di Roberto Zadik
Gli appuntamenti musicali della prestigiosa rassegna “Aperitivo in concerto” (8 novembre 2015 – 20 marzo 2016), organizzata dal Teatro Manzoni e dal direttore artistico Gianni Morelembaum Gualberto, saranno aperti dalla musica israeliana e klezmer: prima gli Yemen Blues (8 novembre) e poi i messicani Klezmerson (15 novembre), entrambi dalle 11 di mattina al Teatro Manzoni. Ma non saranno i soliti ritmi o melodie tipicamente israeliane o mitteleuropee, bensì un’esplosivo mix di fusion, dal blues, alla musica mediorientale, fino al funk, al jazz e alle danze caraibiche e latino-americane. Dimostrando la varietà e il cosmopolitismo artistico e musicale di Israele e della cultura ebraica, la rassegna, allestita dal Manzoni in collaborazione con Mediaset e Pubblitalia ’80, comincerà con gli Yemen Blues e la loro musica trascinante e innovativa, che sarà la colonna sonora della loro prima esibizione in Italia.
Guidati da Ravid Kahalani, vocalist israeliano, eclettico e raffinato, cantante e compositore 37enne, il gruppo si esibirà in vibranti assoli e virtuosismi vocali incantando il pubblico con la sua energia coinvolgente. Ex cantante del famoso Idan Raichel Project, con cui ha avuto un feeling immediato, Kahalani ha respirato la musica e le atmosfere yemenite della sua famiglia fin da piccolo, vivendo in un ambiente molto osservante (suo padre era un cantore sinagogale). Poi dall’adolescenza ha scoperto il blues, il jazz e il funky. Yemenita come la cantante Noa e la compianta e indimenticata Ofra Haza, Kahalani canta in varie lingue, ebraico, arabo, inglese con spiccate doti vocali; inoltre, suona la batteria e le percussioni, attratto dalle vibrazioni africane e orientali.
In vista del concerto del prossimo 8 novembre, ecco alcune domande alle quali Il cantante ha risposto con tempestività fornendo alcuni particolari interessanti sulla sua carriera e sulla sua musica.
Cos’è per te la musica etnica e quali sono le connessioni col blues e la scena musicale israeliana? Come hai riunito tante influenze musicali così diverse fra loro?
Non so cosa significhi “musica etnica” o “world music”, penso che voglia dire qualcosa di diverso a seconda della gente che cerca di definire questo tipo di musica. Non cerco mai di catalogare la mia musica con una definizione e penso che qualsiasi genere musicale indipendentemente dal luogo di provenienza o da quanto sia popolare fra il pubblico, faccia lo stesso effetto sulle persone. La musica è un qualcosa di puro ed è qui per ricordare alle persone i loro stati d’animo non importa cosa i musicisti o i produttori intendano realizzare. In questo modo gli Yemen blues, la mia band ha raggiunto il proprio sound. Eravamo tutti qui per creare qualcosa assieme e ogni cosa che ci suonasse buona e spontanea per una canzone andava bene senza pensare ad altro. A cosa fosse giusto o sbagliato.Il segreto è stata la bellezza delle varie influenze diverse fra musicisti e la valorizzazione di esse come strumento di lavoro mentre componevamo le canzoni è stato il fattore che ha creato un suono tanto ricco e completo.
Com’è nata la band “Yemen blues”? Hai qualche storia o ricordo da raccontarci riguardo al tuo gruppo e riguardo al tuo lavoro con Idan Raichel che recentemente ha cantato a Milano?
Ho incontrato Omer Avital in un progetto meraviglioso con Israel Borochov e Omer mentre eseguivano antiche canzoni ebraiche chiamate “Debka Fantasia” e ho provato subito una forte emozione e ho apprezzato immediatamente il suo lavoro di musicista e di arrangiatore di brani. Così abbiamo cominciato a provare assieme le mie canzoni per gli Yemen Blues e abbiamo contattato due altri artisti come Rony Itamar Doari e Itamar Borochov che erano i principali creatori del sound e sotto la supervisione musicale di Omer ci siamo applicati per il miglior risultato finale. Attualmente Omer è stato sostituito dal bravo Shanir Blumenkrantz e abbiamo sviluppato assieme le idee del nostro nuovo album chiamato “Insaniya” i cui pezzi verranno suonati per la prima volta in Italia, a Milano. Siamo molto eccitati da questo e ricordo di essere già stato nel vostro Paese assieme a Idan Raichel e ho incontrato una bellissima ragazza di nome Sharon. Questo è il mio unico ricordo italiano.
