di Nathan Greppi
Molti tra coloro che, durante la Seconda Guerra Mondiale, salvarono degli ebrei dalle deportazioni, rivelarono molto tardi ciò che fecero, spesso mettendo letteralmente in un cassetto il ricordo delle loro gesta. Questo è stato il caso dell’inglese Nicholas Winton (1909 – 2015), che tra il 1938 e il 1939 riuscì a far fuggire 669 bambini ebrei da Praga fino in Inghilterra, dove trovarono delle famiglie affidatarie. La sua storia è stata recentemente raccontata nel film di produzione britannica One Life, diretto da James Hawes e uscito in Italia giovedì 21 dicembre.
Nel film si incrociano due periodi storici diversi: nel 1987, un ormai anziano Winton (Anthony Hopkins) decise di donare un album di fotografie delle sue attività negli anni ’30. La narrazione poi passa al ’38; il giovane Winton (Johnny Flynn) viveva nel quartiere londinese di Hampstead, in una facoltosa famiglia di origini ebraico-tedesche, e aveva un buon lavoro nel settore bancario. Un giorno decise di andare a fare volontariato in Cecoslovacchia: qui, nel 1938 Hitler aveva già invaso in un primo momento la regione dei Sudeti, causando un esodo interno di profughi, soprattutto ebrei e oppositori politici. In seguito, avrebbe annesso tutto il paese.
Toccato dalle precarie condizioni in cui soprattutto i bambini erano costretti a vivere, Winton elaborò un piano per farne fuggire il più possibile in treno verso la Gran Bretagna, come parte del progetto divenuto noto come l’operazione Kindertransport. Il suo lavoro si fermerà dopo il 1 settembre 1939, quando i nazisti invasero la Polonia dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale, impedendo ad altri treni di partire da Praga.
La storia di Winton, da un certo punto di vista, è assai simile a quella di un’altra figura coraggiosa, il Giusto tra le Nazioni italiano Giorgio Perlasca: entrambi dopo la guerra hanno aspettato decenni prima di rendere pubblica la loro storia. Infatti, le scene più toccanti nel film sono forse quelle in cui Winton, ospite di un programma della BBC, scopre di avere intorno i bambini che aveva salvato, divenuti ormai adulti e giunti per ringraziare l’uomo a cui dovevano la vita.
Sia Hopkins che Flynn rendono giustizia al personaggio, esprimendo in maniera convincente i suoi stati d’animo: il turbamento nel vedere la povertà dei profughi, la determinazione nel rendersi utile, il rimorso per quelli che non è riuscito a salvare. Da segnalare, poi, la presenza nel cast di celebrità come l’attrice ebrea Helena Bonham Carter, che interpreta la madre di Winton.
Un ruolo importante, inoltre, è giocato dalla colonna sonora, che scandisce e fa arrivare dritte al cuore dello spettatore le emozioni intense che doveva aver provato Winton. Un uomo semplice, ma dotato di grande coraggio.