Festival di Cannes: Grand Prix e standing ovation per lo scioccante “The Zone of Interest”

Spettacolo
di Roberto Zadik
 
The zone of interest, che  racconta la quotidianità di una famiglia nazista fuori dalle mura del lager di Auschwitz,  ha avuto un grande successo al Festival di Cannes vincendo il Grand Prix. Diretto dal regista ebreo inglese Jonathan Glazer, mostra l’agghiacciante “normalità” del gerarca nazista Rudolf Hoss che vive con la sua famiglia in prossimità del campo di sterminio. 
 
Davvero è inimmaginabile pensare ad una famiglia capace di vivere “normalmente” la propria quotidianità a ridosso di un luogo così atroce come il campo di sterminio di Auschwitz. Questo complesso tema è al centro dello spiazzante film The Zone of InterestLa zona interessante, che, diretto dal bravo regista ebreo inglese Jonathan Glazer, sta suscitando emozioni e discussioni al Festival di Cannes di quest’anno.
Certo la famiglia in questione, come ha sottolineato l’articolo del Times of Israel, uscito il 20 maggio e firmato da Emilie Bickerton, è quella del terribile ufficiale nazista Rudolf Hoss, comandante per lungo tempo nel lager di Auschwitz, diverso ma non meno inquietante del suo quasi omonimo Hess. Egli infatti, spietatamente, visse, con moglie e figli, proprio in quel campo di concentramento mentre il fumo saliva, dai crematori,  accompagnato da spari e urla che si sentivano chiaramente “dal bellissimo giardino della loro casa”.
Basato sull’ultimo romanzo dello scrittore satirico inglese Martin Amis, scomparso a 73 anni quasi in contemporanea alla proiezione del film al Festival, il lungometraggio si preannuncia come una pellicola estremamente emozionante che si interroga su questioni delicate ed importanti. Intervistato dall’Agenzia di Stampa francese AFP, Glazer, nato a Londra cinquantotto anni fa da famiglia ebraica, ha affermato “Mi chiedo come facessero a dormire la notte e se, quando chiudevano le tapparelle, mettessero i tappi nelle orecchie”.
Tornato al Festival di Cannes dopo dieci anni, dai tempi di Under the skin, sotto la pelle con Scarlett Johansson, il regista ci avrebbe pensato lungamente prima di avventurarsi in questa tematica “così profonda e altamente sensibile, per vari motivi,  cosicché non volevo avventurarmici a caso” rivelando come il libro del grande scrittore Martin Amis fosse stato determinante per compiere la scelta di cominciare a girare il film. “Ho passato due anni a leggere libri su questo tema prima di iniziare a pianificare il lavoro con i miei collaboratori”, ha detto, “cercando di rappresentare Hoss e la sua famiglia non come mostri ma come individui terrificanti ma normali”.
“Gli elementi che accomunano chi è stato capace di vivere vicino ai lager – continua Glazer – sono spesso ricorrenti: una bella casa, un giardino curato e figli sani. Sarebbe terribile sapere che siamo come loro”.
Molto interessante anche l’articolo del sito Hollywood Reporter che, firmato da Mia Galuppo, ha enfatizzato il successo della prima proiezione al Festival e la calorosa accoglienza del pubblico, venerdì 19 maggio. Nel pezzo vengono svelati una serie di dettagli interessanti. Durante la conferenza stampa, Glazer ha  ricordato “durante la lavorazione del film, in questi due anni, ho visitato Auschwitz e la casa di Hoss lavorando con un gruppo di ricercatori, elaborando testimonianze di sopravvissuti e consultando un voluminoso archivio di foto e materiali”.
Sottolineando gli applausi e la standing ovation del pubblico, alla fine della proiezione, il sito ha messo in luce l’originalità di questo film e del regista che “come unico difetto ha quello di non essere per niente prolifico”. In tema di rivelazioni l’attrice protagonista, Sandra Huller, ha evidenziato il proprio disagio nell’impersonare la parte di Hedwig, moglie dell’ufficiale nazista Hoss, incarnato dall’attore Christian Friedel, e il timore di non trovare un modo per recitare bene questo ruolo. Più che un film sul nazismo, secondo Glazer, intervistato dal sito in questione,”questa è una pellicola sulla capacità umana di compiere violenza, da qualunque parte essa provenga”. Il regista ha ricordato una conversazione, con suo padre, riguardo alla possibilità di girare un film su Auschwitz e che egli avesse cercato di dissuaderlo dicendogli “lascia questa storia nel passato”. Nonostante questo Glazer ha realizzato questo film sottolineando come sia importante “famigliarizzare con Auschwitz, continuare a parlarne perché non è un pezzo da museo ma deve essere presentato come un posto allarmante e da conoscere urgentemente”. Il prestigioso Washington Post, in un articolo di Jake Cole, ha puntualizzato la capacità del regista di inquadrare la tragedia di Auschwitz “nella prospettiva del ventunesimo secolo e da un punto di vita assai originale”.