dei pazienti sopravvive alcuni anni dopo la diagnosi”. Analizzando 395 campioni tessutali di ADP, sia metastatici, sia non mestatici, hanno scoperto che la proteina RBFOX2 deputata al controllo dell’elaborazione dell’RNA, va incontro a proteolisi, quindi si degrada, essendo di fatto presente a livelli inferiori nel tessuto metastatico.
Questo fenomeno porta i geni a sintetizzare RNA e proteine in modo differente: “Quanto abbiamo riscontrato è un risultato unico nel suo genere, che spiega il perché della capacità invasiva delle cellule tumorali”, ha detto Karni. È stato constatato che ripristinando la molecola proteica RBFOX2 nelle cellule metastatiche ADP, viene inibita la reazione di metastasi, mentre, eliminando RBFOX2, questa volta nelle cellule ADP non metastatiche, si stimola invece la formazione di metastasi.
Le opzioni per una possibile cura, la cui sperimentazione è già stata condotta in laboratorio utilizzando come modello animale i topi, è duplice: un farmaco che inibisce il processo in cui è coinvolta RBFOX2; una terapia capace di intervenire in specifici tipi di RNA che sono in relazione a RBFOX2.
“Speriamo che i risultati ottenuti portino presto ad un nuovo trattamento per il carcinoma pancreatico metastatico”, ha detto la dottoranda Amina Jbara (a destra nella foto), che ha condotto lo studio nel laboratorio di Karni, assieme ai ricercatori dello Sheba Medical Center e dell’Università Bar-Ilan, in collaborazione con la l’Università di Toronto e con il Cold Spring Harbor Laboratory degli Stati Uniti.
Foto: Università Ebraica di Gerusalemme