di Ghila Valabrega
Forse non saranno gli Oscar, ma anche il Jewish Film Festival di Atlanta vanta un programma eccezionale: giunto alla 15esima edizione è il più grande festival cinematografico ebraico al mondo, secondo solo a quello di San Francisco, che a breve spegnerà la sua 35esima candelina. E io ho avuto la fortuna di parteciparvi, come regista.
Atlanta è considerata una delle città più internazionali degli Stati del Sud, un vero e proprio mix di culture e religioni: città natale di Martin Luther King e del movimento dei diritti civili degli anni Sessanta, Atlanta vanta una Comunità ebraica tra le più grandi d’America, con oltre 125 mila persone. A fine gennaio, per tutte le vie della città, si veniva raggiunti dallo spirito ebraico, in tutte le sue immagini e forme. Il Festival è nato 15 anni fa per volere dell’American Jewish Committee, con l’obiettivo di promuovere i punti di contatto tra culture differenti, sfruttando quel potente mezzo che è il cinema. «Il programma dell’Atalanta Jewish Film Festival (AJFF) è molto vario, quasi quanto lo è il suo pubblico. Inizialmente i film proiettati parlavano esclusivamente di Israele e di Shoah, mentre oggi abbiamo incorporato una ricca varietà di generi», racconta Kenny Blank, il Direttore Esecutivo dell’AJFF. «Infatti – continua Blank – un quarto gli spettatori non sono ebrei, e questo è proprio grazie ai film, che con le loro mille sfaccettature e argomenti disparati, attraggono le più diverse comunità, dagli afroamericani alla comunità LGBT, passando dai latino americani. Quest’anno abbiamo presentato oltre 65 film, di cui 50 lungometraggi e 15 corti provenienti da oltre 26 Paesi diversi, dalla Francia alla Germania, dall’Italia a, addirittura, l’Etiopia», dice ancora Blank.
Dopo due anni di lavoro, vedere il mio film, Felice Nel Box (vedi Bollettino Dicembre 2014), presentato qui all’AJFF in anteprima mondiale è stato incredibile.
Proiettato in ben due sale differenti, di cui una munita di schermo IMAX (quello gigante), ho finalmente realizzato di aver fatto un vero e proprio film.
Prima delle proiezioni avevo parlato come Guest Speakers ad un pubblico attento, curioso e giocoso, formato da più di 500 persone: ho raccontato loro di Sabbioneta, della bellissima sinagoga danneggiata dal terremoto e, ovviamente, della mia fantasticamente inusuale famiglia. Sentendoli ridere durante la proiezione, io invece piangevo di gioia: avevo raggiunto il mio obiettivo!
Ora è già il tempo di preparare il secondo film, con in mente il consiglio di Kenny Blank: «Continua con la commedia e il misticismo, ragazza, non vediamo l’ora del prossimo».