Vaccinazioni: una serata dell’Ame per avere le idee più chiare

Salute

di Ilaria Myr

assael
Il dottr Baruch Assael

In un’epoca in cui dei vaccini e dell’opportunità di farli si discute molto, in modo spesso molto acceso, ben vengano le iniziative che mirano a fare luce su questo tema. Per questo è stata accolta con interesse la serata organizzata dall’AME giovedì 16 febbraio nell’Aula Magna della Scuola ebraica.

“Il tema dei vaccini riguarda i bambini, ma anche gli adulti – ha esordito Rosanna Supino, presidente dell’Associazione Medica ebraica -. E dal momento che si tratta di un tema molto discusso, è giusto che l’Ame faccia informazione in merito”.

“Nella storia della medicina moderna le vaccinazioni hanno salvato migliaia di vite umane – ha dichiarato Fulvia Riccardi, infermiera della scuola ebraica -. Se si pensa che nella prima metà del ‘900 moriva il 25% dei bambini, i progressi sono stati enormi, grazie alla ricerca e allo sviluppo. Come infermiera della scuola ci terrei che ogni anno le mamme mi portassero i certificati di vaccinazione aggiornati dei figli, essendo ormai molte vaccinazioni non più obbligatorie ma consigliate”.

La parola è poi passata a Baruch Assael, medico pneumologo e relatore della serata, che ha ricordato come la scuola ebraica di Milano sia stata la prima in Lombardia e fra le prime in Italia a introdurre il vaccino antipolio, grazie a Marcello Cantoni.

«A tutti coloro che pensano che dietro i vaccini ci sia le big pharma, è bene ricordare che la storia dei vaccini non nasce dalla scienza, ma dalla medicina popolare – ha spiegato Assael -. Una prima forma di vaccino di vaiolo, chiamata vaiolizzazione, è nata nel 1700, quando si è scoperto che chi aveva avuto il vaiolo sopravviveva alle epidemie. Da qui l’uso di inocularlo per rendere la persona immune. In Europa era arrivata grazie alla moglie dell’ambasciatore inglese in Turchia, che aveva fatto esplorazioni nella medicina popolare e l’aveva poi introdotta nel continente».

Circa 70 anni dopo arriva la scoperta che una malattia delle vacche che aveva somiglianza con il vaiolo poteva contagiare l’uomo e chi la prendeva dalle mucche poi era immune dal vaiolo. La malattia venne chiamata vaiolo vaccino, e da qui il nome di vaccino per la pratica di sollecitare gli anticorpi nell’organismo.

Solo dopo un secolo si passa alla vaccinazione in ambulatorio. «Dobbiamo a Pasteur che ha isolato batteri che portavano le malattie il primo vaccino umano fatto in laboratorio. Pasteur ha trovato un sistema per cui facendo crescere in determinate condizioni di laboratorio batteri e virus essi perdono il potere patogeno, cioè non danno più la malattia. E questo è quello che fa oggi la scienza: crea delle sostanze che partono da un virus o da un batterio trattato per non essere patogeno, mantenendone l’immunogenicità».

Fra i diversi vaccini oggi a disposizione, vi sono diversità nel trattamento del virus, a seconda che l’attenuamento sia più o meno profondo. Ci sono stati nel passato casi in cui la parte dannosa non era stata del tutto eliminata, e quindi la malattia è venuta fuori. È il caso, ad esempio, del primo vaccino per la polio, elaborato dall’ebreo americano Jonas Salk, creato da un virus denaturato. «La sperimentazione fu fatta negli Usa su larga scala, ma creò un disastro: una partita del virus non era stato inattivato e ha causato così centinaia di casi di polio». Il secondo tipo di vaccino per questa malattia, inventato da Albert Sabin – ebreo polacco di Byalistok – è invece molto più popolare, e si basa su un virus vivo attenuato.

«Di fatto la polio è stata debellata in quasi tutto il mondo, anche se capita che ricompaia, dato che è una malattia scatenata da un virus che c’è nell’acqua – spiega Assael -. Successe cinque anni fa in Israele, quando arrivò dall’acqua contaminata dalla Siria, dove da quando c’è la guerra non vengono più fatte le vaccinazioni. Per questo l’Oms impone di monitorare le fogne per cercare la presenza del virus naturale, che se tutta la popolazione è vaccinata non si propaga, ma che se anche solo il 20% non lo è rischia di diffondersi. Quindi un paese per essere ‘poliofree’ deve monitorare le acque, e dimostrare che il virus naturale non si trova».

Interessante, quindi, è anche capire come quando lo Stato non esiste più – per una guerra, per un crollo di regime – anche la salute del paese ne risente fortemente, con un crollo delle vaccinazioni e la diffusione di epidemie. «Negli anni ’80 fu a causa del crollo dei vaccini nella ex Unione Sovietica che si scoprì che il vaccino della difterite funzionava – spiega Assael-. Così come oggi rimangono dei focolai di polio in alcuni Paesi dell’Africa devastati da lunghe guerre».

Quello che invece è stato totalmente debellato dagli anni ‘80 è il vaiolo, il cui virus è custodito segretamente in luoghi protetti e che se venisse reintrodotto nell’ambito di una guerra batteriologica provocherebbe la morte di un terzo dell’umanità.

Molte le domande del pubblico su diversi temi, primo fra tutti la meningite, di cui si parla molto sui giornali a causa di recenti casi di decesso.
Il vaccino per il meningococco B è sicuro?
«Sono tutti sicuri i vaccini che vengono messi in commercio – afferma Assael , anche perché passano circa 10-15 anni dalla sperimentazione del vaccino alla sua effettiva messa in circolazione. E poi la gente non sa che esiste una sorveglianza, che inizia quando è finita la fase di studio. Sono sistemi di monitoraggio potentissimi che possono rilevare un evento grave ogni milione o 10 mln di dosi. Non a caso il medico inglese che ha detto che il vaccino di morbillo provocava l’autismo si è scoperto che era un truffatore, che aveva interessi in un commercio concorrente».

Ma perché alcuni vaccini sono obbligatori e altri sono consigliati?
«Questo non è legato alla pericolosità della malattia, ma purtroppo è la conseguenza di una situazione politica che si era creata negli anni ’90 in Italia – continua Assael -. L’ultimo vaccino reso obbligatorio in Italia è quello dell’epatite B, e da lì è nata la polemica sull’obbligatorietà, anche a causa del coinvolgimento di alcuni politici in affari legati alle case farmaceutiche. Si decise che era l’ultimo, e da allora sono tutti consigliati. Quello che si è cercato di fare, però, è unire in un’unica iniezione diversi vaccini (come nel caso dell’esavalente)».

Perché per i vaccini ci sono diversi richiami? E ogni quanto si devono rifare?

«I vaccini in realtà sono poco immunogeni perché volendo detossificarli il più possibile si cerca di ottenere proteine purissime. Quando rifarli? L’ideale sarebbe ogni 10 anni».