Cosa ti ispira per scrivere canzoni e quali sono le tue band o artisti israeliani preferiti che ti hanno ispirato in questi anni?
Molte grandi persone mi ispirano, sto solo provando a scrivere buon materiale nei miei testi e a ricordare alla gente chi sono perché sembra che in questa epoca ci stiamo perdendo nella stupidità noi e qualche leader che guida il mondo. Ma per merito delle persone di valore noi riusciamo a ricordarci di noi stessi e a dedicarci a quello che conta. Questa è l’unica cosa che può cambiare l’attuale situazione e la musica è uno dei mezzi più potenti e puri che possiamo usare per questo intento.
Puoi descrivere cos’è per te la fratellanza e qualcosa riguardo alla tua identità israeliana e ebreo yemenita?
Amo molto la mia cultura ebraica yemenita e penso che sia speciale e molto ricca specialmente nel modo di cantare e nell’interpretazione dei brani musicali. Per me la fratellanza sono gli esseri umani. Mi sentouna parte di tante culture araba, ebraica e israeliana ma dopo un periodo di tempo abbastanza lungo penso di sentirmi vicino anche ad altre etnie e cerco di collegarmi ad esse e di vedere la bellezza che risiede al loro interno.
Fra gli appuntamenti di musica ebraica del Manzoni ci sarà poi la band dei Klezmerson che salirà sul palco domenica 15 novembre come secondo appuntamento della kermesse. Scoperta dal vulcanico musicista ebreo newyorchese John Zorn, questa band presenta diverse particolarità e una ritmica raffinata e travolgente, passando dai tipici violini e fiati del klezmer a strumenti messicani come il dobro e le chitarre Huapago.
Da questo mix, che include anche contaminazioni jazz, funk e rock per la formazione capitanata da Benjamin Schwartz, violista, pianista e compositore, è derivato un notevole successo di pubblico e critica. Certo, merito sia del geniale Zorn, sia dei musicisti, affiatati fin dal loro esordio nel 2003. Ma cosa suoneranno questi scatenati klezmer in salsa chili? Rinomati per opere come Klezmerol e un lavoro imponente come Book of Angels, che col nuovo album Amon è giunto al ventiquattresimo capitolo, realizzano pezzi raffinati e polistrumentali, a volte un po’ barocchi ma sicuramente entusiasmanti. Nel loro repertorio non mancano le incursioni nella musica esotica con strumenti nordafricani come l’oud, tematiche bibliche e riferimenti alla tradizione ebraica e alla Torà, come nell’opera Gomory tratta dal Book of Angels.
La creazione del gruppo (sei membri ufficiali, ma la formazione spesso si allarga) si deve al violista, pianista e compositore Benjamin Shwartz. Semplice ed assurdo al contempo il fine propostosi: offrire una retrospettiva musicale sulle proprie radici ebraiche che tenga conto, attivamente, dell’ambiente socioculturale in cui è quotidianamente immerso, quello delle immense ciudades messicane e delle frizzanti periferias che le circondano. Le potenzialità di Klezmerson sono incredibilmente vaste e, certo, il fatto non stupisce, se si osserva la sola strumentazione in dote ai musicisti: tromba, trombone, flauto, violoncello, oud, sassofono, clarinetto, viola, piano, organo, chitarre di varie dimensioni, pezzi tipici (come la leona, un cordofono simile alla chitarra, o la jarana huasteca, la classica cinque corde messicana di piccole dimensioni), percussioni di ogni forma e dimensione.
Teatro Manzoni, biglietto 12 euro per ogni concerto, ridotto 8 euro, info e prenotazioni www.aperitivoinconcerto.com e www.ticketone.it