di Pietro Baragiola
A quasi tre anni dalla sua inaugurazione l’Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles ha finalmente dedicato un’intera mostra alla storia dello studio system hollywoodiano attraverso la prospettiva degli immigrati ebrei che lo hanno fondato.
Intitolata “Hollywoodland: Jewish Founders and the making of a Movie Capital”, la mostra ha ufficialmente aperto i battenti il 19 maggio 2024 e, nei suoi primi 10 giorni, ha riscosso già un notevole successo dal pubblico, offrendo l’occasione di esplorare la storia delle principali mayors e dei loro fondatori: leggende del cinema come i fratelli Harry e Jack Warner, Samuel Goldwyn, Louis B. Mayer, Carl Laemmle, tutti ebrei emigrati dall’Europa orientale che, dando origine allo studio system, hanno contribuito a consolidare l’area di Los Angeles come capitale mondiale dell’intrattenimento.
Nonostante i continui tentativi attuati da questi pionieri per assimilarsi alla cultura americana – che si trattasse di rendere più americanizzati i propri nomi (Schmuel Gelbfisz in Samuel Goldwyn) o di agire come Louis B. Mayer (Lazar Meir) che scelse il 4 luglio come sua data di nascita fingendo di aver perso il suo vero certificato – furono costantemente presi di mira dalla politica anti-immigratoria e antisemita di Henry Ford e dal Comitato della Camera per le attività antiamericane.
“Per loro la priorità era l’assimilazione e l’innalzamento del proprio status” ha raccontato Dara Jaffe, curatrice associata della mostra. “Ad esempio, Adolph Zukor, fondatore della Paramount, mirava ad elevare il livello artistico dei suoi film per ottenere una rispettabilità sociale altrimenti fuori portata per un immigrato ebreo.”
Il celebre critico cinematografico Neal Gabler, autore del libro “An Empire of their Own: How the Jews Invented Hollywood”, ha svolto il ruolo di consulente dell’esposizione.
“Sono stati questi pionieri ebrei a creare l’entertainment business come lo conosciamo ora” ha detto Gabler. “Sono stati attratti da questa nuova industria perché erano limitati da molte altre e decisero di portare il loro sogno americano sullo schermo.”
La struttura della mostra
Ospitata nella Laika Gallery, al terzo piano dell’Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles, la mostra “Hollywoodland” si presenta come un’esperienza immersiva divisa in tre aree distinte tra loro: “Studio Origins”, “Los Angeles: From Film Frontier to Industry Town, 1902-1929” e “From the Shtetl to the Studio: The Jewish Story of Hollywood”.
L’area intitolata “Studio Origins” consiste in una lunga serie di pannelli che illustrano la fondazione degli otto principali studi cinematografici di Hollywood. I pannelli mostrano documenti d’archivio, immagini dei primi manifesti cinematografici e dei dietro le quinte, esplorando anche il background ebraico di ciascun fondatore.
“Los Angeles: From Film Frontier to Industry Town, 1902-1929” presenta una mappa topografica digitale di Los Angeles ripercorrendo l’evoluzione della città insieme all’industria cinematografica, attraverso punti di riferimento chiave come gli studi della Warner Bros. e influenti siti ebraici come il Wilshire Boulevard Temple. Le date 1902 e 1929 coprono un arco di tempo che parte dalla fondazione della prima sala cinematografica di L.A fino all’anno dei primi Academy Awards.
“From the Shtetle to the Studio: The Jewish Story of Hollywood” consiste invece in un breve documentario di 30 minuti che ripercorre l’ascesa al successo di questi pionieri ebrei da semplici immigrati della classe operaia fino a fondatori dello studio system. Il documentario è narrato dal celebre conduttore televisivo di Turner Classic Movies, Ben Mankiewicz, nipote del leggendario co-sceneggiatore di Quarto Potere, Herman J. Mankiewicz, e mostra come l’esperienza dell’antisemitismo abbia sempre affiancato le origini degli studios e le carriere dei loro fondatori.
“Sebbene i capi e i dirigenti degli studios si fossero costruiti una poltrona di potere in cima all’industria cinematografica, si trattava di una posizione precaria. Questo impero poteva essere infatti portato via in qualsiasi momento da forze antisemite che mettevano costantemente in dubbio l’ammissione degli ebrei di Hollywood in America” spiega Mankiewicz nel documentario. “Se la loro identità ebraica fosse diventata visibile nei film delle loro case di produzione, ne avrebbero subito le conseguenze”.
Una mostra rimandata
Quando l’Academy Museum of Motion Pictures venne inaugurato nel 2021, mise subito in evidenza il contributo portato all’industria dell’intrattenimento da parte delle donne, degli artisti di colore e delle persone provenienti da contesti emarginati, ma non fece alcun cenno alle storie dei fondatori ebrei di Hollywood. Questo gesto suscitò presto le proteste dei leader ebraici, di alcuni sostenitori del museo e di diverse testate giornalistiche che lo reputarono “un vero affronto”, come riportato dalla rivista The Forward.
Inizialmente i responsabili del museo si sono giustificati spiegando di aver sempre avuto l’intenzione di aprire una mostra temporanea sui fondatori ebrei dello studio system, ma, per sedare l’opinione pubblica, hanno deciso invece di rendere “Hollywoodland” la prima galleria permanente dell’Academy Museum of Motion Pictures.
“Abbiamo imparato dal nostro errore” ha affermato Jacqueline Stewart, direttrice del museo, durante un’intervista alla Jewish Telegraphic Agency. Stewart ha spiegato che, in modo da raccontare la storia di Hollywood nella maniera più accurata possibile, un team di ricercatori si è occupato di consultare rabbini e studiosi ebrei per confermare tutto ciò che avrebbe dovuto essere incluso nella mostra.
“Hollywoodland” è stata ufficialmente aperta durante il Jewish American Heritage Month di quest’anno, un periodo in cui, a causa della guerra tra Israele e Hamas, il mondo ha visto una crescita esorbitante dei fenomeni di antisemitismo.
“Riteniamo che questo sia il momento ideale per raccontare la storia dei fondatori di Hollywood” ha affermato Jaffe, quando un giornalista della Jewish Telegraphic Agency le chiese se avesse paura di ripercussioni o boicottaggi antisemiti.
“Purtroppo l’antisemitismo è sempre stato diffuso e continua ad esserlo, quindi questa storia rimane sempre attuale” ha spiegato Jaffe. “Vogliamo che la gente esca dalla nostra mostra con una comprensione più ricca del rapporto tra gli ebrei e l’industria del cinema, senza che diventi un motivo per ulteriore odio ma che, anzi, valorizzi il coraggio di questi immigrati che hanno affrontato il crescente antisemitismo americano e ne sono usciti a testa alta, dando vita ad Hollywood”.